Visto da qui, l’Albania ricorda la storia dei ciechi che toccano solo una parte dell’elefante e non riescono mai a comprendere di quale strane animale si stia parlando.Il paese appare cosi, più che altro frammentario e distante, come perso in altri pensieri.
Visto da qui, la vicina Italia si tocca sul quotidiano, e certi passaggi di Tirana e dei suoi uomini rammentano una cattiva copia del paese vicino, come un presagio oscuro. Eppure, neanche la Turchia arcaica e l’America splendente appaiono cosi lontane.
Le voci delle campane e quella del muezzin si confondono con i clacsono del rumoroso traffico del Tirana, e nel profondo tutti sanno che il traffico è l’unico rumore che conta, mentre la voce religiosa suona come una sorte di fastidioso tributo che dobbiamo pagare al nostro passato.
Visto da qui, un anno dopo, i muri nascondono ancora promesse elettorali solo parzialmente cancellate dal tempo. Il che rende tutto alquanto goffo ed incompiuto: Con noi verso — /—ni Pulite / —uropa alla quale / — futuro lumin—/ …ione …oderna/ …A.T.O.
Sono le promesse che un anno non è riuscito a cancellare. Se ne stanno lì, ipoteticamente ipotetiche, incompiute e scalfite. Non diverso dal nostro parlamento che sì, funziona ma non funziona. Proprio l’altro giorno c’è stato il bis, il tris di uno spettacolo indecente.
Visto da qui, il parlamento si confonde con il destino del SK Tirana nella Champion’s League. Dicono che si sapeva già da molto tempo che la partita era stata venduta.
Vista da qui, nei bar tutti lo sanno e te lo dicono;che quello che è successo era solo forma, pura forma e nient’altro. A vendere la partito non erano stati dei singoli giocatori, bensì il club e tutto il suo staff organizzativo. Gli unici a non sapere niente erano i tifosi, vero? chiedi da qui. Ma è una domanda ridicola perché anche i tifosi lo sapevano, eppure sono andati a vedere la partita perché non si sfugge ne al proprio destino ne al proprio passaporto.
Visti da qui diventa tutto molto chiaro, e “il tutto” e il fatto che i giocatori non rappresentano più niente che non siano loro stessi, e non giocano per niente che non sia loro stesso. Visto da qui, che tu sia pubblico che guarda la partita o pubblico che guarda il pubblico guardare la partita, le cose sono estremamente semplici e vanno avanti per un vizio di forma.
Visto da qui diventa evidente che da qualche parte nei primi anni 90 il nostro paese si è inceppato e quello che vedi non è che un simulacro.
Visto da qui, il centro di Tirana diventerà la piazza più splendente che l’umanità abbia mai conosciuta. Progetto francese, no belga, no, olandese, no, qualcos’altro.
Nel frattempo il mosaico più significativo che io abbia mai visto, – quello che dominava piazza Kastrioti – è stato coperto da un grande telaio che sponsorizza una famosa compagnia telefonica. Coperti gli illirici, coperti i partigiani e coperti gli operai. Sembra che la compagnia telefonica (straniera) sta finanziando il progetto (straniero) di ricostruzione della piazza (nostrana).
Vista da qui, l’Albania rimane quel cantiere che è sempre stato da quando io riesco a ricordare. Non c’è partito o città o persona che non abbia un invisibile “lavori in corso” attaccato al collo. Tutto si muove e, muovendosi tutto, tutto rimane immobile.
Visto da qui, lo sport preferito è “distogliere lo sguardo!” È il movimento che pratichi con i mendicanti della città, sia quando chiedano la pietà come pietà, sia quando lo chiedono sotto forma di vendita di banane, mais oppure chewing gum. Distogliere lo sguardo dal collega corrotto, dalla bolletta dell’acqua, dai semafori ambigui. È l’unica pratica che ti possa assicurare una lunga e dolorosa vita nella città-Stato di Tirana.
Visto da qui, nessuno sembra possedere niente. È sempre l’altro a possedere lo Stato, i palazzi, le strade piene, la responsabilità di tutto ciò. La mossa più perfida che lo Stato post-comunista è riuscito a compiere è quella di far credere alla nazione che non esiste azione od omissione possibile che gli farà migliorare la loro vita.
Se riesci a convincerli di questo, hai già vinto la partita. Se la responsabilità è altrui, sempre altrui, allora non esistono più ne regole ne morale, allora puoi fare di tutto o permettere che di tutto ti venga fatto, in quanto l’intero meccanismo non risponde più a regole prestabilite bensì a capricci, casualità e destino. Quello che hanno in comune è che sono tutti elementi incontrollabili, quindi imprevedibili e caotici. E le carriere e i mercati amano questa zona grigia che è sempre coltivabile e verde.
Vista da qui, Tirana è una messa in scena colossale che funziona solo in virtù dell’impulso iniziale, come una specie di pendolo di Faucoult che non fa che espandersi fin dove mano umana può arrivare. Al paese piace sfoggiare una modernità e una degenerazione che in realtà non possiede. Possedendo il meccanismo per metterlo in scena, la realtà e la finzione vivono in mondo separati, a volte divisi da appena qualche ponte. Quando c’è la frizione gli uni e gli altri si sentono traditi e si ritirano nelle rispettive posizioni con una tregua che sa di sconfitta collettiva.
Visto da qui, il futuro appare luminoso, ma distante. Il futuro, cosi come il passato, è una faccenda da “Se…” e ” Ma…”, che crea tante Albanie ipotetiche e reali.
Visto da qui, il paese sembra giocare con te al gioco delle tre carte. Ora l’Albania è arcaica, ora l’Albania è europea, ora l’Albania è comunista. Trova la vera Albania e vinci qualcosa.
L’articolo è stato pubblicato per la prima volta su Albania News il 5 agosto 2010.