Il presente studio “Un viaggio lungo una vita: l’Albania di Edith Durham, pioniera dell’etnografia di terreno ai primi del XX secolo”, di cui pubblichiamo oggi la prima puntata, fa parte del progetto di ricerca « L’image de l’Albanie à partir des récits de voyage des XIXe et XXe siècles, notamment à travers les œuvres d’Edith Durham ( High Albania, 1909), Alexandre Degrand (Souvenirs de la Haute Albanie, 1901), Ugo Ojetti (L’Albania, 1902) » in corso di svolgimento presso l’Università di Nizza Sophia Antipolis (Francia).
Il testo, pubblicato in esclusiva per AlbaniaNews, traduce e integra la relazione “Un voyage qui dure toute une vie: l’Albanie d’Edith Durham, pionnière de l’ethnologie de terrain au début du XXe siècle” presentata il 3 dicembre 2011 a Bruxelles nel convegno “Voyages d’antan en terres albanaises”.
Le citazioni dalle opere di Edith Durham riportate nel testo sono tradotte per la prima volta in lingua italiana. Le puntate successive saranno pubblicate sabato 11, 18, 25 febbraio e 3 marzo.
1. Dal Childe Harold ad High Albania: 1809 – 1909
Nella letteratura di lingua inglese, la storia dell’immagine dell’Albania è segnata da due date fondamentali fra le quali è compreso tutto un secolo, dal 1809 al 1909, vale a dire dal viaggio di Lord Byron alla pubblicazione di High Albania1) di Edith Durham, la viaggiatrice – etnografa a cui è dedicato questo studio.
Fu infatti negli ultimi mesi del 1809 che il poeta inglese George Gordon Byron visitò il sud dell’Albania. Aveva 21 anni e, come molti giovani intellettuali europei del suo tempo, aveva intrapreso il Grand Tour, il viaggio di formazione culturale nei Paesi del Mediterraneo. Partito dall’Inghilterra a luglio, aveva viaggiato fra Portogallo, Spagna e Malta.
Alla fine di settembre era sbarcato a Prevesa, la piccola città albanese che nel 1912 fu conquistata dalla Grecia nel corso della prima guerra balcanica. Come racconta sir John Cam Hobhouse, il politico e memorialista che fu suo compagno di viaggio, fu il caso a condurli sulle rive di quei luoghi a cui Byron avrebbe dedicato alcune delle più famose stanze del Childe Harold, il poema che segnò l’ingresso dell’autore e dell’Albania nella grande letteratura europea. In apertura del I capitolo dei Travels in Albania and other provinces of Turkey in 1809 & 1810, Hobhouse scrive:
Travels in Albania and other provinces of Turkey in 1809 & 1810
“Lord Byron e io, dopo un soggiorno di tre settimane a Malta, e dopo aver a lungo esitato se dovessimo dirigerci verso Smirne o qualche porto della Turchia europea, alla fine fummo portati a scegliere la seconda possibilità, per uno di quei casi che spesso, a dispetto dei piani già tracciati, decidono il comportamento dei viaggiatori. Una goletta da guerra, la Spider, aveva avuto ordine di scortare una cinquantina di piccole navi mercantili fino a Patrasso, il porto principale sul versante occidentale della Morea, e a Prevesa, una cittadina sulla costa dell’Albania. […] Il 19 settembre 1809 salpammo da Malta” 2).
Nove giorni dopo, in una serata di pioggia torrenziale, Byron e Hobhouse sbarcarono a Prevesa. Da lì si recarono a Janina, capitale dell’omonimo pascialato (una delle province assoggettate alla dominazione turca) presso il potente Alì di Tepelena, e visitarono tutta la regione, che Byron celebrò in versi e prose traboccanti di entusiasmo. I primi due canti del Childe Harold Pilgrimage, pubblicati nel 1812, ebbero successo immediato: appena messi in circolazione, andarono esauriti nel giro di pochi giorni.
“Mi svegliai una mattina e mi ritrovai famoso”, annotò il poeta nelle sue memorie. L’opera di Byron aprì la strada a innumerevoli altri scrittori – viaggiatori europei, che arrivavano in Albania sulle orme del poeta inglese, cercando nel piccolo Paese balcanico un “altrove” per così dire domestico, nel cuore dell’Europa, fisicamente accessibile in tempi relativamente brevi, e al tempo stesso sufficientemente esotico per ambientarvi fantasticherie letterarie.
