[ Omaggio per l’imminente Centenario (28 novembre) dell’Indipendenza Nazionale Shqipëtare ]Di quale antico popolo della penisola balcanica è erede l’albanese? La risposta a questa domanda non solo determina l’origine e la patria primitiva degli albanesi, ma risolve anche il complesso problema glottologico della lingua da loro parlata.Gli antichi popoli che abitavano i Balcani erano: i Greci, i Traci, gli Illiri, i Macedoni e, tra la penisola balcanica e il bacino danubiano, i Dalmati (che parlavano il dalmatico). I Macedoni e i Dalmati (1) non esistono più né come lingua né come popolo e il nome ha ormai il mero valore di un’espressione geografica. La discendenza degli albanesi dagli illiri non è più contestata dagli studiosi. Tutt’al più vi è fra loro chi precisa che le stirpi illiriche, dalle quali discende l’attuale popolo albanese, fossero molto o poco tracizzate, cioè fuse con nuclei di popolazione trace, poichè nella lingua albanese ricorrono elementi linguistici traci. Risolto così il grande problema glottologico dell’appartenenza della lingua albanese al ceppo linguistico indoeuropeo, si può accettare la definizione che di quella lingua diede il famoso albanologo austriaco Norbert Jokl (1877-1942): «L’albanese è la fase odierna di una parlata illirica tracizzata». Un altro insigne albanologo, l’italiano Carlo Tagliavini (1903-1982), afferma che all’inizio del II millennio a.
C. giunse nella penisola balcanica un’ondata di paleo-indoeuropei e con essa alcune stirpi illiriche come risulta dal nome di Hylloi (in albanese hyll = stella). Il nome di un noto re illiro detto BARDHYLLI (2) significa in albanese bardh = bianco e hylli = stella, dunque: ASTROBIANCO. Il nome Bardhylli, inoltre, esiste nella comune fraseologia albanese per indicare un remotissimo personaggio che ha lasciato nel patrimonio espressivo popolare molte sagge sentenze, ossia proverbi. Le sopra menzionate stirpi forse si identificavano con i Dori. Comunque queste genti illire, duemila anni prima dell’era volgare, si insediarono sulle sponde dell’Adriatico. Il materiale toponomastico e onomastico illirico raccolto e studiato da H. Krahe insieme alle ricerche dell’italiano Francesco Ribezzo (1875-1952), il miglior specialista di quel ramo dell’illirico trapiantato nell’Italia meridionale che è il messapico, testimonia e prova l’evidenza delle precise concordanze fra l’illirico e l’attuale albanese. Moltissimi altri studiosi di valore hanno suffragato con efficaci contributi scientifici la tesi della derivazione dell’albanese dall’illirico o dal trace, e quindi dell’origine del popolo albanese da una commistione di queste due antiche razze che abitavano nella penisola balcanica. Il primo storico che si pronunciò decisamente per l’origine illirica degli albanesi fu Johann Thunmann (1746-1778) di Lipsia nelle sue ” Untersuchungen über die Geschichte der östlichen europäischen Völker”. E poi, con maggior rigore di metodo scientifico, J. G. von Hahn (1811-1869), padre dell’albanologia, Gustav Meyer (1850-1900) e Paul Kretschmer (1866-1956). Sempre secondo il Tagliavini, sostennero invece la tesi della derivazione dal trace il grande e geniale indoeuropeista Hermann Hirt (1865-1936), il Barié, Gustav Weigand (1860-1930). Norbert Jokl, dal canto suo, giungeva per gradi alla conclusione che l’albanese è imparentato tanto con il trace che con l’illirico. Egli, basandosi su argomente puramente linguistici, credeva di identificare il luogo di formazione dell’albanese nella Dardania (nome antico di una regione balcanica), che deriva dall’albanese dardhe = pera, elemento lessicale attribuibile al trace secondo i linguisti tedeschi Max Vasmer (1886-1962) e Meyer, e il rumeno Alexandru Rosetti (1895-1990). Forse, in ultima analisi, ha più ragione lo storico Hugo Stadtmüller quando afferma che lo spazio vitale dei Protoalbanesi si deve ricercare in un paese vicino alla Dalmazia ma anche vicino al confine greco. ANNOTAZIONI /(1) – L’ultima persona a parlare la lingua dalmatica morì nel 1898. Si chiamava Antonio Udina “Bùrbur”, un cittadino dell’isola di Veglia.(2) – Considerato, dagli storici più avveduti, l’esponente di maggior spicco della Dinastia Reale degli Enchelei.