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Territori e vitigni d’Albania

Parte 2

di Gino Luka
in Reportage
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Home Reportage
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Con i suoi 26.000 ettari vitati, l’Albania è una terra ancora poco conosciuta dal punto di vista enologico, anche se molte sono le potenzialità del territorio

Indice

  1. Breve storia del vino in Albania
  2. Territori e vitigni d’Albania
  3. Vigne Urbane, l’Uva Çylek e la Raki

Territorio

Ricoperta prevalentemente da pianure e colline, l’Albania può contare su un terreno produttivo, oltre che su un clima mediterraneo con inverni miti ed estati calde e secche: tutti elementi che favoriscono lo sviluppo della vite.
Il territorio dal punto di vista vitivinicolo si suddivide in quattro macro regioni, classificate sulla base del criterio dell’altitudine:

Le pianure costiere che raggiungono i 300 m e circondano le città di Tirana, Kavajë, Durazzo, Scutari, Lezhë, Lushnje, Fier, Valona, Pukë e Delvinë;

Le colline centrali la cui altitudine varia da 300 a 600 m ubicate nei pressi di Elbasan, Krujë, Gramsh, Berat, Përmet, Librazhd e Mirditë;

Le zone orientali sub-montane situate tra i 600 e gli 800 m nei dintorni di Pogradec, Korçë, Leskovik e Peshkopi.
Le aree montuose dove la vite viene coltivata fino ai 1000 m.

I vigneti sono concentrati prevalentemente nelle zone collinari, in particolare nei dintorni di Berat, Korçë (Corizza), Pogradec, Përmet, Leskovik, Vlorë (Valona), Lezhë (Alessio), Shkodër (Scutari).

Alcuni tipi di terreno: Fishtë: terreno pH neutro, non calcareo, argilloso, argilloso-limoso, ph sub-basico, mediamente calcareo. Naraç: pH neutro, non calcareo. Pjetroshan: argilloso, argilloso-limoso, ph sub-basico, mediamente calcareo. Shtoj i Ri: Terreno limoso, ph leggermente acido, mancanza di calcare attivo. (“Kallmet: un‘uva, un vino, un territorio” LVIA in Albania, 2014).

Vitigni

I vitigni internazionali più coltivati sono Merlot, Sangiovese, Barbera, Chardonnay, Primitivo, Tempranillo, Montepulciano, Cabernet Sauvignon, Petit Verdot, Moscato, Alicante Bouschet, Tokai, Trebbiano, mentre gli autoctoni più diffusi sono:

Shesh

Da questo vitigno si ottengono vini sia bianchi sia rossi, lo Shesh bianco con la sua carica olfattiva, corpo e persistenza e lo Shesh nero con il suo corpo, la sua complessità, intensità spiccata e penetrante, dove si esprimono le prugne mature e le spezie, con un fin di bocca molto persistente.

Shesh I Bardhe

Kallmet

Vitigno a bacca rossa è dotato di grandissima potenzialità e carattere (la zona di Bukmira ha una particolarità nel produrre Kallmet con tannini più morbidi e una buona acidità) e di un’ottima potenzialità d’invecchiamento.

Rrush Kallmet

Pulës

È un vitigno sottovalutato, produce un vino con un ottimo bouquet e retrogusto persistente che richiama il profumo del ginestro.

Pules

Altri vitigni sono il Vlosh a bacca nera, Serinë a bacca nera e bianca, Debinë a bacca nera e bianca ecc. In Albania si contano 21 varietà e 108 ecotipi di vite, già elencati e tuttora coltivati.

Le grandi aziende conosciute del paese che oggi producono vino sono più di trenta, anche se, nei prossimi anni, si stima una crescita del settore. Alcune di queste cantine hanno iniziato a farsi conoscere anche a livello internazionale, partecipando a concorsi e a fiere di settore. Purtroppo anche se i prodotti presentano un eccellente livello qualitativo, permane ancora oggi il problema legato all’immagine, diffuso anche all’interno del paese stesso, che frena la commercializzazione.

