Mi capita spesso di leggere articoli sull’Albania scritti da giornalisti che non conoscono il Paese ma semplicemente ci hanno soggiornato per alcuni giorni. L’ultimo di questi riguarda il giornalismo albanese: Jean-Pierre Tailleur, di EditorsWeblog, si dice impressionato dal numero di giornali che circolano sul mercato albanese, al punto che nel titolo del suo articolo definisce l’Albania il “Paese dei sogni” per quanto riguarda il numero dei periodici.
In realtà, invece, come spesso accade, la quantità non è affatto sinonimo di qualità. E nemmeno di pluralità delle fonti, specialmente in un mercato come quello albanese dove i media si copiano a vicenda quasi apertamente.
Anche il fatto che le Tv in Albania dedichino ampio spazio alla rassegna stampa – come Tailleur racconta nel suo pezzo – non è indice di un ruolo importante dei quotidiani nella società. Esso è semplicemente un modo per nulla costoso di riempire spazi televisivi, in un Paese dove le Tv sono comparse come i funghi dopo la pioggia ma che non hanno niente di interessante da offrire al loro pubblico.
Riuscite ad immaginare sulla CNN o BBC un programma di cucina come quello che l’emittente “all news” di Tirana, News24, manda in onda di mattina?Tornando ai giornali, essi sono semplicemente dei mezzi per esercitare pressione nelle mani dei loro proprietari che curano anche altri affari, spesso nel campo edile. E se il nulla osta da parte del Comune non arriva, un mese di attacchi nei confronti del sindaco sono più che sufficienti per risolvere il problema.
Come racconta anche l’autore, “due dei tre uomini d’affari che crearono Panorama nel 2003, attivi nell’edilizia, si allontanarono poco dopo per lanciare sul mercato i loro quotidiani, Tirana Observer e Metropol”. Forse perché gli interessi dei tre erano talmente diversi che l’amico di uno era il nemico dell’altro?E’ risaputo che molte delle testate albanesi preferiscono tenere un prezzo in edicola basso nonostante il rosso in bilancio. Perché maggiori sono le vendite, più forte diventa la pressione esercitata dagli editori. Alcuni anni fa ci fu anche un dibattito pubblico tra i quotidiani Gazeta Shqiptare (di proprietà italiana, prezzo più alto delle concorrenti) e Shekulli (prezzo basso, conti in rosso, arma fortissima). La prima chiedeva una legge per la stampa che stabilisse delle regole di gioco oneste per tutti, ma da allora niente è cambiato.
In queste condizioni, l’indipendenza economica (che in un certo senso garantirebbe anche quella giornalistica) non viene sostenuta nemmeno dagli introiti pubblicitari, la cui fetta più grande proviene dallo Stato e non dai privati. E prima di attaccare il potere, ti devi fare per bene i conti in tasca.
Perciò, l’autore dell’articolo in questione non si deve stupire del fatto che nella stampa albanese, escluso il caso di Gazeta Shqiptare, non ci siano investitori stranieri.
Affermare, poi, che Panorama negli ultimi anni abbia superato Shekulli in quanto copie vendute, mi sembra un po’ senza senso. Specialmente quando la tua “fonte” è un signore anziano che vende roba vecchia in un bazar di Tirana. E questo non tanto per colpa del giornalista ma perché non esiste nessuna fonte ufficiale dove chiedere informazioni.
Più o meno la stessa cosa di ciò che avviene con le Tv: in assenza di una specie di Auditel, tutte sono le più guardate e i loro programmi i più seguiti. Sarà che gli albanesi hanno sviluppato qualche strana capacità di guardare 4-5 emittenti diverse contemporaneamente!