E’ impressionante la confusione che si crea nella stampa europea ogniqualvolta bisogna scrivere dei Balcani. Difficile dire se il motivo è la malafede o la negligenza, e forse è anche inutile.
Le notizie che circolano su questa triste famosa partita, per esempio, spaziano tra la pura invenzione e il mitologico. L’incapacità di comprendere fatti semplici non può essere una scusante, la necessità di fare click neanche. Anche fonti ritenuti autorevoli continuano a produrre notizie false, notizie smentite o mai confermate.
Ancora ieri la Gazzetta dello Sport prendeva come buona l’ipotesi Olsi Rama pilota drone, versione ridicola alla quale oramai non crede più neanche la Federazione serba.
Anche per fare chiarezza, quindi, ecco alcuni spunti cronologici su cosa è successo veramente. Come tutti gli articoli completi è lungo e cerca di ricostruire tutto quanto.
PREPARTITA
Intanto: nello stadio di Belgrado non c’erano tifosi albanesi, se si escludono i pochi giornalisti che viaggiavano con la delegazione albanese e i parenti di qualche giocatore. Si trattava, al più, di una decina di persone in tutto. Questo perché, anche per evitare scontri, la Federazione albanese aveva rinunciato ai biglietti che le spettavano di diritto. Cosa che, tra l’altro, aveva fatto anni fa anche la Federcalcio italiana per il ritorno di Serbia-Italia.
Per di più: per comprare un biglietto era necessario presentarsi con un documento di riconoscimento rilasciato da un’istituzione serba. Certo, è probabile che qualche cittadino serbo di etnia albanese provvisto di documenti serbi abbia deciso di comprare il biglietto lo stesso, ma si tratta di pochissime persone. Anche perché, come forse a questo punto si è intuito, Belgrado non è proprio il posto ideale per tifare contro la squadra di casa.
Chi scrive che prima e dopo la partita non ci sono stati scontri fuori dallo stadio, quindi, deve anche considerare il fatto che mancano tifosi albanesi da uccidere/picchiare/offendere/quant’altro, e quindi era difficile che ci fossero scontri!
La squadra albanese si è recata senza incidenti allo stadio. Senza incidenti significa che, a parte qualche lancio di sassi contro l’autobus della nazionale, non è successo nient’altro. Senonché, i pochi tifosi che hanno viaggiato con la nazionale ai quali era stato promesso l’accesso allo stadio, sono stati trattenuti in aeroporto circondati da forze di polizia!
Capitolo stadio. Nella sua breve storia calcistica (sei anni, ricordiamolo) la Federazione serba si è fatta notare più per fatti di cronaca che per meriti sportivi.
Ne sanno qualcosa gli inglesi Under 21 per esempio, che, come si vede in questo filmato, hanno commesso due errori gravissimi:quello di segnare contro i serbi ma, ancora più imperdonabile, quello di avere dei giocatori neri in squadra. La FIFA, che prende l’antirazzismo molto sul serio, in quella occasione ebbe mano pesante: l’Under 21 serba dovette giocare la prossima partita a porte chiuse e, sentite sentite, qualche giocatore fu addirittura squalificato per la prossima giornata .
Ne sanno qualcosa gli italiani visto che la partita dell’Italia è stata interrotta per noti fatti di cronaca, anche se in questo caso si trattava di “ultra a domicilio”. Ne sanno qualcosa quelli del Totenham Hotspurs che in quello stadio si sono visti brutalmente offesi con slogan antisemiti.
Ne sanno qualcosa i francesi , visto che dopo Partizan Belgrade- Toulouse hanno visto morire un loro fan.
Tanti, troppo incidenti per essere dei casi isolati. Tanto anche per poter affermare che lo stadio del Partizan è uno “stadio caldo”. Il Camp Nou, Anfield o l’Olimpico sono stadi caldi, stadi dove i tifosi locali si impongono correttamente sugli ospiti: Stadion Partizan, purtroppo, assomiglia di più a un quartiere pericoloso dove ti avventuri solo se costretto, pieno di timore e con la paura di non tornare.