In Albania, grazie a diverse politiche di sostegno della Comunità europea e all’intraprendenza di una trentina di produttori, il settore vinicolo è in espansione, la superficie di terra destinata alla vite sta aumentando e il paese sta prendendo sempre più coscienza delle proprie potenzialità. Oltre ai vitigni internazionali, i viticoltori stanno puntando sulla qualità e sulle varietà autoctone, molte delle quali sono state salvate dall’estinzione. Dagli anni Novanta, i vitivinicoltori del nord dell’Albania si sono riuniti in consorzio con un unico obbiettivo: produrre vini di qualità e pregio.

Le vite parallele di alcuni vitigni

Kallmet

Il vitigno Kallmet è molto antico, diffuso nei territori albanesi, estendendosi per le terre umide e collinari dell’estremo nord ovest dell’Albania. Questa varietà autoctona si caratterizza per la presenza di un grappolo d’uva dendritico e friabile e un chicco color rosso porpora, ed è nota per le sue qualità, specialmente per l’aroma simile a quello della violetta. Fino a poco tempo fa si pensava che Kadarka, o Skadarka fosse uno dei tanti sinonimi di questa varietà in Bulgaria e Romania. Alcuni ritengono, che Kadarka provenga dalla zona vicino al Lago di Scutari, città che anticamente si chiamava Scodra (Skadar, Skadarsko – di Scutari). Kadarka è stato l’ingrediente principale nel famoso Sangue di Toro di Eger (Egri Bikavér), ma è stato soppiantato dal Kékfrankos (Blaufränkisch). Dalle uve Kadarka si ottengono vini con molto corpo e tannino. Quest’uva a bacca rossa è coltivata in tutta l’Europa orientale. In Bulgaria è conosciuta anche con il nome Gamza. Altri sinonimi sono: Noble Bleu, Noir de Scutari, Raisin Noir de Scutari, Schwarzer Cadarca, Schwarzer Skutariner, Scutariner,  Skadarka, Skadarska, Tokaynero di Scutari ecc. 

Secondo Alberto Cugnetto PhD., Enologo e Specialista in Scienze Viticole, che lo sta vinificando da ormai qualche anno con grandissime soddisfazioni, come consulente enologo di Kantina Arbëri a Rrrëshen e di Mrizi i Zanave a Fishtë, per quanto in alcuni testi e database si accosti Kallmet a Kadarka, non è corretto definirli sinonimi. Il signor Cugnetto, richiamandosi agli studi effettuati dall’Applied Genetics Laboratory, School of Engineering of Lullier, University of Applied Sciences of Western Switzerland, e al Centre for the Study of Evolution & School of Life Sciences, University of Sussex, UK, dimostra che tra il profilo dei marcatori genetici del Kadarca e quelli del Kallmet non vi è corrispondenza. Inoltre, a oggi non ci sono vitigni che assomiglino a Kallmet, e pertanto possiamo definirlo sicuramente un vitigno autoctono albanese, unico e inimitato; capace di dare ottimi vini, alla stregua di grandi Pinot Nero di Borgogna, se coltivato nei giusti ambienti (Mirdita Interno zona Bukmire). 

Carménère

Il Carménère deriva dalla “Vitis biturica”, giunta nel bordolese in epoca romana e proveniente dal porto di Durazzo – Albania – Lucio Giunio Moderato Columella nato nel sec. 4 d.C., autore dell’opera De re rustica, l’antenata di un’enciclopedia dell’agricoltura in dodici volumi, scrisse che la vitis Balisca proveniva dall’Epiro e attraverso il porto di Durazzo fu portata a Roma. Dalla Vitis biturica sono stati selezionati, nel bordolese, il Carménère, il Cabernet Franc, il Merlot, il Cabernet Sauvignon, il Malbec, ecc. In Italia si coltiva tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia, all’estero in Argentina e California. In questo habitat trovò le condizioni perfette per esprimere la sua tipicità grazie a terreni franco argillosi che esaltano la sua caratteristica nota erbacea, che dona a questo vino un bouquet unico e inconfondibile.

