Poche settimane ancora e le prossime elezioni daranno al Kosovo un nuovo governo, che sarà chiamato a dare un volto nuovo all’economia del Paese.
Negli ultimi 10 anni, il Kosovo ha registrato una crescita economica media del 4% annuo, generata principalmente dal consumo di beni finanziati dalle rimesse degli emigranti e dagli investimenti pubblici in strade e autostrade.
Nonostante questo, però, la crescita non si è tradotta in un migliore standard di vita o in un aumento del numero di nuovi posti di lavoro necessari per accogliere le persone che entrano nel mercato del lavoro ogni anno.
Analizzando i dati dell’Agenzia di Statistica in Kosovo salta fuori che il tasso di disoccupazione è ancora al 30%, il numero di nuovi occupati resta sostanzialmente invariato.
Le cifre sono, però, distorte. Considerando il totale della popolazione in età lavorativa- circa 700.000 persone- stranamente l’Agenzia di Statistica non tiene conto di quelle 160.000 che sarebbero tecnicamente disoccupate, in quanto non aventi lavoro, ma non vengono considerate tali semplicemente perché non si candidano attivamente alle offerte di lavoro o rinunciano proprio a cercarlo.
Una statistica che il nuovo governo deve prendere in considerazione nel momento di stabilire le sue priorità è rappresentata dai circa 100.000 giovani di età inferiore ai 24 anni che non studiano all’università o non vanno a scuola e sono disoccupati.
Condizione, questa, che espone al maggior rischio di avvicinarsi al crimine o alimentare ancora di più il fenomeno migratorio. Solo negli ultimi 5 anni, dal Kosovo sono andate via 170.000 persone, circa il 10% della popolazione totale.
Questi numeri possono essere modificati solo rafforzando il settore privato, aumentando gli investimenti diretti esteri, aumentando la produzione, riducendo il deficit commerciale e investendo nell’istruzione e nella sanità, in modo tale che il Kosovo prepari una forza lavoro di cui il mercato del lavoro ha veramente bisogno.
Tante possono essere le aree-chiave in cui il governo del Kosovo può intervenire per aumentare la qualità di vita dei suoi cittadini e, parallelamente, il suo PIL.
Investire nell’asfalto
Sin dalla dichiarazione di indipendenza del 2008, i governi del Kosovo hanno avuto una priorità: investire nell’asfalto.
Sulla base delle spese sostenute dalle istituzioni kosovare per la costruzione delle autostrade del Paese, nonché delle strade regionali e locali e del costo di espropriazione di terreni privati per costruirle, il governo ha investito più di 2,5 miliardi di euro nell’asfalto.
Un investimento eccessivo, con il senno di poi, perché si è concentrato su infrastrutture come l’autostrada che collega il Kosovo con la Macedonia del Nord, progetto rimandabile, e ha trascurato settori la sanità e l’energia elettrica. Due settori, questi ultimi, che hanno comportato solo spese per i kosovari, perché l’elettricità veniva importata e i servizi sanitari venivano cercati all’estero.
Per il nuovo governo, contenere le spese nell’asfalto vorrebbe dire investire non in nuove strade, ma effettuare un’ottima manutenzione di quelle già esistenti.
E considerare seriamente l’introduzione del pedaggio, giacché le autostrade subiscono l’usura del carico massiccio dei camion provenienti dalla Serbia e di tutti i veicoli che usano le strade del Kosovo come transito per arrivare ad altre destinazioni.
Riforme per il settore energetico
Il progetto della centrale a carbone di Kosova e Re sarà la prima sfida da affrontare per qualsiasi nuovo governo. Dovendo basarsi su prestiti a garanzia statale, la votazione del progetto deve passare a maggioranza speciale o, comunque, con l’approvazione dei 2/3 dei membri dell’Assemblea del Kosovo.
In realtà, la sfida sarà quella di bloccare il progetto, di cui già dal 2010 sono stati ampiamente dimostrati gli impatti negativi sia sul piano finanziario e del mercato dell’energia che sul piano della sostenibilità ambientale, ipotizzando danni sanitari, idrici e agricoli.
Nel 2018 la Banca Mondiale ha sottolineato come sarebbe più produttivo sviluppare il potenziale delle energie rinnovabili che non dedicarsi al progetto della centrale a carbone, tanto che, ad ottobre, ha ritirato il proprio sostegno al finanziamento.
Il futuro nuovo governo avrà come priorità quella di chiudere la centrale, a favore di massicci interventi sul rinnovabile.
Soprattutto, tutelare quelle aziende che hanno già cominciato ad investire nel settore, avendo superato le approvazioni preliminari, ma non sono ancora operative perché mancano dei permessi definitivi.
Assunzioni pubbliche per merito
Il governo che verrà fuori dalle elezioni del 6 ottobre avrà tra i suoi primi compiti quello di licenziare tutti i membri del Consiglio che sono stati nominati in violazione della legge sulle imprese pubbliche, o attraverso il nepotismo e la fedeltà di partito.
Si tratterebbe, sostanzialmente, di affidare cariche istituzionali a persone con curriculum qualificato, tramite procedure di concorso aperte e trasparenti.
Pertanto, la responsabilità di tali assunzioni, che attualmente ricade nelle mani dell’ufficio del Primo Ministro, dovrebbe essere trasferita in piena competenza al Ministero dello Sviluppo Economico.
‘Appaltopoli:’ un cancro da curare
Sfortunatamente, le società nazionali sono spesso soggette a discriminazioni da parte delle istituzioni statali, in particolare nei processi di gara per appalti pubblici.
‘Appaltopoli’ è un nome che esce spesso, da quando il Kosovo è diventato indipendente. Sostanzialmente perché le gare d’appalto, essendo l’unico mezzo per le istituzioni kosovare per usare soldi pubblici, sono state protagoniste dei soliti abusi ai fini di mero guadagno provato.
Il processo di appalto pubblico è stato oggetto di numerose riforme negli ultimi anni. La trasparenza e l’efficienza dell’intero sistema sono state migliorate attraverso vari emendamenti al quadro giuridico in materia e il passaggio agli appalti elettronici, privi di supporti cartacei, è stato perfezionato lo scorso anno.
In passato, la legge sugli appalti pubblici prevedeva che una gara potesse essere elaborata solo in presenza di tre offerte congrue. Oggi ne è sufficiente una sola per la firma di un contratto.
Si chiede al nuovo prossimo governo di rimettere mano alla legge e modificare in modo da riportare ad almeno a due le offerte congrue per la validità dello svolgimento della gara d’appalto. Naturalmente, si dovrebbero prevedere mezzi legali per consentire a un’offerta di procedere anche se mancano due offerte responsabili, ma solo quando si ottiene l’approvazione formale da parte della Commissione per la Regolamentazione degli Appalti Pubblici con una giustificazione ragionevole.
Estrema attenzione sarà da porre al regolare svolgimento delle gare di valore elevato, quelle che superano l’importo di 250.000 euro.
La Commissione Appalti dovrebbe avere membri assegnati a rotazione, in modo da rendere impossibile che si scelgano offerte su cui poter giocare propri interessi di guadagno personale.
Tutti gli esiti d’appalto devono essere resi pubblici, in modo da garantire la legalità di una eventuale impugnazione dei risultati. In particolare, il monitoraggio della procedura d’appalto deve essere potenziato per i contratti che superano il valore di un milione di euro.