Appena pochi giorni fa, un’ importante esponente del Popolo della Libertàse n’è uscita con la perla di turno, sostenendo che i clandestini, per loro natura, sono portati a delinquere in quanto alla ricerca di un lavoro che non trovano.
Ovviamente tutto ciò non è vero. Ovviamente delinque anche chi un lavoro ce l’ha, anche chi è regolare oppure naturalizzato italiano. In realtà non è possibile collegare l’inclinazione alla delinquenza alla definizione legislativa del soggetto e quindi alla sua occupazione. Ma non è questo il punto, almeno, non per il momento.
Quello che è interessante notare in questo e casi simili è un abbassamento della logica portato a livelli abissali. Tanto meglio, diranno, smantellare un’affermazione è più facile se la stessa è illogica.
Purtroppo non sempre è così. Le accuse, che spesso vengono rivolte agli stranieri, ci mettono nella posizione di non poter rispondere affatto. Se, per esempio, l’accusa, come l’abbiamo spesso sentita, viene formulata grosso modo cosi: tutti gli extracomunitari delinquono, rispondere negando è quasi impossibile e per di più inutile, allora non è più dialogo, non è più dibattito, diventa qualcos’altro. Rispondere negando, dicendo che no, non è vero che tutti gli extracomunitari delinquono è solo l’altra faccia della medaglia dell’affermazione, nonché una cosa così stupida che, mettendoci anche un po’ di autostima, è difficile esprimere. Come se qualcuno ti dicesse che tutta l’acqua è liquida. Rispondergli dicendo che non è vero, che l’acqua può essere anche allo stato vaporeo o rigida, personalmente mi farebbe sentire un po’ scemo. In questo periodo storico fatto di “effimerezza” intellettuale e di slogan sostituiti a tutto, portare il dialogo dove non è più possibile rispondere, giova solo a chi spara per primo. Non si può rispondere affermando, e rispondere negando è quantomeno stupido ed inutile. Già rispondere significa mettersi in un altro piano dove non puoi più controllare niente. Affermare o negare a questo punto, mediaticamente parlando, diventano la stessa cosa. Ci serve qualcos’altro, ci serve un terzo linguaggio che probabilmente non esiste. Nella giornata del binomio clandestini/delinquenti, i convegni, svolti immediatamente dopo, hanno distrutto questa tesi, ma tant’è perché nessuno li ha sentiti. I titoli dei giornali sono corti, l’apertura dei tg prende circa 5-6 secondi a titolo e una ricerca complicata non ci sta nè nell’una nè nell’altra. Anche questo articolo che voleva essere corto è oramai troppo lungo e noioso se confrontato al tema clandestini/delinquenti.
E’ la cultura leghista: violenza dei messaggi, soluzioni più vicine alla pancia che al cervello e la rivoluzione federalista, domani… forse, ma dopodomani sicuramente. E’ un linguaggio che alla base non ha nulla da invidiare alla propaganda comunista, e non è un caso che nelle urne il carroccio sostituisce proprio la falce e il martello. Che piaccia o meno, nella scena politica italiana i leghisti hanno sicuramente un grande merito, ed è quello di essere l’unico partito culturalmente ( si fa per dire )non subalterno al berlusconismo. E’ unmodello vincente, seppure sbagliato. Seppure sbagliato, è un modello vincente. Non è nè per caso nè per sbaglio che chi fino a ieri strizzavo l’occhio alla Lega solo in privato oggi lo fa anche in pubblico.
E quello che mi chiedo è se la nostra cultura del linguaggio e della risposta, non stia diventando anch’essa subalterna alla Lega.