Eppure, delle volte non è nemmeno questione prettamente di “cittadinanza” o “passaporto”.
Perché possedere il passaporto di un determinato Stato, non è del tutto ‘sufficiente’.
Occorre passare a setaccio il passaporto stesso, osservando generalità, origine, luogo di nascità, connotati ecc…
Potrebbe fare differenza anche una sola lettera “insolita” presente nelle generalità del titolare del documento, una lettera che all’alfabeto italiano è stata aggiunta sul tardi ma, di cui gli italiani non hanno familiarità, quale la K, W, J, Y, X , aggiunti perché servono per trascrivere parole di origine greca, latina o straniera.
Oppure, come nel caso dell’onomastica di noi di origine albanese, dell’uso di lettere quali “Dh”, “Sh”, “Zh”, “Th”, “Xh”, Ll”, “Ç”, “Gj”.
“Scusi, mi ripete le sue generalità?”
E se tu non sei capace ad eseguire una buona compitazione, è probabile non saltare fuori da certe pratiche, proprio per trascrizione errata delle tue generalità.
Occorre soprattutto puntualizzare e scovare le origini di famiglia e la provenienza di una persona, imperativo categorico per certi contesti.
Questo accade ovviamente, in alcuni paesi d’Europa.
Noi siamo stati abituati, tanto da snobbarli ormai ed a non farci più caso, al cliché dei titoli sensazionali di alcuni giornali, quali:
“Ladro albanese”, “Trafficante albanese” ed altri appellativi creati ad hoc dalla cronaca nera per gli albanesi in Italia.
Anche per “l’altra faccia dell’immigrazione”, per i brillanti casi di integrazione di alcuni emigranti albanesi, si è spesso usato anteporre al nome dell’artista – o qualsiasi altro professionista – ed alla sua professione, il fattore ‘determinante’, La Nazionalità:
“Il cantante albanese”, “Il ballerino albanese”, L’imprenditore albanese in Italia” (di successo) ecc, come se la nazionalità influenzasse positivamente o negativamente ergo, avesse rilevanza notevole nel loro traguardo di successo artistico e professionale in generale.
Oppure quando fanno notizia faccende del genere, che dovrebbero essere semplicemente una normalità, senza la necessità di puntualizzazione:
“Trova un portafoglio pieno di soldi e lo consegna! È straniero!” (Evento!)
Oppure ancora: “Corazziere di colore riceve Salvini…”
Perché sbandierare l’origine oppure il colore di pelle del corazziere, semplicemente cittadino italiano?
Per cui, for dummies, non dovrebbe essere solo la musica “priva di passaporto”, come questi giorni ci si è scatenati sul caso “Mahmood e Sanremo”.
Infatti, “La musica non ha passaporto” –
Si è espresso anche Ermal Meta nella sua uscita solidale verso il collega Mahmood, attaccato in modo insensato per la sua vittoria a Sanremo.
“Lo sport non ha passaporto” – io aggiungerei pure.
E sento doveroso ricordare anche le polemiche sull’origine dei giocatori stranieri in una Nazionale di Calcio.
Ci sono state – e non sono neanche tanto vecchie come notizie – delle polemiche assurde per la vittoria della Nazionale di Calcio di Francia al Mondiale, a causa dell’origine straniera dei suoi giocatori.
I casi in Italia, su Calcio e polemiche per l’ origine straniera dei giocatori, non sono mancati altrettanto.
“Nella storia della Nazionale italiana, gli oriundi – nati all’estero ma cittadini italiani perché discendenti diretti di italiani (genitori, nonni, bisnonni) – sono stati diversi: precedenti illustri di epoche molto diverse da quella attuale, come Schiaffino, Angelillo, Altafini. Ma anche esempi più recenti come gli italo-brasiliani Thiago Motta e Eder oppure Mauro German Camoranesi, di origini argentine, come Franco Vazquez e Pablo Daniel Osvaldo. Proprio sulla convocazione in Nazionale di questi ultimi non sono mancate le polemiche. Nel 2011 Osvaldo venne convocato dal ct Cesare Prandelli e il deputato della Lega Nord Davide Cavallotto attaccò:
“La nostra Nazionale è diventata una “pensione di oriundi” e il nostro calcio è ormai una “succursale dei Paesi emergenti”. Nel 2014, Salvini si scagliò invece contro Thiago Motta: “Che c’entra con l’Italia? Un fico secco”, e protestò contro la presenza di “troppi oriundi” in Nazionale.”
Fonte:
Lo stesso ci sono state polemiche per la scelta di Denny Mendez, Miss Italia 1996. Lei è italiana di origine dominicana.
Oppure per la scelta della velina bionda di “Striscia la Notizia”, Mikaela, con padre angolano e madre afghana.
Io, con obiettività al contempo, devo dire che non sono indifferente anche all’uso dell’assegnazione di cittadinanza come “premio”. Si viene delle volte premiati per una buona azione civica, attribuendo la cittadinanza di un paese ad una persona.
E qui, aggiungerei pure una mia riflessione in merito, che ho scritto poco tempo fa, collegata a “Passaporti e gente comune”, non necessariamente dei vip.
“Quando un passaporto fa la differenza tra persone della stessa famiglia”.
Una mia amica albanese che vive negli Stati Uniti era arrivata a Milano, in Italia, in vacanza.
Io ero andata a trovarla all’albergo dove alloggiavano lei ed il marito.
Il personale italiano dell’albergo li aveva colti entrambi con mille onori ed elogi, mentre a loro parlavano inglese per di più, visti da “americani”.
L’inglese degli italiani risultava un pò ridicolo per la cadenza e la pronuncia, ad ogni modo, sorvoliamo sul dettaglio linguistico.
L’indomani, tra di loro c’era stata una reunion, per cui giungeva dall’ Albania vicina, il fratello della mia amica, albanese anche lui naturalmente, con un’ottima posizione sociale in Albania tra l’altro, laureato all’estero ecc…
Ma è qui che casca l’asino: il suo passaporto era albanese!
Nel vedere il suo passaporto albanese ergo, non più americano come quello di sua sorella e del cognato, – ospiti di quell’albergo – il personale dell’albergo, gli si rivolge:
“E tu, sei venuto col gommone qua in Italia…?”
Da non credere: i miei amici albanesi d’America sono rimasti scioccati da questi voltagabbana.
Io no.
Conosco la mentalità del luogo…
Non per rassegnarmi, non per dimostrare indifferentismo, ma sinceramente, non ci faccio più caso. Io considero più salutare questo mio atteggiamento…
È sgradevole d’altro canto, perché questa mentalità, di recente amplificata ed accentuata, passa per “normalità”.
Ma, meno male che non proprio tutti gli italiani affrontano il caso come il personale di quell’albergo milanese oppure come quella parte di telespettatori di Sanremo…