Alcuni giorni fa una ragazza di tredici anni ha tentato di suicidarsi buttandosi dalla finestra. Non c’è la faceva più a sopportare i suoi compagni di giochi (?) che lo accusavano di puzzare da romena. Quindi ha tentato di suicidarsi. Lei ha tredici anni e abita in provincia di Padova. Tredici anni per D-o.
Puzzava da romena. Adesso mi passa. Romena di tredici anni si butta dalla finestra tentando il suicidio perché gli altri bambini lo accusavano di puzzare da romena. E come puzzano i romeni poi, eh, ditemi come puzzano? Adesso mi passa, abbiate ancora un po’ di pazienza. Tredici anni, ve gli ricordate i vostri tredici anni? Tutti a giocare e a studiare. Quanto dev’essere umiliante questa umiliazione per portare una ragazzina a tentare di morire? Adesso mi passa, adesso mi passa. Per fortuna è viva, è sopravvissuta. Bene, mi è passato (per modo di dire).
Se va bene, e solo se va bene, tanti illustri colleghi scriveranno, vi diranno, credo, che non è niente di grave, che tra bambini succede spesso, che non bisogna mettere in collegamento l’atto e il razzismo, magari arriveranno a dire che quando si buttano i ragazzi italiani nessuno lo fa cosi grave, adesso invece per une romena…e cosi via. Non credetegli, il razzismo c’entra e come.
Intendiamoci, non credo che i ragazzini siano xenofobi. Ma ne anche un po’. Credo invece che siano bambini, ( lo dice la parola stessa, no? ) e che, come tali, ripetono quello che ascoltano in famiglia o in tivù. ( lo fanno anche i adulti no, sempre più spesso, perché non dovrebbero fare i bimbi?) Senza ne anche domandarsi se è, non dico giusto o ingiusto, sarebbero chiedere troppo, ma ne anche se c’è un minimo di logica. Ma purtroppo è prevedibile. Una società basata sulla caccia per sopravvivere produrrà dei cacciatori esattamente come una società xenofoba non può non produrre che bimbi xenofobi, è semplice. Del resto ancora pochi giorni fa il presidente del consiglio italiano lo ha detto chiaro e tondo: meno immigrati uguale a meno criminalità. Dunque zero immigrati zero criminalità. Dunque gli immigrati sono un male da combattere. E questa l’idea che si è diffusa un po’ ovunque, e credo che tutti i mezzi di informazione ne sono co-colpevoli. Ed è purtroppo vero che c’è un inversione dei ruoli tra pubblico e mezzi di informazione. Sembra che non sono più i mezzi di informazione che studiano la società e lo descrivono, ma quasi il contrario, cioè il pubblico che studia la tivù e cerca di uniformarsi ad essi. Abbiamo paura non per quello che guardiamo con i nostri occhi ma per quello che guardiamo con gli occhi degli altri. Prima critica prevedibile: è compito della famiglia e non della tivù educare i propri proli. Sbagliato, i bambini vengono formati da tutto quello che vedono e ascoltano, sia essi la tivù, la cugina che passa a salutare oppure la gentilezza del giardiniere che incrocia uscendo di casa. Seconda critica prevedibile: è un caso, poteva succedere ovunque con gente di qualsiasi razza o convinzione religiosa. Già, ma è successo per l’ennesima volta con uno straniero. E fa paura. Non tanto per il gesto in se che potrebbe essere casuale e ripetersi mai più, ma perché ho sempre creduto che la prossima generazione di immigrati, i G3 o G4, non so come gli vogliamo chiamare, avrebbe avuto meno problemi. Che conoscendosi per forza nella scuola avrebbero imparato a convivere, per gettare le basi di una società multietnica la quale oramai appare inevitabile. E, visto in quest’ottica, questo segnale e preoccupante e mi fa paura.