In Albania torno quasi ogni anno per due settimane, ma questa volta ho deciso di starci quasi due mesi. Questa estesa permanenza è stata certamente notata e al contempo ha suscitato diversi dubbi tra la gente.
Qualcuno mi chiedeva se sono tornato per sempre qui, qualcun altro se ho trovato un lavoro a Tirana. C’era chi invece nutriva dubbi che fossi tornato per trovare una sposa albanese (chiesto dai vicini, questo me l’ha riferito mia mamma).
Dubbi alquanto legittimi ma non corrispondenti alla realtà dei fatti. Principalmente due sono le ragioni della mia decisione: la prima, perché volevo stare un po’ di più con i miei, nella speranza di recuperare il tempo perduto all’estero; in secondo luogo, mi sono iscritto ad un corso di tedesco, perché mi sono trasferito in Germania un anno fa senza conoscerlo;
Questa mia riflessione si focalizza solo sul secondo motivo, quello che immagino susciti più interesse e meriti discussione anche sul piano pubblico.
Ho deciso di fare il corso in un centro privato linguistico a Tirana. Eravamo 10 alunni – livello A 2.2. – e tutti, compreso l’insegnante, volevano andare in Germania.
Per la maggior parte eravamo studenti, ma non mancavano anche genitori e professionisti affermati in Albania.
Un giorno l’insegnante ci disse che c’era un ragazzo che veniva ogni giorno da Skrapari – una cittadina nel sud del Paese, quasi 3 ore lontana da Tirana – solo per il tedesco.
La questione degli infermieri e dei medici che se ne vanno in Germania è una cosa ben nota in Albania, ma ultimamente tutti stanno provando ad andarci, con o senza una laurea in tasca. Andavo e tornavo con gli autobus, giravo tra i bar e nelle piazze ma la parola d’ordine era sempre la stessa: la Germania (Gjermania in albanese).
La cosa che mi ha più impressionato è stato un signore tra i 50 e 60 anni che ogni giorno, prima di me, alle 9 in punto veniva nell’Aula Grande della Biblioteca Nazionale di Tirana munito di libri di tedesco e di un dizionario tedesco-albanese.
La sua presenza è stata una bellissima e forte lezione per me.
Da un lato, mi ha ispirato la sua voglia di studiare ed apprendere, perché effettivamente la conoscenza non ha nessun limite di età.
Dall’altro lato, la sua tenacia, simbolicamente, ha dato un bello schiaffo alla mia pigrizia e al mio egoismo. Mi ha accesso una luce di speranza diversa, perché ci vogliono veramente coraggio ed umiltà per studiare una lingua difficile come quella tedesca, a maggior ragione a quell’età.
Tiziano Terzani, uno dei miei autori italiani favoriti, diceva che le lingue si imparano da giovani e io gli credevo, perché lui ne sapeva veramente tante (tra queste, anche il tedesco). Ma quel signore sembrava essere l’eccezione che conferma la regola non scritta di Terzani. Se un giorno volessi essere qualcosa, vorrei essere l’eccezione a tutte le regole.
Questo flusso in realtà è stato alimentato anche da una nuova legge del Bundenstag tedesco che facilità le procedure di ottenimento di un visto proveniente dai Balcani.
Come evidenziato in un nostro recente articolo, solo nel 2017, secondo Eurostat, 6 mila albanesi hanno ottenuto un permesso di soggiorno di primo rilascio in Germania. Un numero in tendenziale crescita.
Le ragioni principali di questa fuga ormai sono ben note a tutti.
Meritano di essere sottolineati l’ineguaglianza sociale, i bassi salari e gli alti prezzi al consumo, che rendono difficile vivere. Ad esempio, come si fa a comprare un appartamento a Tirana per 100 mila euro se il salario medio mensile degli albanesi è meno di 300 euro? Quei soldi non bastano neanche a soddisfare i bisogni di ogni giorno.
Come mi diceva qualcuno un giorno, qui ancora si discute il pane quotidiano.
È ovvio che la gente si sia stufata e cerchi una vita migliore. Le conseguenze dell’emigrazione, più che sul piano economico, si riscuotono immediatamente sul piano sociale.
Io vivo in un paesino, 1 ora da Tirana, e un giorno andai a visitare la mia scuola materna per incontrare alcune delle mie maestre nelle elementari. Una di loro mi diceva che, tra le diverse generazioni educati da lei, la mia era quella più fortunata, dato che erano rimasti ancora tre ragazzi nel paese, dei 32 alunni che ricordavo io alle elementari.
Le altre generazioni erano tutte sparite, chi sa dove! Una cosa preoccupante era che si discuteva, inoltre, la chiusura della scuola per mancanza di alunni. Una tristezza infinità!
Le istituzioni e, in generale, la società albanese hanno letteralmente fallito nel porre le basi di uno Stato democratico, meritocratico e di diritto.