Cent’anni dopo il Childe Harold, fu ancora un libro inglese a richiamare l’attenzione dei lettori europei sul Paese delle Aquile. Questa volta si trattava di un intero volume, frutto di anni di studi, di viaggi e di ricerca sul campo di una delle più appassionate viaggiatrici inglesi del XX secolo. Pubblicato nel 1909, resta tuttora uno dei testi fondamentali in materia di Albania, del suo spirito e del suo patrimonio culturale: stiamo parlando di High Albania di Edith Durham.
Le due rappresentazioni, vale a dire l’immagine dell’Albania offerta da Byron e quella che emerge dall’opera di Durham, non potrebbero essere più diverse fra loro. Al di là delle ovvie differenze legate alla personalità stessa dei due autori, alla loro formazione e agli specifici interessi, la “distanza” più evidente affiora già in termini territoriali.
Laddove il giovane poeta si ispirava ad atmosfere e ambienti albanesi del sud, ai confini con la Grecia, la trentasettenne Edith Durham (nata nel 1863, fu nel 1900 che, a seguito di un viaggio in Montenegro, cominciò a interessarsi all’Albania) si dedicò alle montagne del nord, la regione che ancora ai nostri giorni resta per certi aspetti impenetrabile, la più fortemente conservatrice di tradizioni plurisecolari, che ne facevano il sostrato ideale per una ricerca etnologica.
Un’altra differenza sostanziale è legata alle due diverse fasi storico – letterarie: mentre il poema byroniano fu composto in piena epoca romantica, con tutto quel che ne deriva in termini di fascinazione per l’esotismo orientalizzante e per l’antichità classica, le cui testimonianze storiche e archeologiche abbondano in particolare nell’Albania meridionale, l’opera di Durham si colloca agli esordi del XX secolo, in una fase caratterizzata da una nuova prospettiva, grazie alla quale si osservavano luoghi e popolazioni nel quadro del loro contesto socio-culturale: era il metodo tipico dell’approccio etnografico, che costituisce quello che, a nostro avviso, rappresenta, come vedremo, uno dei tratti più caratterizzanti e del tutto innovatori dell’opera di Edith Durham.
E si può ragionevolmente presumere che la stessa autrice, che pure di tanto in tanto nel corso dei suoi libri (scritti sia prima che dopo High Albania) cita volentieri il Childe Harold, rivendicasse con legittima consapevolezza la novità della sua opera rispetto a quella dei numerosi epigoni di Byron, allorché, già nelle prime righe di High Albania, afferma di aver appositamente scelto di visitare le regioni del nord “perché le condizioni che vi prevalgono sono molto diverse da quelle dell’Albania del sud, ed è appunto ai territori più primitivi dell’Alta Albania che questo libro è dedicato” 3).
Note:
- Edith DURHAM, High Albania, London, Edward Arnold, 1909
- Baron John Cam HOBHOUSE, Travels in Albania and other provinces of Turkey in 1809 & 1810, London, John Murray, Albemarle Street, 1858,Vol. I, p. 2 (trad. personale)
- Edith DURHAM, High Albania, London, Edward Arnold, 1909, p. 9 (trad. personale)
- Illustrazioni tratte da: Edith DURHAM, “High Albania and Its Customs in 1908”, in Journal of the Royal Anthropological Institute, vol. XL, July-December, 1910, London, Harrison and Sons, 1910
- FOTO: “Un albanese”, da: John Cam HOBHOUSE, Baron Broughton, A journey through Albania and other provinces of Turkey in Europe and Asia, to Constantinople, during the years 1809 and 1810, London, James Cawthorn, 1813
- Figura 1: Nella prima riga, da 1 a 7: Tatuaggi tribali della Malsia e Madhe, Alta Albania. Nelle tre righe seguenti, tatuaggi tribali di popolazioni della Bosnia
- Figura 2: Pietre sepolcrali in un cimitero cattolico di Dushmani, Alta Albania, raffiguranti variazioni di croce, mezzaluna e sole – tutte recenti
L’Albania di Edith Durham
Un viaggio lungo una vita: l’Albania di Edith Durham, pioniera dell’etnografia di terreno ai primi del XX secolo.
Di Olimpia Gargano