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Home Turismo Viaggi in Albania

Tirana

Tirana colorita

Tirana colorita per il Centenario dell'Albania

05 Novembre 2009
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Tirana è una città antica e speciale con le sue case dai muri dipinti e la sua aria sfuggente da luogo di confine.
Eppure c’è un grande fermento nell’aria: grazie alle iniziative del suo sindaco, Edi Rama, la città si sta rifacendo il look.
Questa profonda voglia di cambiamento e di novità, questo sentore di polvere e di cantieri a cielo aperto si percepisce fin dal nostro arrivo.


L’aeroporto  Nene Teresa (Madre Teresa) ci accoglie in tutto il suo nuovo e scintillante splendore, il terminal di più recente costruzione, inaugurato nel marzo 2007, sembra appena uscito dalle mani degli imbianchini e degli operai come un gigantesco pacco regalo.

La periferia, brulla e punteggiata di capannoni, ci accompagna nel cuore di questa città millenaria, come dimostrano i numerosi ritrovamenti archeologici nel territorio circostante.
La fondazione effettiva tuttavia si fa risalire al 1614, quando Sulejiman Pasha, le conferì l’aspetto urbanistico attuale, costruendovi una moschea, una panetteria e un bazar.

Nonostante il notevole impulso economico, la città si rimase tranquilla fino al 1920, quando la città venne scelta come capitale dal governo provvisorio, formatosi con il Congresso di Lushnje nel caos politico successivo alla prima guerra mondiale.
Purtroppo chi si attende di ritrovare le tracce del suo passato più antico rimarrà deluso: il centro storico è stato duramente cementificato durante gli anni del regime e la maggior parte degli edifici religiosi sono stati distrutti o riconvertiti con la Rivoluzione Culturale del 1968.
Rimane comunque molto piacevole passeggiare per i suoi grandi viali alberati, le case bianche e le rive del Lana, anche se lo spettacolo del fiume non è tra i migliori a causa dell’alto livello d’inquinamento.

La visita non può che cominciare da Piazza Skandenberg, un grandioso spazio aperto rettangolare, dedicato al famoso eroe nazionale della rivolta contro gli ottomani, da cui si diramano a raggio tutte le arterie principali.
Qui non solo sono raccolti i più importanti monumenti della città, ma si riesce ad assaporare ancora ciò che resta dell’Albania del passato, con la gente affaccendata e i bambini che scorazzano  lungo i marciapiedi.

Sulla sinistra svetta la Moschea Ethem Bey, simbolo dell’islamismo albanese e costruita tra il 1789 e il 1823, per volere del poeta bektashi Ethem Bey.
È un edificio slanciato, con la stanza della preghiera sormontata da una cupola, il portico dai quattordici archi slanciati, protetti da colonne, e un suggestivo minareto.
L’interno poi lascia senza parole: la luce filtra da cinque colonne per ogni lato ed illumina i meravigliosi arabeschi e gli intarsi dorati.
Questo spettacolo architettonico era talmente amato da essere considerato monumento nazionale e riuscì così a sfuggire  alla devastazione dei luoghi di culto  attuata con la rivoluzione culturale del 1968.
Le visite sono ammesse, basta non disturbare negli orari di funzione e togliere le scarpe prima di entrare.
Dietro la moschea svetta, con i suoi 35 metri di altezza, la Torre dell’Orologio aggiunta  alla costruzione originaria nel 1830.
Sempre sulla piazza accanto all’hotel International (grazioso e scomodo cimelio dei fasti del regime) si trova il Museo Storico dell’Albania, un edificio severo, perfetto esempio del razionalismo costruttivo comunista, inaugurato nel 1981.
Il museo, suddiviso in base alla datazione storica, raccoglie oltre tremila reperti archeologici, che vanno dal Neolitico al IV secolo a.

C.
Il piano superiore ospita una cupa galleria dedicata al comunismo con tanto di modello in scala della cella di una prigione, poco oltre reperti della seconda guerra mondiale.
Conviene prendere una guida, le legende informative sono quasi tutte in albanese.
Il palazzo è riconoscibilissimo sia per la mole che per il mosaico sulla facciata principale: un grandioso affresco che raffigura i valorosi albanesi dagli illiri ai giorni del regime.
Un tempo davanti al museo era collocata una statua dorata di Enver Hohxa, poi abbattuta nel 1991.
Sempre sulla piazza si trova ad est il Palazzo della Cultura, con il suo caffè alla moda, il ristorante, un teatro ed un galleria d’arte e la Biblioteca Nazionale (in quest’ultimo caso vi si accede dall’entrata meridionale dell’edificio).
Scendendo verso sud, lungo le rive del fiume s’incontra l’ultimo cimelio del glorioso passato nazionalista, l’ex museo del dittatore, dalle pareti bianche oblique, chiuso da oltre dieci anni ed usato saltuariamente come spazio espositivo.

L’ultimo progetto di riqualificazione noto prevedeva che fosse trasformato in una discoteca, tuttavia i lavori, nella mia ultima visita, non erano ancora cominciati.
Se si percorre bulevardi Deshmoret e Kombit si arriva alla Galleria d’arte Nazionale: le famose icone di Berat del pittore Onufri sono custodite qui, in una disposizione caotica, che le accosta ai grandi quadri del socialismo reale, dai titoli alquanto magniloquenti, uno tra tutti “I giganti della metallurgia”.
Gli edifici religiosi, scampati all’ateismo di stato, sono stati riaperti solo negli anni ’90: tra questi meriterebbero una visita la Chiesa Cattolica di Santa Maria (Kisha Katolike), eretta nel 1865 come regalo di Francesco Giuseppe, imperatore asburgico, e la Chiesa Ortodossa (Kisha Ortodoxe), edificata nel 1964 e poi adibita a sport club cittadino.
Dell’antico bazar di epoca ottomana non rimane altro se non qualche fotografia d’epoca sbiadita: ritenuto architettonicamente poco interessante è stato demolito nel 1959.
Rimangono ancora le tracce dell’unico edificio bizantino della città, la Fortezza di Giustiniano, eretta nel VI secolo, di cui però sono sopravvissute solo poche mura, e qualche pietra.
Se siete appassionati di storia moderna entrate a Blloku, a nord seguendo Ismail rruga, il quartiere dei dirigenti del partito comunista, il cui accesso era interdetto, durante il regime, a tutto il resto della popolazione.
Con il crollo del 1991 le sue vie si riempirono di persone venute a vedere come vivevano i loro leader “proletari”: a giudicare dalla bella villa color pastello a tre piani che ospitava il dittatore, si può dire che la loro vita fosse simile a quella della ricca borghesia occidentale.
Oggi è un luogo alla moda, con locali e discoteche.
Tirana è dunque la meta ideale per un turismo più colto, alla ricerca della storia, e anche per chi invece desidera solo rilassarsi e divertirsi.

Argomenti: Aeroporto di TiranaTirana

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