Anche per questo, quindi, quando la nazionale albanese è scesa ad allenarsi nella zona stabilità, è stata accolta da accendini e monete, tanto che hanno chiesto e ottenuto dall’arbitro di spostarsi all’interno del campo. Permesso accordato. Una volta tornati dentro, sono stati accolti da Branislav Ivanoviç. Il capitano dei serbi ha parlato con i giocatori albanesi calmando gli animi e dicendo che erano lì solo per giocare a calcio, la politica non aveva voce in capitolo. È stato un bel gesto. La nazionale albanese, del resto, era stata preparata e istruita a non reagire a qualsiasi provocazione.
Si avvicina l’ora di inizio, la squadra ospite entra in campo e viene accolta dall’intero stadio che cantava “Ubi Siptari” Significa “Uccidi l’albanese”. A differenza di quello che capita spesso in altre parti del mondo, ad urlarlo però non è una parte isolata dello stadio, un gruppo di qualche centinaia di estremisti. Basta vedere un qualsiasi video per capire che grida tutto lo stadio, o quasi.
Presentazione ed inni di rito. Per motivi ancora di chiarire, prima degli inni la banda suona una marcia militare, non prevista dai protocolli. Sarà una sciocchezza, ma in quel momento, in quello stadio ha un peso particolare. Segue l’inno albanese. Si capisce che stanno cantando l’inno albanese solo perché la telecamera va sui giocatori, per il resto si sente solo “Ubi Siptari”. Come da consuetudine, sugli spalti si bruciano bandiera dell’Albania e della NATO che è un piacere. Qualcuno, per paura che venga strappata, pensa che è meglio nascondere la bandiera albanese che, assieme a quella serba, FIFA, RESPECT e UEFA, campeggia sugli spalti. Non la migliore premessa per una partita.
PARTITA
Finalmente si inizia a giocare a calcio e si vede una partita persino godibile. Dominanza serba per i primi minuti. Ricordiamoci che la nazionale è stata contestata duramente dai tifosi, e quella contro l’Albania è una prova decisiva. Per i tifosi non basta vincere, non basta stravincere: bisogna umiliare l’avversario, vincere con tanti gol di scarto. La pressione sulla nazionale slava, quindi, non è da meno.
A onor del vero, va detto che la Serbia inizia bene. Ha qualche occasione, potrebbe andare pure in vantaggio con Ivanoviç ma non riesce a segnare. Dopo 10-15 minuti di sofferenza gli ospiti iniziano ad uscire dalla propria zona. Intanto piovono fumogeni e la partita va avanti. Kukeli prende una gomitata e inizia a sanguinare, c’è qualche fallo duro ma l’Albania esce. Combina bene sulla sinistra, ha un occasione ghiotta con Mavraj.
È il 35-simo, Agolli va a battere il calcio d’angolo e, come è tradizione da quelle parti, viene accolto da accendini, bottiglie, monete e sassi. Si allontana, la partita viene sospesa, puliscono, tira il calcio d’angolo e il capitano Cana sfiora il palo sinistro di Stoikoviç. Quando i serbi riprendono il possesso palla, i tifosi pensano bene di festeggiare con altro lancio di fumogeni in campo. Lanciano bengala e fumogeni e nel 41-simo la partita viene interrotta di nuovo. Atkinson chiama un vigile del fuoco a sgombrare il campo.
Nel frattempo, c’è un oggetto che sorvola lo stadio. I tifosi lo accolgono con un boato perché pensano a una provocazione serba, gli albanesi con diffidenza perché pensano a una provocazione serba. L’entusiasmo si spegne quando si accorgono che è la bandiera albanese. Il vessillo e’ una mappa con la bandiera albanese. Ai fianchi il leader del primo governo albanese del 1912, prima dell’occupazione serba del Kosovo. È una mappa che ha una valenza storica e che non rispecchia, oggi, le aspirazioni del governo albanese, paese NATO e candidato all’adesione europea.
Quando inizia a scendere, ripetiamo, la partita è già stata fermata per il lancio di fumogeni e metà della panchina serba è già dentro il campo di gioco, come ha ricostruito meglio di me il collega Marco Gargini in questo articolo .
