Per esprimersi, il tifo necessita di bandiere intorno alle quali stringersi. Il nostro “atlante” della tifoseria calcistica tra Italia ed Albania, nel corso degli anni.
“Forse non sarà una canzone
a cambiare le regole del gioco
ma voglio viverla cosi quest’ avventura
senza frontiere e con il cuore in gola”
Infatti subito dopo, per gli albanesi, “le regole del gioco” ferree, iniziarono a cambiare veramente.
E le frontiere, per loro divennero sempre più accessibili, anche se molto sofferte.
Due paesi, geograficamente vicini quelli nostri, Italia ed Albania, ma lontani per la reciproca conoscenza, in tutti gli ambiti: quello storico, politico, culturale, sociale, etnografico, su rispettivi usi e costumi ecc, questo attribuito come ben sappiamo alla chiusura ermetica albanese durante gli anni della più feroce delle dittature mai esistite in Europa, a partire dal 1945 fino all’inizio degli anni ’90.
Di conseguenza, erano gli albanesi, coloro a puntare sempre gli occhi oltre la linea del confine, ad incuriosirsi della vita che conducevano i paesi confinanti e vicini.
Questo, a partire dalla loro curiosità di apprendere le lingue straniere, a seguire di nascosto le emittenti televisive e radiofoniche straniere impedite dalla rigorosa censura, rischiando anche la propria libertà, spesso subendo lunghe detenzioni.
Naturalmente, non si verificava il fenomeno opposto: da parte dei vicini c’era disinteresse per l’Albania, non c’erano stimoli per loro di conoscere gli albanesi, tanto ferrea era la chiusura dell’Albania, stretta nella morsa della dittatura che subiva e dell’autarchia totale.
Per un calcio senza confini
Anche per quanto riguarda un determinato ambito, come quello sportivo e, nello specifico, nella passione popolare collegata ad uno sport in particolare, come il calcio, gli albanesi facevano il tifo, fino all’inizio degli anni ’90, cioè al cambio dei sistemi politici, in silenzio, di nascosto, per le squadre del cuore straniere.
E queste squadre straniere di calcio, a cui i tifosi albanesi erano maggiormente affiatati erano l’Italia e la Germania.
All’inizio anni ’90, molti bambini albanesi nati in quel periodo, riportarono come propri nomi, i nomi dei giocatori italiani e tedeschi, cosa fino ad allora, rigorosamente proibita dal sistema dittatoriale, il quale imponeva l’assegnazione solo di nomi prettamente albanesi ai bambini appena nati, dando sfogo alla passione calcistica e in particolare, all’affiatamento alle squadre straniere del cuore, dei genitori albanesi, dei neo papà soprattutto.
Il calcio e la tifoseria italo-albanese tra le nostre due sponde dell’Adriatico.
Quanto alle partite di calcio Italia – Albania, io vi dirò: per i motivi che ben conosciamo, per l’affetto che lega i nostri popoli, per gli allenatori recenti italiani della Nazionale Albanese, tra cui l’-ex CT De Biasi e l’attuale Panucci, per qualche giocatore arbëresh presente nella Nazionale Italiana, per giocatori albanesi della Nazionale Albanese che giocano e vivono in Italia da tempo ecc…
Non so se è una sensazione che avverto solo io, ma non le ho mai viste come partite caratterizzate dalla classica competizione tra squadre nazionali, bensì come derby od amichevoli – a parte il contesto o la classificazione che si contendono o per cui giocano – quindi, un fairplay ed uno spettacolo sempre gradevole per tutti noi italo – albanesi soprattutto ma, anche agli occhi di tutti gli stranieri che ci seguono in queste manifestazioni sportive.
Nell’estate del 1990 in Albania il comunismo aveva i mesi contati.
Adela Kolea ricorda il mondiale del 1990, quello delle “Notti magiche”.
“Per quanto riguarda l’Italia, il maggior numero dei tifosi stranieri della sua squadra nazionale, si trova per caso in Albania?”
Era questa la domanda che mi sorgeva spontanea agli inizi degli anni ’90, nonostante non fossi una vera e propria intenditrice di calcio e nemmeno, tanto sportiva per natura.
Ma, vedendo mio padre, mentre si preparava ad iniziare il Campionato Mondiale di Calcio 1990, che si agitava e non faceva altro che parlarci di calcio e della sua squadra del cuore, quella preferita di sempre, l’Italia – avendo potuto o meno seguirne le partite in precedenza, vivendo in Albania la sua gioventù in piena dittatura e censura, e come se non bastasse, ironia della sorte, anche da figlio di un’italiana d’Albania – non potevo evitare nemmeno io di sentirmi così tanto coinvolta!
Agli albanesi era sempre stato proibito di seguire le tivù straniere, anche se devo dire che qualcuno faceva in modo, clandestinamente, di captare le onde dei paesi vicini. Qui, la creatività degli albanesi veniva fuori.
Ma poi, competenze nell’ambito del calcio, o meno, vogliamo parlare della rosa dei giocatori dell’Italia ’90, come: Zenga, Tacconi, Baresi, Schillaci, R. Baggio, Donadoni, Mancini, Vialli …?
Ecco, nel condominio ci si preparava mentalmente e moralmente da parte di tutti per organizzarsi nel migliore dei modi, a seguire il Mondiale!
“C’era davvero bisogno di tutti questi preparativi, solo per vedere delle partite di calcio?” – si chiederebbe qualcuno.
Beh, per chiunque non vivesse in Albania in quel determinato periodo, questa domanda risulterebbe forse lecita, ma solo chi allora in Albania vi abitasse, conosceva il significato vero e proprio di tutto ciò.
