Il pacchetto Sicurezza approvato dopo un lungo travaglio, nasce dall’esigenza di dare risposte concrete anche al “problema” dell’immigrazione trattato in maniera non veritiera. Spesso, la si identifica come causa prima del degrado urbano e sociale. Non si può negare l’esistenza di conseguenze derivanti dall’immigrazione, così come non si può ignorare l’incapacità dello Stato nel gestire un simile fenomeno.
Le proposte fatte fin’ora e le leggi approvate in merito, incluso il pacchetto sicurezza, hanno avuto come obiettivo quello di arginare “l’invasione straniera”, ignorando l’evoluzione dell’Italia verso la multiculturalità. È impensabile avere leggi che non riconoscono questa realtà di fatto. Si determinano cosi situazioni di disagio che nel lungo periodo potrebbero sfociare in veri e propri conflitti sociali. Inoltre, se i principi con i quali si governa una nazione sono la giustizia e l’uguaglianza, non si può legiferare escludendo totalmente dalla vita politica i soggetti oggetto delle decisioni parlamentari, in questo caso i migranti.
L’iter informativo del pacchetto sicurezza
La necessità di distrarre l’opinione pubblica dalla crisi economica individuando un nemico su cui riversare il disagio, e la propensione tutta italica a trattare temi sensibili con distaccato interesse politico, ha trasformato i mass-media in macchine da allarmismo sociale.
Per un anno circa, le strade italiane sono diventate carceri a cielo aperto dove gli stupratori d’Europa si erano riuniti per infastidire donne italiane, ovviamente questo a detta dei telegiornali.
“Che ci fosse buona fede” nel modo di trasmettere le notizie, è palesemente falso. Basti pensare che i delitti compiuti da stranieri erano “efferati”, mentre quelli compiuti da italiani erano semplicemente “delitti”.
Normalmente, dopo la descrizione della modalità “dell’efferato delitto”, seguivano interviste d’opinione a italiani esasperati che si lamentavano degli “stranieri”. Per bocca di semplici cittadini, in maniera implicita, il delitto diveniva in questo modo un’accusa verso l’intera comunità dei migranti.
Oltre ai termini usati, un ruolo fondamentale è stato svolto dall’immagine. I mostri sbattuti in prima pagina sono stati quasi esclusivamente stranieri, mentre ci si è appellati alla “sacrosanta” privacy quando si è trattato di italiani che aggredivano immigrati come nel caso dei vigili di Parma che hanno picchiato Emmanuel Bonsu.
Conseguenze dannose dell’informazione italica
Quanto l’opinione pubblica sia stata influenzata da questo modo di fare informazione, è misurabile anche dai gruppi che con tanto entusiasmo sono stati condivisi su Facebook immediatamente dopo una notizia di cronaca riguardante i migranti. Un esempio? Il gruppo “vogliamo linciare i 5 rumeni di Guidonia….metteteli in piazza” ha oltre 6 mila fans.
Si è poi passati ad atti razzisti di violenza, l’ultimo dei quali a danno di un ragazzo congolese di Roma. Oltre alla codardia di questi individui, scappati prima che arrivasse la polizia, stupiscono le loro parole: “facciamo la volontà del governo”.
Un governo che non intende in nessun modo contribuire ad atti di stampo razzista prenderebbe subito le distanze da simili affermazioni senza minimizzare. Il silenzio delle istituzioni può essere interpretato da chi si crede di fare il giustiziere come un’ autorizzazione tacita alle loro deplorevoli azioni.
L’immigrazione, un problema di ospitalità
In Italia c’è un problema immigrazione e continuerà ad esserci finché, come ha affermato il senatore leghista Federico Bricolo nell’aula di Palazzo Madama, il 2 luglio scorso, lo straniero senza la cittadinanza, ma comunque in regola con tutti i documenti, verrà trattato come ospite.
