Il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il decreto legge che contiene le norme antistupri, messo a punto dal ministro dell’Interno Roberto Maroni. Il provvedimento, come annunciato, istituisce le ronde, a cui – più che i semplici cittadini – dovranno partecipare prevalentemente “ex agenti di polizia, dei carabinieri e delle forze armate: sono modifiche proposte da An e approvate da tutti”, come ha precisato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Questa è l’apertura dell’articolo sulle ronde del quotidiano la Repubblica del 20 febbraio scorso.
L’Italia è un paese democratico con alla base una carta costituzionale fondata su diritti e doveri dei cittadini. Ultimamente nel bel paese è aumentata notevolmente la percezione dell’insicurezza, perché è di questo che si tratta. Come capita frequentemente in questi casi c’è sempre l’urgente bisogno di individuare un capro espiatorio. L’angoscia nei confronti del diverso, dell’invasore, serve a focalizzare le paure e le insicurezze dei cittadini verso un “nemico comune” e in un certo senso, svia dai reali motivi di inquietudine che derivano da periodi di crisi economica, politica o di sfiducia nelle istituzioni.(questa è quanto sostenuta da larga parte della letteratura occidentale). Questo principio è valido anche per l’Italia.
In questo processo, il ruolo da protagonisti va sicuramente ai mass media che creano la fobia dell’immigrato, sottolineando e presentando tendenziosamente le notizie di cronaca nera. Allora ecco che nasce l’imperativo di un bisogno riscoperto del nuovo secolo: la Sicurezza. Imperativo ormai indiscusso in tutti i salotti politici, culturali, economici. C’è chi ha visto aumentare il proprio consenso elettorale giocando a man bassa proprio su questo tema più che strumentalizzato. Leggendo i giornali ultimamente sembra che ogni giorno un romeno, e fino a qualche tempo fa era albanese, maghrebino, stupri una donna italiana. Tutti i dati ci dicono invece che la maggior parte delle violenze avviene dentro le mura della propria casa, spesso ad opera di mariti, amici, parenti e conoscenti. Nel ragionamento globale che si fa del fenomeno si esula dal problema vero, cioè la vulnerabilità della donna e il suo essere considerata come oggetto, per spostare l’attenzione sui carnefici e sulla loro appartenenza etnica o nazionale.
In uno stato di diritto ognuno ha dei compiti precisi, e in questo ambito la carta costituzionale parla chiaro: la sicurezza nel territorio della repubblica italiana è garantita dalle forze dell’ordine. Questo principio ed esclusività che le forze di polizia hanno, rende la loro azione autorevole, efficace ed autorizzata.
Ecco allora che “il popolo” reclama sicurezza, giustizia e come risposta a questi bisogni si autorizzano con un decreto legge le cosiddette ronde. In questo modo è come se si ammettesse che il sistema del controllo e della gestione della forza pubblica non esistesse e i tantissimi appartenenti alle forze dell’ordine, che fanno un lavoro encomiabile, non facessero il loro lavoro.
In una normale convivenza civica se un cittadino assiste ad un’ episodio che reputa illegale, deve segnalarlo alle forze dell’ordine, fare in modo di rendere più dettagli possibili per aiutare chi è preposto alla gestione della forza pubblica, a fare il suo lavoro al meglio. Fatto questo il cittadino ha assolto in pieno il suo ruolo; il resto non compete più a lui. Perché bisogna autorizzarlo per legge a sostituirsi all’attività di controllo del territorio pubblico? In uno stato di diritto non c’è bisogno. Le squadre, le ronde esistevano durante il ventennio fascista, quando c’era una confusione sui ruoli e quando il bel paese era sotto un regime non democratico, quindi non in libertà democratica.
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