La comunità albanese è tra le più numerose d’Italia e con le sue 400.000 presenze (dati Caritas 2008) si colloca al secondo posto, rappresentando il 12% dei migranti regolari residenti sul territorio nazionale. La maggio parte dei migranti albanesi vive nel Centro Nord e una minoranza nelle regioni del Sud e nelle Isole.
L’immigrazione albanese si può considerare ormai radicata e in una fase di progetto migratorio avanzato. Infatti, molti migranti hanno ottenuto il titolo di soggiornanti di lungo periodo. Questo status consente loro il godimento di alcuni diritti in più rispetto a chi è titolare di un permesso di soggiorno normale. Sono quasi equiparati ai cittadini italiani e a quelli comunitari, ad eccezione dei diritti politici, dell’elettorato attivo e passivo, del diritto di essere assunti nell’amministrazione pubblica, ecc.
La legge attuale non lascia spazio ad equivoci: per poter godere di quest’ultimi diritti bisogna essere cittadini italiani.. Sulla questione dell’accesso al pubblico impiego sono stati compiuti passi importanti in avanti. Lo dimostra la sentenza della Corte di Appello di Firenze sull’esclusione di un medico albanese, aspirante dirigente presso l’ospedale di Carreggi. I giudici hanno ritenuto discriminatoria la sua esclusione dal concorso per dirigente medico e di conseguenza hanno ordinato l’ammissione del cittadino albanese Gentian M.
Il nodo irrisolto rimane la partecipazione alla vita politica, almeno a livello amministrativo. Il diritto di elettorato attivo e passivo è stato riconosciuto ai cittadini non comunitari alle elezioni amministrative in Irlanda (dal 1963), Svezia (dal 1975), Danimarca (dal 1981), Olanda (dal 1985), Norvegia (dal 1993), Belgio (dal 2004), ecc. Il periodo di residenza richiesto in questi paesi va generalmente dai 2 ai 3 anni, mentre per l’Irlanda bastano 6 mesi.
Ultimamente le voci per un possibile apertura sul diritto di voto sono venute da più fronti della politica italiana. Il Presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini ha detto recentemente che “Il diritto di voto amministrativo per alcune categorie di stranieri residenti in modo regolare e da un certo numero di anni in Italia non va visto né come ipotesi sciagurata né come garanzia assoluta di integrazione”, creando scompiglio nel panorama politico italiano. Non è la prima volta che l’ON Fini si esprime favorevole alla concessione del voto amministrativo per gli stranieri soggiornanti di lungo periodo.
Lo fecce nel 2003, quando vestiva i panni di vicepremier dicendo: “Sono maturi i tempi per discutere dei diritti al voto per gli immigrati almeno in sede amministrativa”, scatenando anche all’epoca una levata di scudi da parte del resto della maggioranza. Ovviamente non è il presidente della Camera che fa le leggi e di conseguenza può esprimere tutti i “pareri personali” che vuole senza influenzare chi poi di fatto esegue l’azione legislativa. Resta il fatto che una delle leggi più maldestre della storia italiana sull’immigrazione porta comunque il nome di Fini come coautore, insieme al leader del Carroccio, Umberto Bossi. Attualmente nel panorama politico si sono schierati a favore di un’apertura sul diritto di voto amministrativo, i partiti di sinistra, il Partito democratico; possibilisti i partiti di centro.
Sono contrari a queste apertura il PDL e l’Italia dei Valori. Bisogna sottolineare di come alcuni esponenti più liberal del centro destra, come della Vedova, Capezzone ed altri siano comunque d’accordo in linea di principio con la proposta.
Partecipare alla vita pubblica delle comunità in cui si vive, penso che debba essere una condizione indispensabile per il miglioramento di un processo di integrazione che stenta a decollare del tutto. Partecipare alla gestione del territorio nel quale si vive, si pagano le tasse, si istruiscono i figli, si creano famiglie e si lavora, sia un diritto che tutti dobbiamo essere messi nelle condizioni di poter esercitare.
In alcuni comuni gli immigrati costituiscono percentuali importanti ed avere il diritto di voto amministrativo significa potersi far ascoltare dagli amministratori e poter aspirare a diventare amministratori di tutti e non solo dei migranti.