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Valzer del tramonto

di Pietro Tarozzi
08 Febbraio 2010
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Valzer del tramonto
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In questi giorni di tran tran pre-elettorale un’immagine mi rincorre nella mente.

Vedo un bel ballo di gala, uno stanzone sfarzoso sullo stile della Versailles di Louis XIV, pacche sulle spalle, ammiccamenti e strette di mano. Onorevoli, eccellenze, cavalieri e senatori; valzer di poltrone.


Si gira così. Posti nei listini in cambio di assessorati o incarichi chiave nei consigli di amministrazione. Qualcuno riesce anche a sdoppiarsi, sindacoministro o ministrosindaco e una delle due parole entrerà di diritto nel prossimo vocabolario Garzanti della lingua italiana.

Ci sono le regioni, la posta in palio è alta. Dove volteggiano le poltrone roteano anche i denari, tanti, sanità e rifiuti in cima alla lista ma non sono gli unici, il cemento è dietro l’angolo.Versailles è distante, un mondo a parte, è un gioco vecchio, cieco, rotto.

Non è più il tempo.

Dalla reggia non se ne sono ancora accorti, non c’è  visuale in quelle stanze.

Teatrino autoreferenziale.

Manca un progetto, un’idea di sviluppo, un orizzonte.

Manca la politica. Quella oggi, diventa fatto privato, tutti si mettono in proprio, è affare MALaffare.

Ogni regione è un piccolo feudo da accaparrarsi ognuno con il proprio specifico sistema di potere. La rotta è quella degli ultimi 15 anni, flessibilità e privatizzazioni e i tanti che pagano questo processo di accumulazione.

Intanto, lontano da Versailles, il paese si trasforma, saracinesche chiuse panorama di un’industria a elettrocardiogramma piatto, rivolte di schiavi, (Rosarno) scene di un’America anni 50 catapultante direttamente in un oggi dall’alito passato, lavoratori sui tetti con la cassa integrazione che è agli sgoccioli. Il mondo della cultura e dell’istruzione ricoperto di stracci, tagliato dal bilancio si aggira per l’Italia con le sembianze di un barbone attaccato al collo della bottiglia.

Due anni fa ho visitato l’Albania e non credevo che il processo di avvicinamento verso tale realtà potesse essere tanto rapido.  Vite che si arrangiano sui tavolini dei bar davanti ad un caffè e Mercedes luccicanti di qualche arricchito che si mostrano per le vie.

Quella realtà dove è chiara l’idea, anche se mai dichiarata che se si vuole avere qualche soldo in tasca la via migliore è quella dell’illegalità, tuttalpiù dell’immoralità.

Somiglianze con l’Italia 2010 dove il lavoro viene calpestato, trattato come merce, privato di ogni dignità. Manager e banchieri dalla filosofia facile “prendi i soldi e scappa”. Ladri di polli con qualche dollaro in più.

Aspettiamo il vostro tanto promesso sviluppo.

Nel mentre vedo il valzer proseguire con le solite note che chiedono un voto in cambio della promessa di qualche vigile urbano militarizzato in più per le strade di una provincia ancora per poco denuclearizzata. Gli invitati al gran galà sono sordi alle istanze di una società che ha sempre più bisogno. Titolari convinti dei gangli dello stato, estranei ormai a tutto se non a loro stessi, avulsi alle regole più semplici di governo, la prima delle quali è che quando manca il tempo per ascoltare manca anche il tempo per governare.

Daltra parte i partiti non esistono più se non sotto forma di nebulose vaporose con tanti capetti  che si muovono solo tramite sponsorizzazione e pochi iscritti. Le idee sostituite dai pensatoi, vere e proprie fabbriche della comunicazione operanti solo per coprire il silenzio di un vuoto. Entità extraterrestri da ricercarsi sotto la voce fondazioni che si traducono in un mix di siti internet, costosi convegni, quaderni, meeting e summer school.

Così se cerchi una strada, una discussione, non c’è diventa fumo anche quella, si degrada.Vivere in questo paese è come essere seduti sul sedile di una Ferrari che invece di tramutare tutta la sua potenza in velocità la scarica a terra, con le gomme che si consumano sull’asfalto senza che la macchina si muova di un millimetro.

È l’ingranaggio inceppato, si gira a vuoto costretti a gettare le energie in un’immondizia senza riciclaggio. E la frase che ronza per la testa è sempre la stessa. Basterebbe così poco.

Reinventare, ricalibrarci nel bel mezzo della crisi più profonda dopo quella del 29.

Allora temo che seguirò il consiglio di quel giovane cantautore ferrarese…..sarà la prima volta che non andrò a votare, sarà la prima volta che non andrò a puttane… nunveregghepiù aggiungerei.   Tanto non saranno i voti ad arginare il razzismo, l’ignoranza e le camice verdi.

Duole dirlo ma gli italiani sono ormai un popolo vecchio e stantio, rincoglioniti da 30 anni di falsa abbondanza hanno smarrito la bussola e ogni virtù. Bisogna sapere che il bene e il male sono una questione di abitudine, che l’esterno col tempo penetra all’interno e che la maschera a lungo andare diventa volto.

Intanto aspetto un vento nuovo, una sottile brezza soffia dalla Puglia e attendo con ansia il 1 Marzo con lo sciopero degli immigrati .

Forse il primo atto verso una vera integrazione, dove i migraniti sono i maestri e noi gli scolari.“Avrei voluto allontanare il più possibile, evitarlo, se si poteva, il momento in cui i barbari dall’esterno, gli schiavi dall’interno si sarebbero avventati su un mondo che si pretende essi rispettino da lontano o servano dal basso, ma i cui benefici sono a loro interdetti”

Adriano, imperatore romano.
Argomenti: AlbaniaCorruzione AlbaniaImmigrazione AlbaneseRosarno
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