Ovunque mi giro scorrono i dati del referendum. Sono contento che è stato raggiunto il quorum. Sono favorevole a tutte le forme di partecipazione nella vita politica del paese, e ritengo che si tratti non di un diritto bensì di un dovere.
Ho dei dubbi su questo referendum, perché ritengo che si riferisce a cose molto specifiche, che andrebbero decise dai tecnici e non da una vasta maggioranza. Credevo ieri, e credo ancora oggi, che il referendum è lo strumento ideale per questioni più semplici ma altrettanto decisive. Esempio lampante: il divorzio. Ma questo ragionamento oggi non regge. Con questo sistema elettorale che svuota i cittadini di ogni scelta effettiva e con questo sistema politico ogni possibilità di partecipare al dibattito nazionale è la benvenuta.Ragione per la quale avrei voluto votare e avrei voluto vedere votare tanti miei amici. Stranieri, si intende. Come chi lavora qui da dieci anni ma non è ancora cittadino, eppure vive al pieno la sua città e la sua vita politica senza curarsi del colore del passaporto, ben sapendo che l’esclusione è peccato mortale. Come chi è nato qui e magari ha 20 anni ma non è ancora cittadino italiano. Chi si impegna, chi lavora, chi studia, chi soffre, chi si attiva, chi è cosciente del mondo che la circonda, chi fa attività politica, chi paga le tasse, chi partecipa a dibattiti, chi contribuisce a questo paese che ama.Quando si chiede a vari politici se questa legge sulle elezioni non è da cambiare, buttano lì alla confusa che sono d’accordo ma sostengono che è attualmente collegato al diritto di cittadinanza. Che poi è la stessa legge che permette a milioni di italiani all’estero – che magari dell’Italia se ne fregano e non pensano di tornarci o non ci mettono piede da 30 anni – di votare, ma non lo permette a chi qui ci lavora, ha creato famiglia e vede un futuro. Quando si chiede a vari politici se questa legge sulla cittadinanza non è da cambiare sono meno d’accordo. Nonostante vanno in giro borbottando No representation? No Taxation per avere un dicastero in più, nonostante i dieci anni ( che poi, va da se, diventano 13 o 14 ) sono il limite massimo previsto dalla Convenzione europea sulla cittadinanza del 1997, mentre nel resto dell’Europa bastano 5 anni, quando gli chiedi sulla cittadinanza rispondono con non meglio specificate esigenze di sicurezza o di cultura. Io però credo chevive qui da diversi anni tempo dovrebbe votare almeno alle elezioni comunali, punto e basta. E, attenzione, non dovrebbero riconoscerci questo diritto per essere buoni con i stranieri, non per pietà o per demagogia, per concezione o grazia divina, ma solo perché ègiusto.