“La migrazione è un processo inarrestabile che chiamato diversamente mobilità globale comporterà la ridefinizione delle nostre società”.
Stiamo vivendo in un Italia sotto la pressione degli eccessi verbali utilizzati da molti politici nella ricerca di un capro espiatorio e di moltissimi media sostenitori della tanto amata equazione: immigrazione uguale a criminalità. Qualcuno ha creato la propria identità politica su un comportamento sopra le righe e presentando gli immigrati come pericolo, guadagna voti e consensi sempre maggiori! Termini come “invasione” e “minaccia”, vengono utilizzati a sproposito quotidianamente, senza il minimo scrupolo o timore per la diffidenza nei confronti dell’altro e i sentimenti di odio che si espandono a macchia d’olio tra la popolazione autoctona! Questo linguaggio allarmistico e scontroso, insieme a una televisione in cui nelle trasmissioni riguardanti l’immigrazione, sono quasi del tutto assenti esperti e rappresentanti degli immigrati, non fa altro che creare un clima cupo e difficile il quale ovviamente non giova affatto alla nostra convivenza.
Termini questi, che per l’altro non sono solo esagerati, ma anche completamente infondati quando si pensa che in Italia, l’incidenza degli stranieri presenti sulla popolazione residente è ancora molto bassa, anche rispetto ad altri paesi europei. Secondo i dati forniti dal prontuario “Razzismo e pregiudizi: istruzioni per l’uso” http://www.civati.it/mandiamoliacasa.pdf di Andrea Civati, Giuseppe Civati, Ilda Curti, Ernesto Ruffini, Roberto Tricarico, nel 2008 gli immigrati in Italia rappresentano complessivamente circa il 5,8 % della popolazione, cioè circa 6 ogni 100 residenti. Invece in Irlanda sono il 12,6%, in Spagna l’11,6%, in Austria il 10,2%, in Germania l’8,8%, in Gran Bretagna il 6,6% e in Francia 5,7%. Dati non tengono conto delle legislazioni nazionali sull’acquisizione della cittadinanza. In Francia per esempio, vige sia il principio dello jus soli sia quello dello jus sanguinis. In Gran Bretagna fino al 1983 la cittadinanza era largamente concessa anche ai cittadini delle numerosissime colonie. Anche il timore diffuso nella popolazione autoctona sulla perdita del posto di lavoro,e’ in realtà contraddetta dai fatti e dalle cifre poiché è raro che gli impieghi degli immigrati si trovino in concorrenza con quelli autoctoni. Infatti, in un suo articolo sulle imposte e i contributi versati dagli immigrati, Andrea Stuppini ci dice chiaramente che l’apporto lavorativo degli immigrati stranieri in Italia nell’anno 2006 è stato di oltre 122 miliardi di euro, pari al 9,2 per cento del PIL nazionale. Un contributo di rilievo, concentrato prevalentemente nei servizi alla persona e nell’industria, in particolare nel settore delle costruzioni.
Notevole anche la presenza nel settore agricolo. A confermare il dato che gli immigrati svolgono lavori che non sarebbero occupati da italiani arrivano anche ricerche condotte dall’Inps. Gli immigrati rappresentano il 7% della forza lavoro complessiva. La presenza dei lavoratori stranieri in diversi settori vitali dell’economia italiana è ormai fondamentale. E occorre ricordare che l’età media degli immigrati in Italia è oggi di 31 anni, mentre quella degli italiani è di 45. Ancora secondo il prontuario “Razzismo e pregiudizi: istruzioni per l’uso” https://www.ciwati.it/, nel dicembre del 2008, la popolazione italiana ha raggiunto il traguardo di 60 milioni di cittadini sostanzialmente grazie all’apporto degli immigrati. Sul totale dei nati in Italia l’11,4% ha genitori di origine non italiana. È evidente dunque che gli stranieri sono una componente indispensabile a livello demografico per mantenere l’Italia un paese giovane.
Nel mondo ci sono circa 130 milioni di persone che vivono da stranieri immigrati in un Paese che non è il loro. Di questi solo lo 0,9 per cento è dato dagli stranieri in Italia. Ed è quasi quattro volte superiore (3,5%) il numero degli italiani che vivono ancora oggi da stranieri immigrati all’estero. Gli studi recenti sull’immigrazione dimostrano che se gestite correttamente, le migrazioni generano sviluppo sia nei contesti di partenza degli immigrati, sia in quello d’arrivo. Evidente risulta per cui, che la percezione dell’immigrazione come fardello, problema, pericolo, anziché vantaggio, non può che essere legata alla xenofobia e al razzismo con i quali la società italiana deve fare i conti urgentemente. Laura Boldrini portavoce dell’Alto Comissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr),nel suo libro”Tutti Indietro”,ci informa che da parecchi anni, sulle questioni di xenofobia e razzismo in Italia, vi sono stati svariati campanelli d’allarme suonati da organismi sovranazionali. Nel 2009, il Comitato di esperti dell’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, nel suo rapporto annuale delle convenzioni internazionali, faceva emergere che in Italia gli immigrati, sia regolari che irregolari, sono vittime di discriminazioni sia in forma diretta che indiretta. E ancora nel Gennaio 2010, il Consiglio dell’Onu sui diritti umani, in merito alla violenza scoppiata a Rosarno, esorta le autorità italiane a “placare il crescente atteggiamento xenofobo nei confronti dei lavoratori migranti”.
La migrazione è un processo inarrestabile che chiamato diversamente mobilità globale comporterà la ridefinizione delle nostre società. Continuare a rifiutare questo fenomeno globale da sempre esistito, non farà altro che aumentare le problematiche e il dolore che questo corso già tiene in serbo.