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Home Notizie Opinioni

Del 21 gennaio del 2011 ricordo…

Antonio Caiazza di Antonio Caiazza
21 Gennaio 2012
in Opinioni
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Ricordo essenzialmente un fotogramma. Era una immagine in movimento, ma la rivedo ferma, bloccata. Un uomo con un ombrello . Lo brandiva, mi pare, davanti alla sede del governo. Poi la polizia sparò.

L’anno in cui l’Albania compì i suoi primi vent’anni di democrazia, fu segnato non da una festa, ma dal funerale di quattro albanesi, morti alla fine di una protesta. Fu l’epilogo di anni di tensioni, torsioni, contrasti, anni di taniche benzina rovesciate su istituzioni fragili, evanescenti.

Mi sono sempre rifiutato di rispolverare per questa Albania quel modo di dire che un tempo gettava mistero e rispetto sul piccolo Stato di là dell’Adriatico, “il Paese delle aquile”. L’Albania ufficiale aveva ben poco a che fare con la fierezza di questo uccello nobile e invincibile. Resisteva (e resiste, a fatica) l’Albania privata, generosa, affidabile, antica, e per bene. Quanto resisterà ancora?

In tutti questi anni, che avrebbero dovuto essere felici e lo sono stati ben poco, Albania e Italia si sono somigliate tanto. Ricordo che una volta, descrivendo l’Albania ufficiale, la sua politica, le sue tensioni, lo stile del suo primo ministro e il suo approccio nei confronti di giudici e giornalisti, mi sono fermato rendendomi conto che stavo semplicemente descrivendo l’Italia.Chi è stato il modello di chi? L’Albania ha copiato l’Italia, o Berlusconi s’è ispirato a Berisha?Osservando lo sviluppo della democrazia albanese, tante volte mi sono detto che se dall’altra parte dell’Adriatico ci fosse stato un paese stretto e lungo a forma di stivale e chiamato Germania, le cose sarebbero andate diversamente anche a Tirana. Invece quel paese è l’Italia e a sua immagine e somiglianza l’Albania libera s’è costruita. Con gli alberghi in riva al mare, le discariche abusive, i semafori lì ad accendersi e spegnersi per gioco, come a Napoli. (Niente paura, sono meridionale).

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E i politici a litigare, a strattonare magistrati e direttori di giornali, insultandosi in tv e al parlamento… il parlamento… ridotto a un talk show di quart’ordine. I faccendieri, i portaborse, gli autisti, i consiglieri… E le puttane, le ballerine a rallegrare questo circo Togni del potere. Che ha governato albanesi e italiani.

Voi avevate il comunismo. Noi una “democrazia bloccata”, come la chiamavano i politologi a causa di quel governo eternamente democristiano. Entrambi, voi e noi, dopo, siamo finiti nelle mani del circo Togni, con tutto il rispetto per gli uomini di circo che almeno, quando volteggiano al trapezio, rischiano in proprio.

Ma se Roma è stata in questi lunghi e squallidi vent’anni l’ispiratrice, involontaria, di stili e riti, eccessi e leggerezze di potere a Tirana, a Roma, da due mesi (sessantasei giorni oggi) qualcosa è cambiato.

Questo articolo si sta trasformando in un supplemento agli auguri per il 2012. Perché sto proprio andando dritto verso l’augurio di un signor Mali… la traduzione dall’italiano all’albanese rischia di ingenerare equivoci… ma Monti in albanese si dice proprio così, Mali.

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Servirebbe un presidente della Repubblica che abbia la forza per farlo. E servirebbe una comunità internazionale che, proprio come ha fatto con l’Italia, faccia capire chiaro e tondo che la misura è colma. Con l’Italia il lavoro sporco, sotto banco (non lo scopriremo forse mai) l’hanno fatto Francia e Germania, e forse anche da Washington, Obama, “l’abbronzato”, ha dato il suo via libera all’operazione “addio mr. B.”. Forse anche Pechino, chissà. Perché l’Italia non è la Grecia, ha una economia che nessuno può salvare, e se affonda si tira dietro tutta l’Europa, e con l’Europa anche qualcosa di più.

Una posta in gioco troppo alta per continuare ad ossequiare il principio di non ingerenza negli affari interni. “Al diavolo la non ingerenza”, si sarà detta frau Merkel, “se quello continua a pensare solo a scopare… sarà il disastro per tutti. Va rimosso!”. Detto in tedesco dev’essere molto convincente.

La comunità internazionale non è la congregazione delle Orsoline. Si muove a seconda dei propri interessi.

Un giorno forse sapremo perché l’Italia s’è mossa sempre così male in questi vent’anni con l’Albania. Solo la proverbiale leggerezza italiana? O l’Albania, questa Albania, è stata funzionale a certi interessi che a Roma contavano?

Sarebbe bello se quegli interessi oggi avessero le radici recise. Non lo credo, purtroppo. Ma forse Roma è in grado oggi, per la prima volta, di far partire segnali diversi verso Tirana. Non mi pare che il ministro Terzi sia già volato a Tirana e spero che lo faccia presto. E a Tirana vedranno che stavolta dall’aereo non scenderà nessun Lavitola.

Questo è il segnale che l’Italia può inviare. Se l’Italia è stato in modello, se nelle stanze del potere albanese sì è a lungo detto “lo fanno anche a Roma”, “funziona così anche in Italia”, prima che la crisi diventi fame nera, si trovi la maniera anche in Albania per dire “arrivederci e grazie, signori. La festa è finita”. Gli attuali dirigenti democratici e socialisti, gli stessi apparati dei due partiti, dopo vent’anni, vent’anni così, non hanno più nulla di nuovo. Sono vecchi. Hanno fatto il loro tempo. “Arrivederci, signori”. “Mirupafshim zoti B.”. E non solo lui, anche Rama, Meta…Dov’è il Signor Mali? All’Università di Tirana, alla facoltà di economia o di storia? O nelle istituzioni economiche nazionali? Alla Banca centrale? O all’estero, presso organismi internazionali? Da qualche parte dev’essere. Venga fuori. È il momento di questa Albania. È il momento che l’Albania per bene, quella che se n’è sempre stata zitta e in privato, diventi l’Albania ufficiale.

Tocca a Zoti Mali restituire rispetto e affidabilità all’Albania, e restituirle quell’appellativo perso, “il Paese delle aquile”.

In estate ci saranno le presidenziali. Chi potrebbe essere il presidente ideale di un’Albania credibile e stimata? E se Albania News lanciasse un sondaggio?

Argomenti: 21 gennaio 2011AlbaniaAntonio CaiazzaGoverno AlbaneseMario Monti

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