Una delle pecularita’ dell’essere umano e’ stata ed e’ ancora quella di migrare, intraprendere un percorso, in una terra nella maggior parte dei casi sconosciuta, dove sei spinto inconsciamente, e dove l’altro e’ il tuo concetto di supporto.
In un’epoca come quella che stiamo attraversando, di totale apertura e di contaminazioni interculturali, diventa una necessita’ riflettere sulla diversità di questi “nuovi arrivati”, e su come gestirli.
Il Consiglio d’Europa, che ha allargato il suo campo di riflessione al tema dell’alterità, mostra come le migrazioni internazionali siano l’espressione dei profondi mutamenti sociali, demografici, economici, politici che caratterizzano la società contemporanea.
La presa in considerazione di questi mutamenti di profilo socioculturale ha orientato i lavori del Consiglio d’Europa verso l’educazione di tutti contro l’intolleranza, verso la scoperta del mondo, l’interdipendenza fra i paesi, la solidarietà e la comprensione internazionale, lo sviluppo e la cooperazione, i diritti dell’uomo ed i valori democratici, la pace.
La riflessione sull’educazione interculturale è rivelatrice della progressiva scoperta degli stretti legami esistenti fra riuscita di questo progetto e la presa in considerazione dello status giuridico, socioeconomico e politico dei migrati. Solo una volontà politica generale di considerare le popolazioni migrate come parte integrante della società può offrire al progetto educativo delle vere possibilità di riuscita. Tuttavia, la posizione socio-economica e politica del migrato è carente di fronte a questa prospettiva d’educazione interculturale e richiede maggior sforzo da parte di chi cerca la tolleranza, la solidarietà, lo sviluppo e la cooperazione.
Le politiche migratorie non sono sempre state così accurate come quelle portate avanti dall’attuale Consiglio d’Europa, anche se con certe sfumature e limiti d’efficacia. Il sentiero che porta all’educazione interculturale, ciò che richiama al “dialogo”, non può essere condizionato in nessun modo, poiché, prima di tutto non c’è una condivisione, e, secondariamente, comporta commensurabilità fra le diverse culture che potrebbe tramutarsi in conflitto dove non si sa di chi è la colpa.
Lasciando un attimo da parte le considerazioni sulla capacità di gestire la nuova società multiculturale dell’unione Europea, volevo fare un breve riassunto sui percorsi culturali adottati dalla società occidentale nei confronti dell’immigrazione globale.Vi descriverò adesso, in maniera semplificata, le diverse politiche migratorie utilizzate nel corso degli ultimi anni nei principali stati occidentali o meglio in quelle società dell’etnocentrismo moderno, in cui, dopo la decolonizzazione, il flusso migratorio è stato più consistente.Una parte della società occidentale ha applicato agli inizi del periodo postcoloniale, e continua tuttora, una politica migratoria d’assimilazione, ciò vuol dire, in parole povere, che al gruppo etnico o agli immigrati è richiesta l’accettazione della cultura dominante. L’assimilazione non è mai avvenuta ed ha avuto un totale esito negativo, poiché non si può mai assimilare un’identità culturale costruita nel corso dei secoli.Un’altra forma che la cultura politica dell’etnocentrismo moderno ha generato è la cosiddetta fusione. Esiste uno spazio culturale nel quale tutte le culture possono convivere. Però quello spazio già menzionato prima non è neutro, ma è il contenitore dei “valori americani”, è il Melting Pot. Si comprende subito che pure in questo caso, il fallimento è immediato poiché non è possibile imporre i valori della cultura dominante alle minoranze o ai vari gruppi etnici. Qui ci troviamo di fronte a uno dei tanti paradossi della società differenziata per funzioni (Luhman.
N, sociologo e filosofo Tedesco ancoravivo), da una parte c’è la nazione americana, figlia di un pluralismo culturale e religioso, dall’altra la volontà e la consapevolezza di andare al di sopra delle altre diversità culturali.
E infine troviamo il Pluralismo tollerante, la forma culturale che capeggia fra le tante altre sottospecie. Questa è la forma essenziale sulla quale poggiano oggigiorno le grandi idee politiche su come creare la società globale.
Tollerante: non ci piace, però la accettiamo lo stesso. Indubbiamente questa considerazione è uno dei presupposti dell’etnocentrismo moderno su cui si basa la società occidentale ed in particolare quella americana. Affrontare il mondo contemporaneo, delle migrazioni di massa, secondo queste considerazioni è un passo che ha portato all’interno della società occidentale tanti conflitti.
Pluralismo tollerante, vuol dire anche – accettazione su base etnica della diversità -, creato dal movimento dei diritti di uguaglianza dei neri in America, sotto la guida del pastore Martin Luther King (pastore della chiesa Battista), e quello dei musulmani neri sotto la guida di Malcolm X, che rivendicavano i diritti di gruppo, di differenziazione e d’autonomia di professione della loro fede.
In questo caso è stato decisivo la rivendicazione dei diritti dei Black Americans, ma pensiamo agli altri gruppi, o alle altre minoranze migratorie, che non hanno la possibilità d’agire, e che sono esposti a diverse forme di discriminazione sociale. Diventa molto rilevante che a ogni azione rivolta alla protezione dell’identità culturale, sia affiancata la corrispondente azione politica, che aiuti alla costruzione di una società basata sul rispetto della diversità culturale e dell’armonia tra i diversi popoli.
Non si sa mai come va a finire in una società che sta andando verso la globalizzazione, verso quella società globale in cui i valori sono universali, o meglio i valori della società occidentale sono universali. Bisogna che le grandi nazioni della società differenziata per funzioni rispettino il pluralismo culturale, in modo che non nascano dei conflitti all’interno della stessa società che vuol essere universale. Indubbiamente non ci può essere una società globale dove non c’è il rispetto per le periferie, per le quali è molto importante l’integrazione in un clima interculturale.
Interculturale, non solo come aiuto e sostegno per rimuovere le difficoltà e i conflitti del momento, ma come apertura e intercomprensione reciproca.