Negli ultimi dieci anni lo Stato più giovane balcanico ha fatto indubbiamente dei passi da gigante. Percorso non facile se si considera che il paese entrava ed usciva devastato da una guerra senza senso con l’esercito serbo, nonché dagli effetti del bombardamento amico.
Il Kosovë adesso ha un parlamento democraticamente eletto, un governo legittimato dalla stessa costituente e le ultime elezioni sono state prevalentemente democratiche. Insomma, tutti quegli elementi che servono a definire una democrazia. Ma il percorso è tutt’altro che concluso. La libertà comporta delle responsabilità verso la comunità della nazioni e verso la propria nazione. La libertà nel paese delle aquile è fragile, provvisoria e viene messa in discussione ogni giorno.
Tocca alla nuova classe dirigenziale kosovara farla crescere per portarlo verso un nuovo traguardo. Ma a vedere quello che succede nel paese viene da chiedersi se è veramente questo l’obiettivo degli leader. Tolto l’entusiasmo iniziale e susseguente, nel nuovo paese la situazione è deprimente sotto tanti punti di vista. Il governo kosovaro, che gode dell’appoggio americano e dell’Onu perde visibilmente consenso nelle file della popolazioni, risultando incapace di risolvere le tante sfide che frenano il paese. Non va sicuramente meglio all’Unmik, che in stretta collaborazione con il governo kosovaro, dovrebbe portare legalità e sicurezza nel paese. Spesso però la stessa invece agisce come un qualsiasi occupatore abusando dei tanti aiuti economici piovuti a Kosovë dopo la guerra. Non si può parlare di democrazia se gli stessi funzionari dell’Onu fuggono a qualsiasi giurisdizione kosovara.
Teoricamente dovrebbero sottostare ad una specie di tribunale interno all’amministrazione Onu ma in dieci anni di tanti casi di abuso e corruzione visibile nessuno è ancora stato condannato da questa tribunale fantasma. Alla luce di questa osservazioni, le possibilità sono solo due: o le cose in Kosovë stano andando benissimo e l’illegalità è prossima a zero, oppure in questa giungla di competenze, lingue e giurisdizioni nessuno osa condannare nessuno anche se tutti vedono quello che continua a succedere. I kosovari rispondono ironici alle domande sulla corruzione nel paese ” Abbiamo imparato da corruzione dai più grande maestri, i funzionari dell’Onu *” risponde Akan Ismaili, astro nascente della telecomunicazione kosovara. Ismaili si è aggiudicato l’appalto per offrire una nuova linea di cellulari agli utenti albanesi, dopo che per tanti anni il monopolio nella telecomunicazioni è stato mantenuto dallo Stato.
L’appalto vinto di Ismaili è stato il terzo fatto a questo proposito. Il primo appalto è stato annullato dall’Unmik per gravi irregolarità. Il secondo invece, anche se assegnato non è andato a buon fine perché la società vincitrice ( secondo la ONG Çohu ( www.cohu.org ) di fatto lo stato sloveno tramite la Telekom Slovenije ) non è riuscito ad avere la licenza entro i termini prefissati. Ismaili ha vinto il terzo appalto e ha portato un rapper americano, tale 50 Cent per inaugurare la sua compagnia offrendo biglietti gratuiti a chi acquistava un numero telefonico. Venticinque mille nuovi utenti per una sola serata.
Ma l’accusa di corruzione lanciata da Ismaili non dev’essere la solita frase qualunquista se anche Steven Schook, il numero due dell’Unmik è stato sotto inchiesta da parte del O.
I.
O.
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S, l’organo interno investigativo dell’Onu. Numero due delle Nazioni Unite in Kosovë, ex falco del Pentagono riciclato come diplomata. Schook, che secondo molti era quello che di fatto comandava nell’Onu, venne accusato della mal gestione del progetto Kosova C, che prevedeva la costruzione di un termo centrale per un valore complessivo di 3,5 miliardi. Secondo l’accusa Schook aveva avuto rapporti dubbi con Ethem Ceku, ministro dell’energia kosovara, facendo pressione per assegnare l’appalto ad un azienda ceca-americana.
Secondo Çohu l’appalto è stato gestito in modo scandaloso. Le altre accuse concernano il svolgersi di rapporti sessuali con donne locali nel svolgimento delle sue funzioni. Una regola del Onu proibisce espressamente ai suoi funzionari di intrattenere rapporti con la popolazione locali per paura di minare la credibilità dei suoi funzionari. Dev’essere una norma caduta in disuso perché di fatto i nightclub di Prishtina sono popolati esclusivamente da funzionari stranieri.
Ma l’accusa più grave è quella svelata dal Der Spiegel. Seconda questa Schook avrebbe rilevato a Ramush Haradinaj la posizione di un testimone chiave nell’accusa contro l’ex primo ministro. Il testimone viveva sotto protezione Onu. E durante il processo allo stesso Haradinaj da parte dell’Aia, almeno due dei testimoni chiave sono stati uccisi, apparentemente in incidenti.
Nel Maggio del 2008 tutte le accuse contro Schook sono cadute per mancanza di prove.
Un paese che sicuramente non è democratico, ma che non si sforza ne anche di sembrarlo. Gli abusi denunciati dalle organizzazione non governative quali Vetvendosje ( Autodeterminazione ) e Çohu sono quanto meno allarmanti. Tutti denunciano una sporca spartizione di finanziamenti tra l’Unmik e il governo kosovaro. Accordi che negli ultimi anno hanno fatto sparire milioni e milioni di euro senza portare a nessun minimo miglioramento della qualità della vita o dei servizi. Gli esempi si sprecano. La compagnia irlandese ESB International è stata ingaggiata per aiutare la KEK ( l’Ente Energetico Kosovaro ).