Nero di Troia

Secondo un’ipotesi si attribuisce la provenienza alle vicine coste albanesi e precisamente al piccolo borgo di Croia (Kruja) che, vernacolizzato, è chiamato Troia. Qualunque sia la provenienza, la prima volta che la denominazione Uva di Troia compare in documenti ufficiali è negli scritti ampelografici del 1875 a firma del prof. Frojo, direttore della Cantina Sperimentale di Barletta che, forte di una profonda cultura neoclassica, rispolverò la leggenda di Diomede, ribattezzando il vitigno allora denominato Vitigno di Canosa in Uva di Troia. In Italia, è un vitigno caratteristico della Puglia settentrionale. Il nome potrebbe prendere origine da un piccolo paese, Troia, in provincia di Foggia. Infine, si pensa che il vitigno possa provenire dalla regione galizio-catalana della Rioja. Quest’ultima ipotesi fa riferimento agli anni della dominazione spagnola in Puglia ma che non trova conferme poiché a Rioja i vitigni a bacca nera coltivati sono, fra l’altro, il Tempranillo, la Garnacha, il Mazuelo ed il Graciano.

Cabernet sauvignon

E’ riconducibile al vitigno Biturica, descritto da Columella e Plinio come originario di Durazzo, da cui il nome Vidure. In Italia si pensa che sia un vitigno che proviene dal Bordolese come il Cabernet franc e in particolare dal circondario della Gironda nel Sud-Ovest della Francia. Un’altra ipotesi è quella che lo accosta a quel vitigno guascone chiamato Carbonet. (L’Italia del vino, pag. 275, Andrea Zanfi, FISAR)

Shesh i zi (Syrah)

L’origine è europea e anche la sua radice semantica, dove ser sta a indicare un carattere tardivo (lat. Serus – tardivo) ma significa anche “pianura ai piedi delle montagne”. Anche il vitigno albanese, che prende il nome da un paese vicino a Durazzo, potrebbe essere in origine di questo vitigno con il quale condivide non solo l’origine semantica ma anche una notevole vicinanza genetica. Sembra che possa anche essere arrivato in Italia dall’Albania, essendoci alcune affinità genetiche con il vitigno locale albanese Shesh i zi (Shesh nero), dove si trova anche la varietà Shesh bianco (Shesh i bardhë).

Diffuso in Francia nella valle del Rodano dove era chiamato preferibilmente serene/serine, è stato talvolta e per lungo tempo confuso con la Mondeuse (chiamato fino alla fine del secolo scorso Syrah o proto Syrah) una confusione che nacque dal fatto che ambedue i vitigni hanno come falsa sinonimia Marsanne noire. Un’altra ipotesi è che dalla città di Schiraz, in Persia, possa essere arrivato in Italia nell’antichità attraverso la città di Siracusa. Altre analisi sul DNA hanno indicato anche affinità con i vitigni del Trentino Alto Adige, Teroldego e Lagrein. In tempi più recenti, si è diffuso in Italia in provenienza dalla Francia (circa verso la metà dell’800) e ha trovato territorio di elezione in molte regioni soprattutto del centro-sud d’Italia ma anche a Firenze, Lucca e Pisa, e in tutto il mondo. (L’Italia del vino, pag. 277, Andrea Zanfi, FISAR).

Gino LUKA è appassionato di cucina e amante del vino. Ha scritto: Appunti di cucina italo-albanese – con il quale ha presentato la cucina albanese all’Expo2015, Milano – e un Glossario italiano-albanese “Vena”. Attualmente è socio Fisar (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori)
Nel prossimo articolo: Vigne Urbane, l’Uva Çylek e la Raki

Referenze

  • “Rakia connecting people” – La storia e l’industria dell’alcool in Albania
  • Albania, l’enoturismo punta su vini da autoctoni
  • Caratterizzazione genetica e vitigni tradizionali della Serbia
  • FISAR
  • I Balcani: nuova frontiera per il vino.
  • I vini della Bulgaria
  • I vitigni classificati da Plinio e Columella: la Vitis Balisca e la Vitis Caburnica.
  • Kallmet: un’uva, un vino, un territorio
  • La rinascita dei vini albanesi
  • Origini della vite e del vino
  • Produttori di vino Kallmet
  • SlowFood
  • Una guida per gli amanti del vino in Albania
  • Vino – Made in Albania

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