Lo Stato alleggerito da sinistra
Molte saranno le conseguenze della pandemia di Covid nella società: è già capitato nel passato, dopo situazioni del genere.
Ma qualcosa degli scenari successivi è già davanti agli occhi di tutti. La crisi sanitaria ha portato in primo piano l’esigenza di una politica che serva lo Stato, che dimostri cioè una reale attenzione per la polis, le res publicae, le cose pubbliche. È lo Stato che ritorna al centro della scena, facendo quello che ovviamente tutti noi ci aspettiamo: garantire a tutti almeno la certezza della sopravvivenza. Senza la pubblica autorità saremmo nel caos: eppure, la pubblica autorità non raramente è frenata dall’individualismo che caratterizzava, nei fatti e soprattutto nel mito, tutti i livelli della nostra egoistica esistenza. Lo potremmo definire il mito dell’uomo privatizzato e privacyzzato: cioè quando sì ha più una vita comunitaria in cui nasconderti è il potere stesso che – volendo arrivare alla vita individuale, – ha inventato la privacy. Si è imposto un mito della sfera privata, che, nella sciagurata linea della Thatcher, secondo la quale «non esiste una cosa chiamata società, esistono solo individui e le famiglie», ha progressivamente distrutto uno degli elementi identificativi della politica europea: garantire a tutti le basi fondamentali di una vita dignitosa. La «giustizia distributiva».
Ma la linea politica dell’esaltazione dell’individuo e della privatizzazione, che rompe il consenso sociale cercato del dopoguerra, e che fu portata avanti dai «pazzi della politica», i vari Thatcher o Reagan, fu seguita in maniera ancora peggiore dai cosiddetti politici della nuova sinistra. Tutti figli della componente liberal, promossero tra la fine del secolo scorso e gli anni Duemila politiche di contabilità sociale e ingegneria d’amministrazione, valutando in maniera aziendalistica settori fondamentali dello Stato quali l’istruzione, la cultura, la sanità, i trasporti pubblici.
Tra gli arrembanti politici di questa nuova sinistra che distrusse la Sinistra possiamo elencare Blair, i Clinton (nel senso di famiglia), Gordon Brown e infine Obama, anche se ce l’hanno raccontato diversamente. Sono stati loro a pensare di generare efficienza, applicando con zelo compromessi finanziari e gestione ingegneristica di ogni compartimento dell’amministrazione pubblica in funzione del suo alleggerimento. Nella stessa maniera ha agito Renzi (e altri) in Italia, con la sua troupe di mediocri amministratori della politica. Gran parte dei leader storici liberali avevano risposto all’esigenza di “socialismo” nell’Occidente con l’abbondanza, o almeno con la promessa dell’abbondanza per tutti: i leader che abbiamo menzionato hanno permesso invece che l’abbondanza si concentrasse nelle mani di pochi e per questo la privatizzazione (spesso la parte sana) dello Stato era la soluzione migliore.
Ovviamente l’importanza dello Stato e delle politiche pubbliche ritorna evidente questi giorni fatali. Di certo capiamo oggi quanto scellerate siano state le cosiddette riforme sull’alleggerimento del sistema sanitario, e le parziali privatizzazioni viste in Italia, nella nazione che vantava uno dei sistemi sanitari più democratici al mondo, e non riesco ad immaginare cosa accadrà in epoca Covid in Gran Bretagna o negli Usa.
Stato pesante e leader leggeri
Ripensare a una posizione centrale del pubblico, significa avere uomini che possano garantire la dirigenza statale. Significa avere una classe dirigente che diriga e comandi, non che amministri e serva il potere degli altri. Ma dove sono i leader che devono riprendere per mano gli Stati e l’Europa, e governarli nella direzione del bene comune per più persone possibili? La crisi Covid ha mostrato la nullità della Unione Europa e allo stesso tempo i limiti degli Stati nazionali e dei loro leader. La miseria della leadership è tale che mai nella Storia delle democrazie occidentali si è trovati talmente perplessi sull’agire dei propri politici e sulla loro leggerezza. I biondi liberal-sovranisti Johnson & Trump non sono commentabili; inconsistente risulta Macron: rispetto a costoro Conte rischia persino di spiccare. Ancora una volta l’unico leader europeo, ma purtroppo non dell’Europa ma della sua Germania, è la Cancelliera. I suoi interventi, tanto il primo, quanto il secondo, rivolto al popolo tedesco, si distinguono per essenzialità e senso della misura: chiamano alla responsabilità e alla preoccupazione senza allarmismi, ma soprattutto evitando, a differenza di tutti gli altri, il lessico e la simbologia da guerra, perché ovunque si sentono assurde metafore belliche. Alcuni addirittura additano come “traditori” i disgraziati che osano prendere un po’ d’aria. Che la Merkel sia l’unico vero leader di un Europa in balia del capitale mobile, lo si vede dalla sua «virata verso lo Stato sociale di mercato», – come sostiene Tony Judt – togliendo così la scena e lo scenario agli stessi socialisti europei. Lo stesso Strauss-Kahn, non uno qualsiasi, si rese conto per primo (e mise in guardia i politici) che «la crescita (la ricchezza) si sottraeva alla ridistribuzione pubblica e quel che era un circolo virtuoso (crescita-ridistribuzione)» stava diventando «un circolo vizioso». Proponeva queste tesi quando era capo del FMI e stava per candidarsi a presidente della Francia: poi, per pura coincidenza, una cameriera d’albergo lo accusò di tentata violenza carnale. Incredibile. Cioè: assolutamente non credibile, ma questa è un’altra storia.
Servirà, quindi, uno «stato di governo» e non la «governance globale». Ma a chi lo affideremo? Ai politici che ci ritroviamo? Eppure ovunque – dall’Albania agli Usa, dalla GB all’Italia – in molti si chiedono perché questa classe dirigente sia così miseramente povera dal punto di vista intellettuale, spesso al di sotto del livello medio delle proprie popolazioni.
Si impone l’esigenza di Stati che governino, di investimenti senza la diminutio del pubblico in favore del privato, di presenza e scelte dello Stato, che investa direttamente in cultura, istruzione, sanità, servizi pubblici e perché no (per non essere schiavi dei colossi privati) servizi informatici e piattaforme digitali. Ma a chi affideremo questo Stato? La classe politica che ci amministra è frutto della mediocrazia imperante. I canali di dominio transnazionali, a differenza di quel che si crede genuinamente, non necessitano di geni del male a capo dei vari Stati nazionali, ma soltanto di mediocri; incapaci di percepirsi capaci di poter agire, di sentire addosso il ruolo e il valore della politica. I mediocri e i pupazzi spesso possono essere arroganti, cafoni, sbruffoni, potenti ma solo a parole. I peggiori. Gli uomini che hanno portato l’Italia dalla miseria del dopoguerra a essere la Settima potenza del mondo, erano ben diversi. Ripensare lo Stato, certo, ma le cose che verranno hanno bisogno di uomini che non abbiamo e che ancora non vediamo.