È un vento strano quello che spira sull’Europa, un vento nel quale l’eccezione si fa regola mentre le contraddizioni ribollono nel calderone dei pericoli. Diventata ormai fumo la parabola che vedeva nell’Unione Europea la nuova oasi del diritto, della democrazia; faro nel cavernoso mondo di barbarie poco rimane se non osservare la lenta discesa di quello che chiamiamo il vecchio continente.
Nulla è dato per sempre e a lungo andare, il logorio penetra anche i meccanismi più sicuri. Lo tsunami finanziario manifestatosi nel 2008 ha raggiunto le nostre latitudini dopo un quarto di secolo di risacca. La grande narrazione di un’Europa senza più barriere, paladina del diritto dei popoli e portavoce di progresso si è sciolta come neve al sole lasciando emergere quelle che considereremo le sue vere fondamenta.Una moneta, una bilancia di egoismi dalle patrie grandi e piccole e il progressivo divenire-mafia del capitale finanziario.
La recente sparata del governo danese sulla sospensione del trattato di Schengen che si aggiunge al teatrino franco-italico sulla scena degli sbarchi tunisini a Lampedusa costituiscono l’ennesima picconata a quei principi sui quali l’Unione europea si credeva fondata e che trovava nella libera circolazione delle persone uno di questi.
Nuovi venti di destra soffiano su un continente già spolverato da un establishment tanto incapace quanto rapace. Dietro a un’ostentato rispetto per i diritti – più sbandierato a favore delle agenzie di stampa internazionali che ricercato veramente tra architetture ideologiche e un ambigua nozione di pace e sviluppo – la nostra democrazia si è ridotta a semplice confronto di opinioni. Nulla di male. A ben guardare però le domande sorgono spontanee e i “se” si ripetono a disarticolare certezze perchè: se opinioni che negano l’uguaglianza tra gli uomini, il diritto all’istruzione, alla salute, a un lavoro e a un reddito dignitoso hanno leggittimità all’interno di questo confronto è difficile che dalla nostra democrazia fuoriesca qualcosa di buono. Non solo, se coloro che spacciano queste opinioni sono gli stessi alla guida delle nazioni e il linguaggio moderato e politicamente corretto coesiste con bombardamenti e lager preventivi l’Europa intera ha ancoramolto da sperare e nulla da ricevere.
Le libertà tanto invocate all’esterno, proiettate in altri lidi come una merce di marca occidentale altro non si rivelano in queste forme, che una barbarie che ha colonizzato l’interno. Osservare le sponde del Mediterraneo in questo 2011 è come interrogare uno specchio deformato annunciante “Siete il Terzo mondo di voi stessi” .
La giocoleria diplomatica sviluppata in questi mesi è segno tangibile di come in questo mondo globalizzato la distanza si sia disarticolata. Sullo sfondo delle prime rivolte in Tunisia l’ex ministro degli interni Brice Hortefeux aveva offerto di mandare la polizia francesein aiuto dell’allora presidente tunisino Ben Ali per domare la rivolta popolare. Posizione non troppo distante dal dimissionario ministro degli esteri Michele Alliot-Marie e atteggiamento molto analogo ai sorvoli italiani sulla posizione da tenere nei confronti di Gheddafi, amico-partner commerciale-nemico, alla vigilia della guerra libica, ciliegina sulla torta del nuovo riformismo atlantico del nostro presidente della Repubblica.
Così tra un debito greco che continua a far tremare – ma che è solamente la punta di un iceberg molto più profondo – e una popolazione che continua a protestare l’Europa scopre che le propriefondamenta sono marce e subalterne unicamente agli imperativi del capitale, all’ideologia folle del neoliberismo e a un’oligarchia che abita lo stesso corpo di una gerontocrazia pericolosa e a-morale.
Finanzieri, politicanti e corruttori televisivi si ritrovano così uniti in una barca stretta che molto presto dovrà affrontare una battaglia decisiva, quella volta a sostenere un modo di vita senza senso, antiumano e criminale. Il recente arresto del numero uno dell’FMI nonchè candidato del Partito socialista francese alla successione di Sarkozy, Dominique Strauss-Kahn e la molto probabile nomina di Mario Draghi ai vertici della Bce ci offrono lo spunto per osservare da vicino la macchina del potere europeo. Tralasciando l’antinomia che dovrebbe sussistere tra un partito socialista e un’istituzione come il Fondo monetario internazionale (almeno quello riformato nei primi anni ’80 dalla restaurazione neoliberale) organismo noto per le sue politiche di strangolamento dei paesi più poveri e delle classi popolari, colpiscono gli incroci di poltrone intercambiabili tra pubblico e privato.
Mario Draghi che a breve potrebbe essere nominato ai vertici della Bce può vantare un incarico da vicepresidente di Goldman Sachs International, una delle più grandi banche d’affari del mondo e che la scorsa primavera è stata incriminata per frode dalla SEC.
Se questo è il calibro di personaggi dal cui operato dipendono i destini di una buona fetta dell’umanità il livello d’allarme si colora di rosso.
E mentre la Spagna si prepara a difficili elezioni amministrative, dall’Italia e dall’Albania le urne hanno espresso (se vale la generalizzazione) una profonda voglia di cambiamento o se non altro un radicato fastidio sullo stato delle cose.
Sicuramente la fase che si apre non sarà caratterizzata dalla stabilità e il fallimento della politica rappresentativa comincia a risuonare prepotentemente anche nel vecchio continente.
Dopo Roma e Londra anche a Madrid spuntano i book bloc , perchè anche le idee si esportano e non sono merci.