Ogni società è processo e risultato di diverse forze che spingono o alla stessa direzione o in direzioni diverse, che possono essere anche contrarie.
Ogni stadio, ogni risultato è solo questo, la somma e i risultati della diverse forze, per lo più politiche ma non solo, che riescono ad applicare molto facilmente lo schema: se faccio A subisco B e se succede B ci guadagno C. Il razzismo sfrenato e volgare, il lavoro sommerso e le condizioni di vita degli stranieri si inseriscono facilmente in questo schema. Ritengo, a questo punto, che al di la degli slogan e degli annunci, per non farsi fregare conviene guardare al risultato più tosto che a espressioni e slogan che lasciano il tempo che trovano. La verità non è facile da trovare, ma neanche cosi complicato come si crede. Per fare chiarezza però, bisognerebbe prima analizzare i diversi elementi che hanno interesse a coprirla o, se non si riesce, a modificarla quel tanto che serve per far diventare il bianco grigio e quindi il grigio nero.
Credo che le forze principali siano due: la politica e l’economia. Detto per iscritto: gli immigrati sono essenzialmente forza voto e forza lavoro. Non ritengo di dover aggiungere la stampa, in quanto questa spesso tende a confondersi con la politica e l’economia, e tranne rare e piccole eccezioni, oramai non penso fa capitolo a se. Sbaglia chi liquida la vicenda del voto degli stranieri con un’alzata di spalle credendo che comunque non possono votare. Anche se questo è indubbiamente vero, sfugge una verità importante: i migranti non possono votare ma possono far votare.In una politica che appassiona sempre di meno ( si vota sempre di meno, mentre bruciare il falò elettorale è diventato una moda ), diventa fondamentale trovare una leva per manovrare gli elettori. E le leve che funzionano sempre sono due: le promesse e la paura. Mentre la prima perde quotidianamente terreno, la seconda ne guadagna. Si può annunciare “ Più posti di lavoro!” ( promessa )oppure “ Meno migranti che rubano il lavoro!” ( paura ). Più risorse alle forze dell’ordine ( promessa ) oppure “ Più espulsioni, quindi meno delitti.” ( paura ). Infatti non è neanche necessario provare il nesso tra lavoro e migranti oppure tra delitti e migranti, basta lasciar fare il collegamento alle persone. Per non farci mancare niente poi, in tanti questo collegamento l’hanno detto apertamente, ma questo è stravincere ed umiliare. La paura quindi, toccare lì dove più fa male: lavoro, sicurezza, welfare. Non è difficile far credere alle persone che il problema è da tutt’altra parte.Ma siccome che questo meccanismo non risolve niente, la prossima volta bisogna aumentare la dose. E siccome nonfunziona di nuovo, bisogna alzarla ancora fino a far confondere le idee. Il fatto è che le persone non hanno paura quando capitano con un straniero in ascensore o quando condividono il posto di lavoro. Hanno paura quando tornano la sera in casa e la tivu gli dice che quel straniero è il male. Non se la prendono con il datore di lavoro quando questo usa disperati stranieri per ricattargli, o quando gli assume in nero, se la prendono con poveracci paralleli che accettano condizioni peggiori e la cui colpa è quella di esistere. Ma in un paese in cui il lavoro sommerso costituisce più del 10% del PIL, un po’ di colpa c’è l’avranno anche gli altri. Certo, chi è clandestinodelinque ( per quello che è ) ma anche chi gli assume in nero delinque ( per quello che fa ). Eppure se il primo illecito è qualcosa di totalmente sporco, la secondo è una“simpatica furbatta”, un “saper arrangiarsi”, “avere ingegno” che tutto sommato ci va anche bene. Certamente sono stati i stranieri ad accettare il lavoro il nero, ma anche chi non ha controllato forse un po’ di colpa ce l’ha. L’articolo 