Innanzitutto, appassionati di sport o meno, gli albanesi venivano da una vita sotto dittatura, e uno dei suoi “frutti” era anche la censura, la mancanza di libertà nei mezzi di comunicazione, di stampa e televisione. Per cui, le televisioni straniere non era consentito guardarle.
Dal 1990, pian piano si iniziò a trasmettere dalla Tv italiana certi programmi, i quali passavano nei filtri ristretti di controllo e solo nel caso in cui superavano “l’esame di selezione” che, per gli albanesi non comportassero delle conseguenze od influenze negative, a loro “pericolose”, potevano essere trasmesse.
In poche parole, il Mondiale di Calcio ’90, se non ricordo male, se non tutte le partite, alcune riuscimmo almeno a seguirle!
Un altro desiderio che accompagnava il fattore Campionato Mondiale di Calcio, nel ’90, era anche quello collegato di poterle seguire queste partite al meglio, possibilmente attraverso un televisore a colori!
Ebbene sì! Il televisore a colori era al suo primissimo ingresso in Albania per la popolazione, perché qui non stiamo parlando di élite. Fino a quei tempi, in suo possedimento, c’erano solo dei casi sporadici, di persone che appartenevano all’alta classe dirigente o comunque, loro amici e sfera loro familiare.
Un’estate italo – albanese – Seguire l’Italia ’90 da Tirana
Dunque, noi a casa avevamo la TV a colori! E quale mezzo più ottimale per seguire delle partite!
Ci era stata mandata dai parenti italiani, dall’Italia. Si può immaginare, passione di mio papà per il calcio a parte, ma anche per l’appunto “lo schermo a colori”, che casa nostra, alla vigilia di quel Mondiale di Calcio, divenne “bersaglio” di tifosi: intendendo amici, parenti, vicini di casa. I miei, molto ospitali da sempre, fecero in modo di poter far accomodare tutti.
Certo, le nostre case erano piccole, le dimensioni del soggiorno molto limitate, su quei due divani, più di tanto non è che potevamo rimanere seduti tutti.
La soluzione a quel punto? Tutti seduti a terra, sul pavimento! Tanto, alla fine, era un modo per poter vedere le partite in maniera originale e divertente, faceva anche caldo.
Commenti, emozioni, brividi, tifo sportivo – a mio papà, guai se veniva criticata la squadra italiana – specialmente, e questo me lo ricordo bene, tra i tifosi dell’Italia e quelli della Germania!
Già, perché non possiamo negare un altro fatto: la Germania era altrettanto – se non di più dell’Italia – la nazione di cui squadra veniva venerata dagli albanesi, e penso anche tuttora, ma mi dovrei aggiornare su questo. Certo, magnifica anche quella Germania ovest di Beckenbauer, Völler, Matthaus, Klinsmann, ecc.
Infatti, proprio la Germania ovest vinse!
L’Italia si fece notare per le sue belle partite, conquistò il terzo posto ed il suo Schillaci, venne nominato miglior giocatore e miglior marcatore.
Insomma, “la tifoseria di casa nostra” fu molto presa dall’andamento di quel Campionato di Calcio!
2 Luglio ’90: assalto da parte degli albanesi, alle ambasciate straniere accreditate a Tirana.
Per gli albanesi, “le regole del gioco” ferree, iniziarono a cambiare veramente. E le frontiere, per loro divennero sempre più accessibili, anche se molto sofferte.
Ci furono degli altri eventi a livello nazionale albanese, e non più di carattere sportivo, ma questa volta politico e sociale, a suscitare in noi emozioni e sensazioni molto più profonde.
Chissà perché amo riportare questo aspetto, quello sportivo di quella fascia di estate 1990. I mesi giugno – luglio, come miscela di emozioni.
Chissà perché dovrei anche sottolineare un fatto importantissimo, che è quello di aver potuto seguire con entusiasmo, soprattutto le partite iniziali, a giugno, in quanto il mese di luglio, nel ’90, per l’Albania arrivò con una tempesta in piena estate!
Coincide con l’entrata di migliaia di albanesi nei territori delle ambasciate straniere a Tirana!
Dall’Albania arrivavano dei segnali di una ricerca tenace di apertura verso il mondo e non era solo un caso che lo sport, come l’arte, nella loro universalità e nel loro ruolo nel abbattimento delle barriere, di qualsiasi tipo, contribuivano fortemente in questo.
Infine, passato quel mese di luglio “ bollente”, passata la sensazione iniziale di tensione, a noi che eravamo rimasti a casa, che non avevamo provato l’esperienza dura e dolorosa, ma necessaria per molti, di entrare nelle ambasciate, ricordandosi di amici e parenti – oramai lontani – che avevano partecipato all’esodo, perché no, ricordandoci anche dei brividi di quel particolare Mondiale di Calcio ’90, suonavano nelle orecchie le note della colonna sonora di quell’ evento sportivo e la voce di Nannini e Bennato nella canzone “Un ‘estate italiana”.
Ecco, quella poteva definirsi perfettamente un’estate non solo italiana, ma “un’estate italo – albanese”, per le tensioni e le emozioni forti, vissute da entrambi questi paesi.
Forse non sarà una canzone
a cambiare le regole del gioco
ma voglio viverla cosi quest’ avventura
senza frontiere e con il cuore in gola
Infatti subito dopo, per gli albanesi, “le regole del gioco” ferree, iniziarono a cambiare veramente.
E le frontiere, per loro divennero sempre più accessibili, anche se molto sofferte.