Mitroviç, sospinto dai tifosi di casa, fa un salto irritato e lo afferra. I giocatori albanesi si sono accorti che si tratta del loro simbolo, Xhaka e Lila i primi, e si lanciano per chiederlo. Chi sa a cosa pensano, forse non pensano a niente. Fatto sta che appena una frazione di secondo dopo aver raggiunto Mitroviç si ritrovano circondati dalla panchina serba. Mitroviç lo passa a Gudelj, questo lo passa al centravanti Balaj che corre verso la panchina albanese, forse per consegnarla al quarto uomo o forse per consegnarlo ai suoi compagni. Tomovic lo blocca, i giocatori si spingono.
Fino a questo momento, tutto sommato, non è successo niente di irrecuperabile. Se il vessillo va fuori campo la partita riprende più o meno normalmente. Ed è proprio allora che succede il peggio: i tifosi serbi invadono il campo.
La porta che conteneva gli ultras è stata aperta come si puo’ vedere in questa immagine. Non si sa da chi, ma siamo sicuri che presto la Federazione serba chiarirà anche questo aspetto. Fatto sta che i tifosi entrano in campo e aggrediscono i giocatori albanesi. Come in tutte le situazione di bisogno, ognuno si arrangia con quel che può: qualcuno, per esempio, pensa bene di usare una sedia per colpire Balaj. Altri invece, che sono più tradizionalisti, preferiscono calci e pugni. Questo signore tenta di colpire Mavraj, ma con una certa tenerezza!
Dai filmati si può vedere che gli ultras in Serbia sono divisi in due categorie: alcuni sono vestiti in modo normale, altri portano la pettorina da steward. Anche quest’ultimi quindi, per solidarietà, non trovano di meglio da fare che picchiare i giocatori albanesi. I poliziotti serbi che avranno pure famiglia da mantenere, decidono che è meglio non intervenire e vedere come si sviluppa la cosa.
Quindi: sugli spalti stanno gridando “Ubi siptari”, i tifosi e gli steward stanno picchiando gli albanesi, i giocatori serbi cercano di calmare, mentre i giocatori albanesi, ovviamente, si aspettano da un momento all’altro che tutto lo stadio si riversi sul campo. A quel punto l’arbitro si accorge di quello che sta succedendo e ordina alle squadre di uscire.
Cana guida ai suoi verso l’uscita, dove qualche leone dell’ultima ora si butta nella mischia distribuendo calci e pugni agli albanesi. Kolarov, merito al suo coraggio, accompagna sotto la sua ala protettiva gli ultimi calciatori albanesi rimasti.
POST PARTITA
Una volta dentro, Branislav Ivanoviç e Aleksander Kolarov si recano nello spogliatoio albanese per sincerarsi delle condizioni dei giocatori.
Subito dopo, la delegazione albanese viene raggiunta dal delegato UEFA il quale chiede se sono pronti a tornare in campo. La squadra e la Federazione albanese si consultano e rispondo che no, non lo sono. Oltre ai vari calci e pugni che hanno ricevuto, non si trovano nella condizione psicologica per tornare in campo. E fanno bene. Hanno visto gli ultras entrare in campo indisturbati, hanno visto gli steward che aiutano gli ultras. Se tornano e segnano dubito che sarebbero tornati tutti vivi a casa.
La partita, quindi, viene cancellata. Subito dopo la polizia serba entra negli spogliatoi e pretende di perquisire i bagagli di tutti, calciatori e membri della delegazione compresa. Sono alla ricerca del telecomando che ha comandato il drone. Gli albanesi sanno che possono rifiutarsi, ma sarà venduta come una ammissione di colpa. La perquisizione, eseguita senza la presenza di un avvocato e senza altre garanzie che sarebbero d’obbligo, finisce e non trovano niente. Pensano allora di avere migliore fortuna perquisendo i giornalisti ed altri invitata della delegazione come Olsi Rama, il fratello del Premier albanese.
La perquisizione è ancora inutile, ma qualcuno mette in giro la voce che addosso ad Olsi Rama è stato trovato il telecomando: ovviamente falso, ma che è falso si viene a sapere solo dopo che ha fatto il giro del mondo. Per dare un idea dell’atmosfera che regna in quei minuti, basti pensare che le forze della sicurezza chiedo a Armando Duka, presidente della Federazione albanese di rimuovere la spilla che porta nella giacca. In caso contrario non possono garantire la sua sicurezza!