La ESB incassa 10 milioni di euro in tre anni e poi si ritira per lasciare il KEK nello stesso stato in cui l’hanno trovato. Questo è solo uno degli tanti esempi della situazione kosovara. Il quadro completo è molto più deprimente. Sotto la guida delle Nazioni Unite sono stati investiti 700 milioni di euro in due centrali elettriche. Considerando che la regione così ricca in lignite che potrebbe illuminare tutti i Balcani, di certo i conti non tornano se ci sono tagli dell’elettricità come minimo quattro o cinque volte al giorno**. Del resto è noto anche l’esistenza e la diffusione di vari rapporto interni all’Onu. che denunciano casi di corruzione nell’Unmik. “Se ci sono casi di corruzione in Unmik noi ce ne occuperemo – dichiarato Petersen all’Ansa ancora diversi anni fa – ma posso garantire che non raggiungono dimensioni tali da intaccare la nostra credibilità. Tutti noi abbiamo problemi di gestione e quando si tratta di una organizzazione che conta oltre 6.000 dipendenti può accadere che all’interno si nasconda qualche mela marcia. Ma la corruzione in Kosovo è purtroppo presente anche fra molte istituzioni pubbliche”
La corruzione, invece, ha raggiunto livelli tali da demolire completamente la poca credibilità dell’ONU. La popolazione kosovara e serba vede nell’ONU solo l’ennesimo corpo straniero che si arricchisce a spese del Kosovë, mentre il governo del paese guarda e collabora, incapace di imporre regole certe e vere riforme. A farne le spese è solo la popolazione locale, di qualsiasi etnia ed età. Cercando di recuperare almeno un’apparenza, il governo kosovaro ha creato un organo anti-corruzione. Appena creata, l’ Agenzia Anti-Corruzione ha raccolto le dichiarazioni di proprietà dei principali esponenti politici albanesi. Alla richiesta di Çohu di visionarle però l’agenzia si è rifiutata, portando come giustificazione l’esistenza di segreti di Stato che di fatto ha reso impossibile la diffusione di queste notizie.
Ne ha preso atto finalmente anche la Commissione Europea che in un primo rapporto di novembre 2008 analizza duramente la situazione kosovara. Il rapporto dice a chiare lettere che il governo kosovaro non ha rispettato i suoi impegni di rappresentanza delle minoranze,Secondo lo stesso rapporto ” L’amministrazione pubblica rimane debole, addirittura inesistente nelle zone a maggioranza serba. D’altra parte il sistema giudiziario non è riuscito a inviare un segnale forte per dire che le violenze etniche non saranno più tollerate. ”
L’impressione però è quella che si critica il governo kosovaro per criticare la gestione Onu. Chiunque ha letto il piano Athisaari sa che quella divisione non poteva portare che a questa situazione. Il piano si assicura soltanto di creare tante entità etniche che vivono come separati in casa, presumendo che se appena la forze internazionali se ne vanno serbi e kosovari cominceranno a scannarsi di nuovo. Ragione per la quale si sono radicati bene nella terra del Kosovë, e pronunciare la parola “ritiro” è un po’ come bestemmiare. Ma i cittadini serbi e albanesi non sono mai stati così uniti nell’insofferenza contro gli stranieri.
La crisi coinvolge tutto il possibile e l’immaginabile. Se la civiltà di un paese si misura anche in rapporto al suo apparato giudiziale, allora la conclusione nel caso kosovaro non può essere che negativa. I tribunali del paese da facto si rifiutano di giudicare le cause che coinvolgono i funzionari dell’Onu. Il fatto è che le decisioni dell’UNMIK non possono essere messe in discussione. L’Unmik è al di sopra delle leggi, esattamente come il piano Athisaari è sopra la Costituzione del Kosovë. E non solo quelle cause che concernano atti compiuti nell’esecuzione delle proprie funzioni, ma anche le varie cause civili. D’altra parte i tribunali dell’Onu non danno esecuzione alle sentenze degli tribunali kosovari. In mancanza di un apparato giudiziale efficiente gli abusi e gli illeciti compiuti da persone che gravitano intorno ai leader kosovari o agli amministratori dell’Onu si giustificano a vicenda. L’importante è mantenere il potere, poco importa come. Pazienza se per farlo si deve fare finta di non vedere un paese allo stremo, la corruzione che è l’unico modo di sopravvivere o il fiume di cocaina che arriva dall’Asia e si ferma in Kosovë prima di arrivare nei vari porti europei.
Al di la del patriottismo da quattro soldi o delle speranze, è questo il Kosovë di oggi. Un paese dove albanesi e serbi sono finalmente uguali: delusi e senza nessun futuro possibile, ma ancora distanti. Viene da chiedersi se tutti stanno lavorando per creare un paese multietnico oppure qualcuno rema in direzione contraria, puntando a mantenere la situazione odierna, mantenendo isolati serbi e kosovari. Nessuno che si chiede se i tempi siano maturi per provare ad avvicinare le due popolazioni. L’Onu sta davvero lavorando per un futuro di serbi o albanesi, o getta benzina nel fuoco per rendere ancora più estrema la separazione? Non è che qualcuno ha forse paura che serbi e albanesi capiscono che il Kosovë sono loro, e non soldati e diplomati che vanno e vengono. Purtroppo l’impressione è quella che si sta creando un altro Cipro. In pratica non esiste nessuna politica per avviare un avvicinamento tra le varie etnie. A chi conviene?
Per cui le soluzione sono solo due. O l’Onu torna a fare quello che sarebbe la sua missione – ad aiutare la creazione di uno Stato giusto e multietnico – oppure assisteremmo alla creazione dell’ennesimo stato federale balcanico. Al di la delle scartoffie dell’Onu, è questo il futuro in cui stanno spingendo il nostro Kosovë.