A livello fiscale ed economico, il termine “ospite” non ha alcun senso. Infatti, chi vive regolarmente in Italia paga le tasse. Sappiamo bene chi non le paga tant’è che per favorirli, è stato abolito il reato di falso in bilancio.
A livello sociale, il termine “ospite” mostra una interpretazione della realtà ormai obsoleta.
Poniamo il caso di uno straniero che vive in Italia dal 1991, ha frequentato le scuole italiane dall’infanzia, lavora qui ed è perfettamente integrato, ma non ha la cittadinanza. Lo possiamo considerare un ospite?
Danni ideologici e sociali di una simile sicurezza
Ritorniamo sul tema della sicurezza. Il ministro Maroni, in un intervista rilasciata al quotidiano Libero, sembra indignato dalle accuse di razzismo derivanti da più parti.
Con molta ingenuità si può anche concepire il tema sicurezza come riferito a chi risiede in Italia senza documenti, invece il pacchetto sicurezza comprende anche norme relative a chi regolarmente soggiorna nel Paese, modificando la legge Bossi-Fini e introducendo nuove norme. In questo modo, a livello concettuale, la legge fa diventare una questione di ordine pubblico tutta la “categoria” degli stranieri.
Il confinamento degli stessi a “massa unica e indistinta” è testimoniato anche dall’uso che verrà fatto con gli introiti ottenuti dalla tassa di 200 euro per il rinnovo del permesso: saranno utilizzati per il rimpatrio dei sanspapiers.
Non vi è nessun legame tra chi soggiorna in Italia e chi arriva “clandestinamente”, eccetto la nazionalità. Un tempo, il suddividere gli individui unicamente in base alla nazionalità, si sarebbe chiamato razzismo.
I fondi da questa tassa ingiusta, si potevano usare per realizzare strutture destinate all’integrazione. Infatti, in Italia istituzioni simili non esistono, esclusi i centri di prima accoglienza. I pochi enti che sostengo l’integrazione, quali la Caritas, non vedono di sicuro in primo piano l’impegno dello Stato.
Per mostrare la faccia “cattiva” si sono prodigati a sottolineare le pene previste per chi affitta alloggi a immigrati senza documenti. In linea teorica è una precisazione superflua perché, classificando la clandestinità un reato, chiunque la favorisca in qualsiasi modo è punibile.
Tuttavia è stato approvato il silenzio “a norma di legge” per l’uso della manodopera in nero.
Altra novità, le ronde
Si potrebbe parlare di ausiliari della sicurezza se effettivamente ricoprissero questo ruolo. Il taglio dei fondi alle forze dell’ordine, obbliga a pensare alle ronde come sostitutive degli organi statali di controllo del territorio.
Inoltre non dimentichiamo che, essendo state approvate insieme alle leggi sull’immigrazione “clandestina” e non, sembrano una risposta al mostro straniero.
È evidente che, anche “l’Accordo di integrazione” che sarà necessario firmare nel momento in cui si richiede il permesso, parte dal presupposto che “Loro” si recano qui in Italia solo per infastidire e non per integrarsi.
Sono state quindi approvate leggi sull’immigrazione senza coinvolgere per niente nell’iter della loro formazione i soggetti che li riguardano e condizionano la vita in prima persona, cioè i migranti. Eppure, la popolazione immigrata rappresenta il 6% dell’Italia e, strano a dirsi, non siamo analfabeti o menomati mentali.
Probabilmente lo stato considera il fenomeno dell’immigrazione nel suo complesso come una colpa paragonabile a qualsiasi reato di tipo penale. Infatti, solo in simili casi è ammissibile che la stesura della legge avvenga senza una ampia collaborazione e coinvolgimento della controparte, fatti i dovuti distingui e nel pieno rispetto dei diritti umani.
Sul lungo periodo una società multietnica sopravvive attraverso la contrattazione, che non vuol dire disconoscere la propria cultura, ma garantire i diritti, nel rispetto dei doveri, alle altre culture.