Questa estate in Albania c’è stato un “boom” di turisti da tutto il mondo. Da nord a sud la lingua che si sentiva di più era quella Italiana.
Giornali e quotidiani di fama mondiale consigliano di andare a vedere le meraviglie di questo paese.
Televisioni e media nazionali lodano l’attuale classe politica mostrando nuovi successi e traguardi raggiunti ogni giorno.
Recensioni a cinque stelle piovono su questo piccolo lembo di terra, grande quanto la Sardegna, che sta cercando di affermarsi nel settore turistico offrendo quello che la natura le ha regalato.
Un paese in crescita, dove nuove costruzioni emergono giorno dopo giorno. Torri futuristiche spuntano come funghi nelle città dell’Albania, l’edilizia corre velocissima mentre uomini e mezzi sembrano formiche operaie.
Io sono un ingegnere civile ed esercito la libera professione in Italia. Mi occupo quotidianamente di sicurezza nei cantieri, prevalentemente in appalti pubblici. Oggi vi racconto quello che non troverete in rete, che non viene riportato nei media e social-media albanesi. Quello che tutti vedono nella vita di tutti i giorni ma nessuno ha il coraggio di denunciare, la mancata applicazione delle norme di sicurezza nei cantieri e l’inesistenza del controllo da parte delle autorità.
Sapete, non è per niente facile criticare il proprio paese, la città in cui sei nato e hai lasciato il tuo cuore e dove, magari, un giorno pensavi di tornare.
Però, davanti a certe cose non puoi fare finta di niente, non puoi girare la testa dall’altra parte e semplicemente lasciare correre. Soprattutto se questo succede, nel 2018, a Tirana, capitale di un paese candidato per l’Unione Europea. Il tutto ha luogo in pieno centro, nella piazza principale, gioiello dell’architettura moderna ed il più grande (e caotico) cantiere di manodopera della città.
E allora ho deciso di documentare la storia delle mie vacanze estive, che non è quella tipo, che si vede sui social, sole-mare-relax e le meraviglie della costa albanese. No, questa è una storia di tristezza, sgomento e incredulità. Ho visto cose che i miei colleghi Europei non possono nemmeno immaginare.
Ho visto un paese dove la vita degli operai viene messa in pericolo, dove le minime norme di sicurezza nei luoghi di lavoro non esistono e dove la cultura della sicurezza è ancora indietro anni luce. Anzi, è il concetto proprio di sicurezza che non esiste.
Un paese dove gli organi che devono garantire la salute e la tutela dei lavoratori sono inadeguati e la vita del cittadino viene messa in pericolo dall’ignoranza in materia degli attori preposti.
Ma tutto questo in Albania è normale ed è proprio questo che stupisce di più. Sembra che non venga percepito il senso del pericolo e si è totalmente indifferenti alla nozione del rischio. Le misure di protezione e prevenzione sono semplicemente un costo perciò non vengono applicate.
Perfino per gli ingegneri della vecchia scuola questo è normale. Secondo loro non è mai successo niente e se succedesse sarebbe colpa dell’operaio, che avrebbe dovuto stare più attento. Allora è cosi che in mancanza di norme, regole e controllori si finisce generando caos e disordine nonché un senso di disaggio per chi osserva in dettaglio.
Un regno di caos, dove nessuno fa niente e nessuno si preoccupa di niente, dove l’incolumità altrui è un problema marginale perché l’unico obbiettivo è quello che rende schiava l’umanità da secoli. Il Dio Denaro, venerato da imprenditori e politici, tutti lo vogliono, subito e a qualsiasi costo. Niente dovrebbe rallentare la corsa al profitto, neppure l’incolumità dei lavoratori.
Ho visto ponteggi (non so se è logico chiamarli cosi), di fronte agli uffici del palazzo comunale, installati da un aspirante suicida, mentre in basso la propaganda fa il suo sporco dovere.
Ho visto ponteggi dove, per risparmiare, si usa installare solo una tavola e dove un singolo passo indietro fa la differenza tra vita o morte. Accessori come parapetti di sicurezza, diagonali, cancelletti di chiusura e tavole ferma-piede sono del tutto superflui.
Cavi elettrici giuntati con nastro adesivo con anche inserimento di prese di serie civile vengono lasciati incustoditi nelle aiuole, mentre l’ignaro operaio comunale innaffia le piante con ingenti quantità di acqua. Intanto anziani e bambini passeggiano tranquilli verso una probabile elettrocuzione.
Macchine di movimento terra fanno manovra in piazza senza nessun coordinamento, sprovviste di alcuna sorta di protezione del percorso pedonale o recinzione mentre le persone ci camminano a fianco.
Operai lavorano giorno e notte, senza alcuna protezione a venti metri di altezza mentre osservando dal basso sembra tutto normale.
Ed è qui, dietro la FACCIATA, che si nasconde il male, il pericolo, la morte. Allora capisco che in Albania la vita di una persona vale meno del costo di montaggio di duecento metri quadrati di ponteggio.
La sicurezza dei lavori in quota si vede anche nelle situazioni dove si opera sopra trabattelli e muri alti più di due metri. Non esiste alcuna forma di protezione e si lavora incuranti della propria incolumità o di quella dei passanti.
Ci sono anche cose belle a Tirana, è il caso dell’area del Hotel Tirana, simbolo della città, ormai zona pedonale dove ci si incontra per prendere un gelato con i bambini. Ma anche qui, il gelato non te le godi, perché non puoi abbassare la guardia, devi correre dietro alla prole che altrimenti può finire dentro un tombino lasciato senza coperchio.
Finite le vacanze torno in Italia, deluso e amareggiato da tutto ciò, illudendomi che un giorno tutto questo dovrà finire. Torno in Italia è capisco quanto sono fortunato. Fortunato di aver studiato e di esercitare la professione in un paese che mette la PERSONA come priorità. Un paese dove gli oneri di sicurezza sono dovuti per legge e non si possono ribassare, dove l’analisi dei rischi è obbligatoria e tutto deve rispondere al testo unico sulla sicurezza.
Un paese dove per poter progettare e dirigere un opera pubblica devi aver conseguito innumerevoli corsi con relativi aggiornamenti, dove la formazione e l’informazione sono obbligatorie. Un paese dove i progettisti, direttori di lavori, coordinatori, preposti e datori di lavoro, se sbagliano, sono responsabili penalmente.
L’Albania è ancora molto lontana da tutto ciò e sono necessarie urgenti misure di contrasto a tale fenomeno. Con la speranza che questo aspetto venga messo in cima alla lista delle priorità delle attuali amministrazioni e che la cultura della sicurezza, quella vera, quella Europea, venga trasmessa alle generazioni future. Cosi che i figli di questa amata terra delle aquile non debbano volare altrove.
Dott. Ing. Oltis Dallto