Cifre da bollettino di guerra, quelle riportate dal BIRN (Balkan Investigative Reporting Network), secondo i dati che è riuscito ad ottenere dall’Ispettorato Statale per il Lavoro e i Servizi Sociali, tramite la legge albanese sul diritto all’informazione.
Un rapporto pubblicato anche da Balkan Insight che non lascia libere interpretazioni: nei primi nove mesi del 2019 sono stati registrati 88 infortuni sul lavoro, in cui 90 dipendenti hanno subito lesioni come lacerazioni, fratture e danni alla colonna vertebrale o alla vista.
E ancora, 26 lavoratori deceduti, di cui 10 erano muratori. Una escalation in negativo, se si considera che nel 2016 i morti erano stati tre, cinque nel 2017 e sei nel 2018, in un settore che impiega circa 82.000 persone.
Tuttavia, dagli 88 incidenti del 2019, solo 30 aziende coinvolte hanno subito multe. Importo medio: 230.000 lek, ovvero 1.888 euro.
Una risposta indegna da parte del Capo dell’Ispettorato, Arben Seferi, che ha respinto le accuse di non riuscire a proteggere i lavoratori edili con queste parole: “L’Ispettorato del Lavoro non è un organo investigativo”.
Anzi, ha pateticamente rimpallato la responsabilità ai lavoratori, accusati di scarsa negligenza sul lavoro.
Sulla sola Tirana, ci sono aziende costruttrici che violano le norme di sicurezza da almeno 20 anni. La violazione più ricorrente è quella sul materiale scadente delle impalcature, che le rende inadatte a sostenere il peso degli stessi lavoratori già nel momento in cui le stanno montando. Qualcuna è venuta giù ‘come una cipolla’, sfogliandosi, per riportare le parole di quei lavoratori che miracolosamente sono sopravvissuti.
Violazioni reiterate e, nonostante ciò, multe elevate solo in occasione del primo controllo. O che, per il loro ammontare, sono veramente indegne. Nel 2019, la multa più alta è stata di un milione di lek, circa 8.200 euro.
Ridicolo il passaggio di patata bollente delle società costruttrici. In buona sostanza, si esonerano da qualsiasi responsabilità adducendo il fatto che il materiale viene consegnato ai lavoratori in ottime condizioni e complete di tutti i pezzi. Su come, poi, vengono costruiti i ponteggi, casomai sono da incolpare gli ingegneri di cantiere che non riescono a controllarli tutti.
La situazione nel settore pubblico
Come è facile intuire, le violazioni più eclatanti saltano all’occhio quando i lavori vengono svolti nell’ambito dell’edilizia pubblica.
A livello nazionale e per la semplice regola dei numeri, Tirana è il comune a maggior richiesta di appalti. Negli ultimi anni, una buona parte è stata destinata alla manutenzione di edifici già esistenti, di cui vengono curate le facciate e l’isolamento termico.
A livello procedurale, la richiesta di lavori viene presentata al Comune dagli stessi residenti degli edifici e, per la selezione degli appaltatori, esisterebbe anche una commissione speciale, un comitato di sorveglianza che, a chiusura dell’appalto, ha il compito materiale di fare ispezioni periodiche sul sito di lavoro.
Fatto sta che, curiosamente, quando si tratta di società costruttrici indagate, il Comune di Tirana si tira fuori dalla responsabilità della selezione. Che poi le carte dicano altro, sembra un dettaglio ininfluente. Tirana dice più o meno così: ‘Scegliamo solo il progetto e supportiamo i residenti, tutto il resto viene fatto dall’amministratore del condominio e dai residenti’.
In sostanza, il Comune si palesa solo nel momento in cui deve rimborsare le fatture presentate dal Direttore dei lavori. Se, però, si prova a chiedere ai residenti di commentare sulle scelte del Comune, ecco che ci si trova davanti ad un muro di silenzio che il BIRN ha imparato a conoscere bene nei casi di incidenti sul lavoro.
Il perché è facile da capire. Chi denuncerebbe, seppur ne avesse titolo e ragione, quel datore di lavoro che gli procura il pane a tavola? Che poi il padre di famiglia, se dovesse morire sul lavoro, lasci senza pane mogli e figli, passa quasi in secondo piano.
“Trappole mortali”
BIRN ha provato a sentire la voce di quei costruttori, perché in Albania ce ne sono fortunatamente, che vengono sistematicamente esclusi dagli appalti, quelli che presentano offerte un po’ più alte, dato che nel costo devono far rientrare la gestione ottimale di lavori fatti secondo regola.
Il loro commento è lapidario: “Non ci sono impalcature in Albania, ci sono solo trappole mortali”. Facile la spiegazione degli incidenti sul lavoro: il risultato di “concorrenza sleale e manodopera a basso costo che non garantisce la sicurezza dei lavoratori”.
L’atteggiamento dell’Ispettorato al Lavoro
Seferi, Capo dell’Ispettorato, ha lamentato che l’ufficio che dirige ha solo 81 ispettori per l’intero Paese. Ha detto che lo Stato non è riuscito a tenere sufficientemente informato il pubblico sulle norme di sicurezza sul lavoro, nonostante fosse stata introdotta una piattaforma online per ricevere segnalazioni di violazioni e mostrare, nel contempo, il dossier di un’azienda nel caso avesse avuto denunce e multe.
Respinge l’accusa di aver ‘chiuso un occhio’ a favore dei trasgressori recidivi. Anzi, ribadisce che nel solo 2019 sono stati chiusi per irregolarità 16 cantieri.
La colpa alle vittime
Pessima difesa, quella adottata dall’Ispettorato, davanti ai documenti in cui si elencano gli incidenti, evidenziando quelli mortali, con il nome dell’azienda, dei lavoratori coinvolti e della tipologia. Quasi sempre, caduta dall’alto.
Nella maggior parte dei casi, l’Ispettorato incolpa le vittime.
Se cadi in un buco, è perché non lo hai delimitato bene. Poco importa che tu l’abbia delimitato, si, ma mettendoci intorno quelle travi che poi devi montare per il ponteggio ed è logico le debba togliere…
“La vittima ha fatto una mossa spericolata per attraversare dall’altra parte (del buco) che ha portato alla sua caduta”, si legge nel rapporto dell’incidente.
Gravissima l’accusa che le scene degli incidenti vengano manomesse ostacolando le indagini. Manomissione non creata ad arte, sia chiaro, ma semplice conseguenza del fatto che i lavori nei cantieri non vengono sospesi e, quindi, ricostruire l’esatta dinamica degli eventi diventa quasi impossibile quando merci e attrezzature sono spostate di continuo.
Anche per questa accusa, l’Ispettorato minimizza il rischio che le aziende dichiarino il falso sulle circostanze di un incidente.
Così dice Saferi al BIRN: “Quando si verifica un incidente, anche se non sei il capo dell’Istituzione sei un uomo, non puoi giocare con il destino di una persona che ha perso la vita. Non so se potrebbe esserci gente – forse il 10 percento – che trarrebbe vantaggio dalla morte di qualcuno. Sarebbe la fine del mondo.”
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