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Home Notizie Opinioni

La cultura di governo e le scaramucce di un popolo ferito nell’anima

di Anthony J. Latiffi
24 Gennaio 2011
in Opinioni
Protesta 21 Gennaio Albania
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Ecco, ci risiamo! Non appena l’Europa ci dà un po’ di fiducia, noi albanesi non manchiamo mai di manifestare di quanto ci galvanizza la cosa. A modo nostro, però. Sembra che la ‘generosità’ dell’Europa ci dia alla testa.

Intendiamoci: con questo non mi riferisco alla gente comune, che ha avuto un comportamento esemplare da due mesi a questa parte, da quando si sono aperte le frontiere dello Schengen, senza registrare alcun caso degno di nota. Mi riferisco, ahimè, ai nostri politici. Credo che alla nostra classe politica manchi la cultura di governo.

Loro pensano che, per mandare avanti un paese, basti gridare a squarciagola, diffamare l’opposizione e minacciare a destra e a sinistra. Trascurando così i concetti basilari della politica in generale, figuriamoci di quella moderna. Gridando, diffamando e minacciando non si arriva da nessuna parte, è un metodo che funziona solo nei bazar albanesi, con l’intento di guadagnare a spese dell’altro. Ma poi, basta. Si ha, difatti, la sensazione che questo governo si stia approfittando della pazienza del nostro popolo.

Mentre la sua equità è quasi assente, altrimenti la corruzione non dilagherebbe dappertutto. Non c’è una briciola di sensibilità verso chi lo ha eletto, visto che le manifestazioni pacifiche vengono soffocate con le armi, con la morte. E la gente si è resa conto di questo, e soprattutto del fatto che questo governo non è per il popolo, e nemmeno con il popolo, ma per conto suo. Abbiamo a che fare con un circolo di uomini che vaga senza una meta precisa, che ha perso la bussola. Questo spiega la reazione della gente, delusa di essere presa per fondelli per tanto tempo ormai.

Noi albanesi siamo sempre stati un popolo paziente, e anche molto disponibile, con chi ci ha governato. Una volta abbiamo abbracciato la politica di un sistema totalitario perché credevamo in esso, in una utopia che veniva servita come una brillante realtà, e non perché non abbiamo avuto il coraggio di reagire. Quello non ci è mai mancato, fa parte del nostro DNA. E lo abbiamo dimostrato in vari periodi della nostra storia, in questi ultimi vent’anni… in questi giorni, quando si siamo opposti con gran coraggio, e soprattutto determinazione, a un governo che si è sempre autoproclamato democratico. Quando, invece, la maggior parte degli albanesi pensa che ci siano molte somiglianze con quello antidemocratico, che ci ha tenuti repressi per quasi mezzo secolo. Anzi, a questo punto, sembra sia stato costruito sulle ceneri dell’altro.

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Per non parlare del fatto che il fantasma di Enver Hoxha continua ad incombere come un macigno. Adesso io non capisco come si possa tirare in ballo un uomo che è morto e sepolto da più di un quarto di secolo. Due sono le cose: o fa ancora paura, e questo mi pare un tantino improbabile, oppure, sotto sotto, viene preso come un esempio per la sua longevità politica dal nostro premier Berisha.

Questi, come l’ex dittatore, non è intenzionato a lasciare il governo, non conosce il significato della parola perdere, e non ha il buonsenso di passare la mano, come hanno fatto i suoi predecessori.

No, cari compaesani, questo signore non vuol sentire ragioni; si è inchiodato alla sua sedia ed è schiavo del potere che essa rappresenta. Ne ha combinato di tutti i colori per non perderla, falsificando le urne, corrompendo parecchi elementi dell’opposizione, è arrivato persino a usare le armi (non è la prima volta), e a minacciare la povera gente pubblicamente. Terroristi, sono stati definiti tutti quelli che hanno voluto protestare pacificamente, anche i morti e i feriti. Adesso io sono un po’ confuso, perché mi è difficile capire da che parte sta il concetto di terrorista, in questo contesto.

Mi meraviglia anche il fatto che la Comunità Europea continui a osservare, senza muovere un dito. Se è per quello non lo ha mosso anche quando l’opposizione dimostrò con i fatti che le ultime elezioni erano state truccate da Berisha e i suoi seguaci. Fa riflettere questa presa di posizione dai capoccia di Bruxelles. Ho sempre pensato che la politica non è mai stata trasparente, e non lo sarà mai, perché rappresenta un meccanismo destinato a rimanere oscurato dalla menzogna e dalla corruzione. Eppure la gente comune vuole capire, senza che qualcuno le spari addosso nel nome del potere.

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In questi ultimi giorni ho avuto il modo di seguire con interesse i commenti sull’accaduto di varie testate giornalistiche italiane.

I titoloni erano quasi tutti: ‘Albania sull’orlo della guerra civile’. Parole terribili, che ci fanno rabbrividire, visto che non abbiamo ancora smaltito del tutto i postumi delle scaramucce del ‘97. Basta con il sangue versato, con queste mischie che fanno più danni delle vere guerre. Basta vedere le nostre madri e le nostre sorelle con addosso il vestito da lutto. E’ ora di finirla con questi metodi da Pinochet.

Possibile che quest’uomo ogni volta che rischia la sedia debba scatenare l’inferno? Non ne possiamo più di tutto questo. Gli albanesi sono stanchi del solito tip-tap, mezzo passo avanti e due passi indietro. Gli albanesi non vogliono fallire anche stavolta. Gli è stata data una possibilità, e non vogliono sciuparla, ma portarla avanti con dignità. Gli albanesi hanno voglia di emergere, di imparare, di integrarsi, di misurarsi con gli altri, e non accettano più di essere gli ultimi della classe. Perciò, cari politici, salite su questa barca, afferrate i remi e remate verso la destinazione scelta dagli albanesi. ù

Imparate ad ascoltare il popolo, siate disponibili con lui, siate umili, e, quando sarà il momento di prendere una decisione importante, lo dovete fare come se fosse per voi stessi, per la vostra famiglia. Perché è ciò che dobbiamo essere: una nazione famiglia.

E’ il momento di darsi una calmata, il momento della tregua… di costruire una pace solida. Possa Dio assisterci.

Argomenti: Anthony J. LatiffiElezioni Amministrative AlbaniaGoverno AlbanesePopolo AlbaneseVisti Albania

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