Il delitto shock di Avetrana è andata verso la sua naturale conclusione. Le indagini hanno portato alla confessioni, si cercano le prove sul campo e non si fa altro che comprovare quello che i sociologi sostengono da sempre: che i delitti in famiglia, nella maggior parte dei casi, vengono commessi da altri famigliari.
Sostengono che è normale che sia cosi, com’è normale che gli omicidi in guerra vengano commessi da soldati e i falli in un campo da calcio vengano commessi da altri giocatori.Per quanto sia romanzesco escogitare le ipotesi più fantasiosi dietro qualsiasi delitto, spesso la soluzione si presenta squallida e semplice. Le forze dell’ordine questo lo sanno, ed è anche per questo che per prima cosa mettono sotto intercettazione i famigliari. Quelli che non lo sanno sonol’opinione pubblica e i giornalisti. Questi infatti hanno inventato la regola del romeno che batte quello dei famigliari. In pratica: ipotesi romeno batte sempre ipotesi famiglia,batte ipotesi incidente e qualsiasi altra ipotesi logica. Non è mancata quindi, anche in questa vicenda, la pista romena. Il tutto nasce dalle parole della Concetta Serrana. Sotto shock, la donna era stata molto chiara sulle sue idee quando diceva: “Il giorno della scomparsa di Sarah quella rumena continuava a parlare al telefonino. Sembrava quasi desse gli ordini ai complici per intervenire e rapire Sarah. Infatti parlava nella sua lingua in modo che nessuno di noi capisse e per essere certa di non venire ascoltata si allontanava continuamente da noi. D’altronde era l’unica a sapere dove si sarebbe recata quel giorno Sarah e che strada avesse percorso per raggiungere l’abitazione della cugina che l’aspettava”Detto, fatto. Ma se è comprensibile che le parole della madre siano disperate e razziste, un po’ meno comprensibili è quello che viene dopo. Le prove a favore di questa tesi vengono poi convalidate e avallate da coraggiosi giornalisti investigativi che incastrano la badante romena con elementi inoppugnabili. La romena Maria Caterina Pantir è romena, quindi è nella sua cultura rapire ed uccidere. Avendo bisogno di una banda però per eseguire il reato, bisogna scovare i complici. Infatti la perfida badante era a casa, sapete come sono questi romeni, si costruiscono subito un alibi. La banda era suo fratello che era venuto a visitarla durante l’estate. Essendo anche lui un romeno, di sicuro conosce altri romeni loschi che lo hanno aiutato. E, la prova maestra, la Maria Caterina Pantir si era recata in Romania di recente. Insomma, basta un romeno nel raggio di qualche chilometro, e il passaporto come prova schiacciante.
Infatti, la cosa buona della pista romena è che sta in piedi da se. È come se ogni extracomunitario avesse una specie di bonus omicidio. Una volta accusato di qualsiasi cosa dall’opinione pubblica o da quella carta igienica in formato A3 che sono i giornali,è lui che deve provare di non averlo fatto e non chi lo accusa. Nel frattempo è fango che cade mentre in riunione di redazione si rispolverano i titoloni “Allarme romeni!” che non diventeranno mai “Allarme zii”, “Allarme padri”. E menomale perché sarebbe un orrende spettacolo, come lo è stato con altri allarmi che abbiamo già letto, tanto quanti sono le etnie straniere in Italia.Il delitto di Avetrana è stato risolto, grazie alle forze dell’ordine che sono gente seria che sa fare il proprio lavoro. Ma presto ce ne sarà un altro, poi un altro e poi un altro ancora. E ci sarà di nuovo una pista romena o una albanese. Per quanto tempo ancora?