L’Otto Marzo non è una falsa celebrazione di un falso rito ma onora le conquiste della donna e ricorda la necessità di una continua vigilanza per assicurare che la nostra uguaglianza sia ottenuta e mantenuta in tutti gli aspetti della vita civile.
Pienamente d’accordo con chi in questo momento pensa che arrivo in ritardo con questo articolo. Mi rendo conto che una risposta tardiva ai tanti articoli contro la Giornata delle Donne e ai tantissimi commenti negativi su diverse testate, blog, bacheche facebook ecc., rischia di essere un po’ ignorata, però sono anche fermamente convinta che non sarà sterile.
Il mio vuole essere anche è un grido che informa, che sveglia, che ricorda e non chiederò scusa per questo mio rumore fatto di parole che irrompono silenzi, convinzioni, luoghi comuni, disinformazione.Ho fede nelle parole e credo nel loro potere e nella loro azione perché costruiscono la comunicazione verso l’informazione e quindi verso la conoscenza la quale è fondamentale per l’agire. Tra il dire e il fare, non c’è di mezzo il mare, ma solo la voglia di sapere, la quale è parte della natura umana e dunque vicina al fare quotidiano. Avere il coraggio di dire, significa anche avere il coraggio di fare. Detto ciò, ritorno alla questione donna, che più di ogni altra cosa mi sta a cuore. Non solo perché sono donna, ho una figlia già donnina, ho una madre grande donna, ho delle amiche forti donne. Ma anche perché la storia racconta le donne, noi donne come capro espiatorio e come schiave della mentalità maschilista regnante per migliaia di anni. Le istituzioni religiose hanno per prime iniziato il soggiogamento e la subordinazione della donna. Le religioni ebrea, cattolica ed islamica sono un esempio del carattere patriarcale, vedendo la supremazia di un Dio Padre in cielo, un re o un sacerdote nella società ed un padre nella famiglia. La donna bruciata al rogo, sfruttata, sottomessa, trattata al pari degli animali da lavoro, senza diritti e libertà, non è la donna di molto tempo fa. Lei potrebbe essere nostra nonna, nostra zia e persino nostra madre. Nel Codice di Famiglia dell’Italia di fine Ottocento, le donne non avevano il diritto di esercitare la tutela sui figli legittimi, né tantomeno quello ad essere ammesse ai pubblici uffici. Le donne, se sposate, non potevano gestire i soldi guadagnati con il proprio lavoro, perché ciò spettava al marito. In caso di adulterio, una donna subiva una pena detentiva dai tre mesi ai due anni, mentre un uomo veniva punito solo in caso di concubinato! Molti degli “illustri pensatori” del Risorgimento italiano descrivevano la donna con disprezzo. Ne è un esempio Gioberti, prete considerato liberale e di moderate idee, che si esprime in questo modo nei nostri confronti: “La donna, insomma, è in un certo modo verso l’uomo ciò che è il vegetale verso l’animale, o la pianta parassita verso quella che si regge e si sostentata da sé”. E fu solo l’altro ieri ossia tra fine ‘800e inizio ‘900 quando la condizione generale della donna, ossia sociale,economica, politica e familiare era di drammatica disparità. E fu solo l’altro ieri, con quegli scioperi delle donne newyorkesi autoctone e immigrate, che le donne, angeli del focolare, iniziarono la dura lotta per i diritti mettendo a rischio e addirittura perdendo la loro vita. E fu proprio così che le delegate socialiste americane, decisero di proporre alla seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste, tenutasi a Copenaghen dal 26 al 27 agosto 1910 di istituire una comune giornata dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne. E fu così che l’Otto Marzo si caricò di significati importanti chiamandosi La Giornata delle Donne, ossia una commemorazione storica che ricorda le vittime che col tempo sono diventate innumerevoli! E si festeggia anche, perché quella giornata ricorda contemporaneamente l’orgoglio e il traguardo femminile. Quel traguardo che arrivò veramente molti anni dopo, in seguito alle tantissime, tenaci, costanti manifestazioni femminili durante gli Otto Marzi che proseguirono.
Non dimentichiamoci che fu solo ieri, il 1 febbraio del 1945, che venne infine concesso il voto alle donne in Italia. Nel 1970 è stato concesso il divorzio e nel 1975 è stato riformato il diritto di famiglia, garantendo la parità legale fra i coniugi e la possibilità della comunione dei beni. E quindi fu soltanto ieri che le donne occidentali, italiane, ebbero i diritti fondamentali, quelli basilari, quelli che dovrebbero garantire la sua emancipazione, almeno per decreto. Il diritto al lavoro, alla parità di retribuzione, l’accesso alle carriere, compresa la magistratura, la polizia, l’esercito, un nuovo diritto di famiglia basato sull’eguaglianza, il divorzio, l’abolizione del delitto di onore, la tutela dei figli nati fuori del matrimonio, l’autodeterminazione nella maternità e nell’aborto sembrano oggi norme ovvie e pacifiche, ma sono costate lunghe lotte. L’Otto Marzo, dunque, non è una falsa celebrazione di un falso rito! Questa giornata onora le conquiste della donna e ricorda la necessità di una continua vigilanza per assicurare che la nostra uguaglianza sia ottenuta e mantenuta in tutti gli aspetti della vita civile. Pertanto che nessuno tocchi l’Otto Marzo e se proprio non vi piacciono le feste, perché non cominciamo ad abolire le celebrazioni dei santi quotidiani ormai desueti?