Si è ricchi?
Da tempo ci siamo cullati nell’illusione di essere ricchi, in paesi ricchi e invulnerabili; società opulente popolate da cittadini benestanti, chi più, chi meno. Il coronavirus ci ha fatto precipitare dal mondo dei sogni e delle piccole cose che occupavano le nostre preoccupazioni, al buio degli incubi, e sta palesando i gravi limiti della nostra società. Non perché non doveva capitare in quanto siamo ricchi, perché si tratta di fenomeni che, proprio perché ricchi, avremmo dovuto aspettarci e di fronte ai quali essere preparati. Quindi non è tanto la nostra vulnerabilità fisica o medica, per intenderci, ma quella economica e sociale contare. Sì, perché essere ricchi, o autodefinirsi tali oggi, è un po’ diverso rispetto al passato e al concetto di ricchezza che abbiamo ereditato dalla storia.
Siamo abituati a pensare all’uomo ricco come a colui che ha un capitale che gli permette di rinunciare al lavoro, di scegliere, di farsi una vacanza e non lavorare per uno, due, tre mesi o un anno. I nostri Stati, invece, sono ricchi solo per modo di dire; sono invece con l’acqua alla gola – come ha detto giustamente Odifreddi – e pare che se non producono quotidianamente rischiamo di finire nel baratro economico.
Insomma, il nostro paese a fatica si potrebbe permetterebbe questo mese di non-lavoro. E ciò, per certi versi, è più che comprensibile, perché lo Stato, i nostri Stati, non sono i reali possessori dei soldi. Questi sono, invece, solo dei ricchi. La ricchezza del nostro Stato è una ricchezza privata. Sì, sicuramente si è ricchi rispetto ai paesi poveri ed è meglio imbattersi nel virus in Italia e Francia piuttosto che in Albania, Romania o Grecia, per non spingersi oltre.
Aspetti sociali sovvertiti dal coronavirus
La scuola (online) e le disparità economiche
La scuola, simbolo di egualitarismo, in questi giorni smette di essere paritaria e democratica. Le lezioni online, nonostante gli sforzi immensi degli insegnanti in questi giorni, sforzi di ogni tipo, non garantiscono l’eguaglianza che, almeno in classe, i ragazzi vivevano quotidianamente astratti dalle loro eredità materiali. In ogni classe ci sono i 4 o 5 ragazzi che non possono collegarsi per diversi motivi, dai più banali ai più assurdi. Non è solo il non avere un internet veloce o un buon pc, ma basta essere in due fratelli con le stesse esigenze e ore di lezione in contemporanea, che richiedono due computer, spazio sufficiente e due scrivanie. Quante sono le famiglie che non possono permettersi tutto questo? Io ne conosco molte, ma forse perché io vivo in periferia o forse perché mi sono fermato a veder il mondo nella sua complessità.
Casa (clausura) e disparità economiche
Le disparità economiche e sociali faranno la differenza in questi tempi alienanti. La casa, in cui si è costretti a passare tre settimane o dei mesi cambia di percezione, assume un valore diverso. Nelle città grandi un’alta percentuale di persone vive in sole “camere” o in monolocali, schiacciate come sardine in scatola, perché la vita era fuori, la vita era lavoro, movimento, aperitivi e socializzazione; la casa era un luogo dove dormire o semplicemente in cui dichiarare una residenza. Invece per molti ciò si tradurrà, attraverso i giorni, le settimane o i mesi, in una condanna alla solitudine, al punto che è l’idea stessa di vita che viene ad annullarsi.
Diversa è la vita dei benestanti in queste ore, poiché per loro si rivela quasi una fortuna il poter uscire dalle maglie del lavoro e ritrovarsi con i propri affetti, i propri beni, gli hobby, il giardinaggio o lo yoga all’aperto. Provate a pensare ad una famiglia di cinque persone con tre figli, in un appartamento di 80 metri quadrati se va bene. Provate a pensare alla differenza con altri più fortunati, ammirati o invidiati, che vivono in ville attorno alle zone residenziali delle città, in case che ci hanno fatto pensare “ma che se ne faranno di una casa così” …
Ecco perché quel “State a casa” non è uguale per tutti, soprattutto quando la parola “casa” non ha per tutti il medesimo significato e lo stesso valore.
Salute e morte filtrate dalle disparità economiche.
Legate a questi aspetti ci saranno ulteriori conseguenze come la questione della serenità psicologica: condizioni simili (non ci vuole un genio per capirlo) pesano differentemente sulla psiche e sulla salute di una categoria sociale piuttosto che di un’altra. Il coronavirus farà quello che ogni disgrazia nel mondo, voluta dall’uomo o meno, ha sempre provocato, ovvero una ulteriore frattura sociale, una differenziazione ulteriore tra la base della piramide ed il suo vertice.
E parliamo pure della morte
Viviamo in uno dei paesi con il migliore servizio sanitario pubblico, concepito come democratico e quindi potenzialmente aperto a tutti, ma non ci vuole molto a pensare che, a lungo andare, come già avviene in tanti altri paesi non necessariamente più arretrati, ma anche in nazioni come la Gran Bretagna, le cose cambino, e tutto possa precipitare in nuove ed estreme forme di elitarismo. In condizioni simili, quindi, in balia di epidemie come il COVID-19 e altre che potranno farsi strada in futuro, non ci vuole molto ad asserire che, di fronte alla lotta per la sopravvivenza, chi potrà comprarsi delle cure si salverà, gli altri forse no. Ed è così che un nuovo medioevo tornerà a bussare alla nostra porta…