18 del decreto legislativo 286/98 prevede un permesso di soggiorno umanitario per le persone che denunciano i propri sfruttatori, siano essi stranieri o italiani. Qualcuno ne ha mai sentito parlare?Altra bellissima norma è la direttiva del 18 giugno 2009 della cattiva “Unione Europea ” che impegna l’Italia a sanzioni e provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.Peccato che è una legge che più che un imperativo sembra un optional. E la vera domanda è: non possiamo combattere il lavoro in nero, o non vogliamo?Ma vediamo un po’ di dati, come per esempio i risultati di una ricerca condotto da uno dei massimi economisti italiani, Tito Boeri, per conto della Fondazione Debenedetti e l’Università Bocconi di Milano. Per quanto difficile possiamo avere comunque delle stime sul lavoro sommerso. E il primo dato è che anche in un momento come questo il lavoro in nero non manca.Gli stranieri senza un permesso di soggiorno (422mila secondo i dati Ismu), lavorano di più e guadagnano di meno rispetto a chi ha i documenti in regola. E’ più facile per loro trovare un impiego sottopagato, ovviamente senza contratto e contributi e con turni più pesanti. Lavorano di sabato (80%), di domenica (31,8%), di notte (38%) e nel 40 % dei casi guadagnano meno di 5 euro l’ora, in media il 12,4% in meno di chi è in regola (il 17% se donne). Il dato più sorprendente è che la percentuale degli immigrati irregolari che lavorano (90%) supera quella dei regolari (oltre l’80%).Maggiormente soggetti ad infortuni sono i lavoratori immigrati, che svolgono le attività più a rischio. Secondo Boeri le morti bianche aumentano fra gli stranieri (+8% dal 2005 al 2007) e calano fra gli italiani. Solo nel 2008 l’Inail ha ricevuto 143mila denunce di infortuni da parte di immigrati, di queste 176 mortali. E non rientrano nelle statistiche gli incidenti non denunciati dagli irregolari che temono l’espulsione o la denuncia da parte dei medici, quindi languiscono in silenzio. D’altra parte la procedura per regolare chi è irregolare ma ha già un lavoro è talmente lunga è complicata che in pochi scelgono di farci ricorso. Che sia appositamente complicata per aiutare le azienda ad usare manodopera in nero? Già perché, stando a quanto denunciano i sindacati,la profonda crisi che sta colpendo il paese ha effetti economici e sociali meno devastanti di quanto non dicano le statistiche ufficiali. Insomma, alle azienda il lavoro in nero conviene, e molto. E siccome le aziende non sono razziste – nel senso che non si interessano della razza ma solo del guadagno – ci fanno ricorso a mani piene. Ed è anche questo che gli aiuta a fare guadagni, con danni incalcolabili per la comunità e per il welfare. Secondo il rapporto UIL sul lavoro sommerso, nel 2009 il tasso di irregolarità lavorativa nazionale si è attestato al 15,6% sul totale degli occupati, coinvolgendo complessivamente oltre 3,7 milioni di lavoratori. L’economia sommersa ha prodotto nel 2009 un fatturato di oltre 154 miliardi sottratti ad ogni tipo di tassazione, con un’incidenza sul Prodotto Interno Lordo del 10,3%. Il lavoro in nero conviene alle aziende e conviene ai consumatori che possono avere prezzi minori. E pazienza se questo lavoro in nero sottrae ingente somme allo Stato, tanto Roma ladrona. Il vero problema sarebbe non questo 10% del PIL, ma i migranti che abusano dei servizi sociali.
Ma i dati dicono dell’altro. E dicono che gli immigrati rappresentano il 7% della forza lavoro, con stipendi netti attorno ai 900 euro mensili. Costituiscono l’1% del gettito fiscale complessivo, hanno fatto lievitare di circa l’1% la spesa pubblica nei settori del welfare eforniscono il 4% dei contributi previdenziali. Tradotto: è falso che siamo un peso per i servizi sociali, anzi.