Cari amici, a chi fosse interessato proverò a spiegare brevemente la bellezza del gesto di Xhaka e Shaqiri.
La storia più o meno recente inizia nel 1913, quando alla Conferenza di Londra le grandi potenze europee riducono i confini del neonato Stato indipendente dell’Albania a quasi un terzo della richiesta di quest’ultimo, lasciando irrimediabilmente i territori restanti, abitati da popolazione di etnia e lingua albanese, sotto il dominio degli stati confinanti.
Tra questi c’era la regione del Kosovo – l’antica Dardania (e non solo, la regione della Ciamuria nel nord della Grecia – l’antico Epiro, metà dell’odierna Macedonia, e parte del Montenegro) che finì sotto il regno di Serbia. Successivamente, al termine delle due guerre mondiali a Belgrado si costituì la Repubblica jugoslava (degli slavi del Sud) che conteneva l’odierna Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia e Kosovo.
Nei circa 60 anni successivi il governo Jugoslavo nel tentativo di creare una identità comune etnica degli slavi del sud, perseguì una politica discriminatoria e di violenta assimilazione verso chi non era allineato con il governo di Belgrado, e soprattutto verso chi come gli albanesi che abitavano il Kosovo, apparteneva ad un’altra etnia.
Agli albanesi era vietato insegnare e parlare la propria lingua, nonché tenere o mostrare simboli che richiamassero alla loro nazionalità e all’unità etnica con la confinante Repubblica Albanese. Gli albanesi venivano imprigionati, torturati, i bambini avvelenati, interi villaggi bruciati, famiglie distrutte, costrette ad abbandonare le proprie case, la terra natia e dei propri antenati, per il semplice fatto di essere albanesi.
Per chi rimaneva, la convivenza imposta tra le diverse etnie, già non proprio idilliaca, subì quindi col passare degli anni un crescente aumento delle tensioni che culminarono con le guerre degli anni novanta, la disgregazione della Repubblica jugoslava, i bombardamenti NATO su Belgrado nel 1998 e con la formazione dello stato indipendente del Kosovo nel 2008.
Tutt’ora la Serbia non riconosce l’indipendenza del Kosovo e soprattutto non accetta la sua identità nazionale albanese (nonostante costituiscano più del 95% della popolazione), motivo per cui hanno dovuto “inventare” una nuova bandiera per la Repubblica del Kosovo, con riferimento al territorio e non alla popolazione albanese.
Nel corso degli anni una vera e propria diaspora ha portato questo popolo a cercare riparo negli stati confinanti e soprattutto negli stati occidentali (Svizzera, Francia, Germania, Svezia, anche in Italia).
Questi giocatori sono cresciuti ed hanno imparato a giocare a calcio in Svizzera. Come tutti gli altri immigrati hanno dovuto fare mille sacrifici per superare l’ostilità e l’indifferenza iniziale. Ora giocano in Inghilterra, in Premier League, il campionato più ricco del mondo.
Hanno scelto di rappresentare la nazionale Svizzera per una questione di gratitudine verso chi li ha accolti, (io in passato non sono stato d’accordo con questa scelta) ma non hanno mai smesso di amare la propria identità, la propria lingua madre albanese è soprattutto non hanno mai dimenticato la storia della loro famiglia. Questo è straordinario in una società materialista come la nostra sempre più costituita da individui indistinti, privi di ogni identità comunitaria, incapaci di relazionarsi se non per rapporti di convenienza mercantile.
Durante la partita dei Mondiali 2018 Gruppo E: Serbia-Svizzera, questi ragazzi hanno avuto la possibilità di affrontare e battere simbolicamente chi è inevitabilmente legato alla loro sofferenza passata, mostrandoli davanti agli occhi di tutto il mondo quanto essi hanno sempre voluto negarli, la loro identità Albanese (Shqiptare), l’identità Albanese del Kosovo ???.
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