Gli albanesi, quindi, vengono caricati alla confusa in un autobus e portati all’aeroporto. Da lì volano per Tirana.
IL GIORNO DOPO
La UEFA comunica di aver aperto un’indagine. Le ipotesi a carico degli albanesi sono quelle di introduzione di vessilli non autorizzati e di aver abbandonato il campo. Le ipotesi a carico dei serbi includono, tra l’altro, la violenza contro gli ospiti.
Adesso, non esiste prova che sia stata la delegazione albanese a volare il vessillo, ma forse l’UEFA lo troverà, anche se durante la perquisizione non è stato trovato niente. Aspettiamo. Quello che in molti si stanno chiedendo in queste ore è se la mano che ha comandato il drone è una mano amica o nemica. E’, insomma, il gesto di qualche tifoso per sbeffeggiare i serbi, o qualcos’altro, un tentativo – riuscito – di seminare altro odio tra le due nazioni.
Per quanto riguarda la seconda accusa, basti dire che è stato l’arbitro a ordinare di uscire dal campo. Detto questo, se la logica non mi inganna, se accusi una parte di violenza, diciamo che non puoi accusare l’altra parte di aver lasciato il campo. O forse si?
La Federazione serba rilascia, subito dopo, un comunicato stampa dove accusa gli albanesi di tutto quanto accaduto. Si afferma, tra l’altro, che era tutto un piano terroristico preordinato. Prova ne è il fatto che, poco tempo dopo la partita, le strade albanesi erano piene di tifosi, e che c’erano circa 5 mila tifosi che hanno accolto la squadra dopo la sua discesa a Rinas. Sembra comunque che per il momento il Club Bildenberg non c’entri niente.
Quello che non dicono è che in Albania, un po’ ovunque, la partita è stata seguita in maxi schermi nelle piazze. Evidentemente, molti avevano piacere di aspettare una squadra che, forse in quel momento più che mai, aveva bisogno di sentire l’affetto dei suoi tifosi. Una nazionale che aveva giocato bene e che aveva passato un gran rischio. Tutto questo, alla Federazione serba puzza di complotto. Forse hanno ragione, forse non sono abituati a vedere dei tifosi che seguono la nazionale non perché odiano gli altri, ma solo perché amano la loro squadra.
Platini, che non perde occasione per offrire saggezza, si è detto molto preoccupato di un fatto. Ha detto che nel drone poteva esserci anche una bomba, e si è chiesto cosa sarebbe successo. Ha ragione il sig. Platini, ha fatto una domanda sacrosanta che pero’ dovrebbe fare alla sicurezza serba. Sarebbero stato in grado di gestirla?
Difficile dirlo. I filmati mostrano che non riescono neanche a gestire i loro steward, gente che hanno assunto, istruito e che, si suppone, pagano pure. La Federazione serba, sempre molto rassicurante, assicura che i colpevoli degli atti di violenza sono stati identificati. Sembra più una dichiarazione di intenti che altro. Se veramente hanno tutto sotto controllo, ci devono spiegare cosa ci faceva in campo uno come Ivan Bogdanov. Uno che ha già interrotto Italia-Serbia, uno che il 14 ottobre interrompe la diretta tivù della partita . Cos’altro deve fare uno per essere condannato a non rimettere più piede in uno stadio? Nella foto si vedono pronti all’azione, cinghie alla mano. Per fortuna decidono di cambiare idea e tornare sugli spalti!
Anni fa, scrissi poche righe dopo i fatti di Genova. Scrivevo che la Serbia non è i suoi tifosi . che non possono rimanere ostaggi di pochi estremisti. Lo devono a loro stesso e lo devono ai vicini. Oggi, due anni dopo, non cambierei una virgola di quanto ho scritto. Tutta la squadra serba, ma gente come Ivanoviç e Kolarov in particolare, hanno dimostrato che sono stanchi di questo scontro inutile, che vogliono solo giocare a calcio. E’ una parte bellissima di questa Serbia, e non devono essere abbandonati.