Al suo esordio nelle elezioni anticipate del 12 dicembre scorso in Kosovo, il Movimento Vetëvendosje (Autodeterminazione) ha ottenuto il 12,6% dei voti, affermandosi come la terza forza politica del paese. Sonila Alushi ha intervistato il suo leader Albin Kurti.
Albin Kurti, lo studente modello della Facoltà di Elettronica, ha iniziato la sua attività a sostegno dei diritti dei suoi concittadini e dell’indipendenza del Kosovo con l’Unione Indipendente degli Studenti dell’Università di Prishtina (UISUP). Membro del suo Direttivo, ha ricoperto l’ambito delle relazioni internazionali. Le date: Primo Ottobre e 30 Dicembre 1997, 13 Marzo 1998 e 29 Ottobre 1999, indicano le prime proteste pacifiche organizzate e guidate da lui insieme agli altri dirigenti dell’UISUP. L’eco di queste proteste è arrivato fino a Washington DC, New York, Bruxelles, Copenhagen e Strasburgo, sedi di organizzazioni internazionali, in cui Kurti è stato invitato a informare la comunità mondiale sulle richieste degli studenti kosovari. Alla fine del 1999, Kurti ha iniziato a lavorare come segretario presso l’Ufficio del Rappresentante dell’UCK ( L’Esercito per la Liberazione del Kosovo), Adem Demaci, chiamato diversamente da moltissimi giornalisti il “Mandela dei Balcani”. Invece, durante i bombardamenti della NATO, Kurti è rimasto a Prishtina dove è stato arrestato il 27 Aprile dalla polizia serba con l’accusa di “attività terroristiche con scopi separatisti”. Nel corso del processo, egli ha ammesso di aver collaborato con Adem Demaci, esprimendo stima e rispetto nei suoi confronti. Inoltre, ha dichiarato la sua intenzione di continuare a sostenerlo nella promozione e l’affermazione della politica dell’UCK per la realizzazione della causa albanese: l’indipendenza del Kosovo e la liberazione degli albanesi dal regime invasore fascista di Slobodan Milosevic. Dichiarazioni che gli sono valse 15 anni di prigione e le torture dalle autorità serbe. Solo dopo l’ascesa al potere di Kostunica, è stato liberato, ma le terrificanti esperienze non gli hanno fatto cambiare idea sulle sue convinzioni. Nel 2005, Albin Kurti ha fondato il Movimento Vetevendosje (Autodeterminazione), assumendone anche la guida. Per via delle proteste per l’indipendenza, Kurti è stato accusato di nuovo di violenza, ma questa volta da parte della missione europea EULEX. E all’inizio del 2010, le forze speciali kosovare e dell’UNMIK lo hanno arrestato in maniera preventiva. Il Movimento VeteVendosje è stato sin dalla sua costituzione un movimento di protesta contro “la corruzione della classe politica kosovara e contro le imposizioni dell’occupatore straniero”. Vetevendosje richiede una presenza internazionale in soli alcuni meccanismi necessari in Kosovo per il monitoraggio dei diritti delle minoranze. Vetevendosje si identifica come la comunità dei cittadini che rifiuta di essere sottomessa e si fonda sull’autodeterminazione secondo la volontà del popolo kosovaro. Inoltre, il Movimento aspira anche all’unione del Kosovo con l’Albania. Alla fine del 2010, si è presentato come lista civica alle elezioni anticipate e con il 12,60 % dei voti ottenuti è diventato la terza forza politica del paese.
Il Movimento Vetevendosje ha come priorità l’autodeterminazione interna ed esterna del Kosovo. In che cosa consiste questa autodeterminazione?
Il Movimento Vetevendosje mira a materializzare la volontà dei cittadini kosovari. Appunto per questo si chiama Autodeterminazione. Con l’autodeterminazione interna intendiamo porre fine alle istituzioni internazionali con carattere coloniale che agiscono in Kosovo quali ICO, EULEX e UNMIK. Questi organismi esercitano un potere esecutivo sulle istituzioni kosovare e sono immuni alle nostre leggi, mentre non sono stati eletti da noi e non rendono conto a nessuno di noi. Il movimento Vetevendosje si sta impegnando che i cittadini kosovari siano protagonisti e l’inizio e la fine di ogni potere. Il Kosovo non ha una Costituzione generata dalla volontà del suo popolo. Il Piano Ahtisaari è sopra la Costituzione e nell’articolo 1, comma 3, non consente al Kosovo di unirsi con l’Albania, ledendo in questo modo la sua autodeterminazione esterna. Noi confidiamo che il soggettivismo del popolo all’interno del Paese, renderà possibile anche la gestione delle relazioni con gli altri paesi.
Ritenete che il Kosovo è governato da politici malevoli responsabili per aver permesso la corruzione e la criminalità organizzata, portando il paese al baratro. Non pensate che sia una ragione sufficiente per continuare ad avere la sorveglianza e la presenza internazionale?
Dire che i politici kosovari hanno permesso la corruzione e la criminalità organizzata, significa affermare che avrebbero solamente chiuso gli occhi di fronte a questi fatti. Invece, ritengo che loro siano i principali attori di questi fenomeni. I protettorati internazionali non hanno mai aiutato i popoli nel contrasto a queste problematiche, anzi, è la loro eliminazione una condizione del progresso. La questione è oramai sanzionata nei documenti dell’ONU come la Risoluzione 1514 del Dicembre 1960.
Credo che sia molto importante conoscere il contesto in cui si collocano le relazioni tra burocratici internazionali, i politici locali e le condizioni dei cittadini kosovari. Dal 1999, il Kosovo viene gestita dagli amministratori internazionali e si nota una aumento progressivo della povertà. Gli ultimi dati dimostrano che il 18% dei cittadini vive in condizioni di povertà estrema, invece la disoccupazione sfiora il 50%. Nel Kosovo del protettorato, il politico o il funzionario pubblico, veniva eletto e dipendeva dalle preferenze degli amministratori internazionali o degli ambasciatori stranieri. E nei casi di corruzione a suo carico, non veniva condannato. La sua pratica giaceva nei cassetti per tornare subito a gala in caso di necessità, servendo come ricatto per condizionare la sua obbedienza politica. Di questi fenomeni è fatta la storia dei negoziati con la Serbia. I politici corrotti, per poter rimanere al potere, facevano concessioni alla Serbia, mentre il popolo si impoveriva sempre di più. La corruzione dunque, è premessa e conseguenza di questo contesto. Un ciclo che continua a ripetersi ancora oggi. La corruzione è la ragione principale per la quale la missione EULEX ha imposto la sua presenza nel nostro paese. Sulla corruzione dei politici e quindi sul controllo delle loro azioni, si costruiscono le previsioni geopolitici dei grandi imperi che in gergo diplomatico si chiamano relazioni regionali. In queste previsioni, Kosovo appare come un marionetta e non attore della propria partita. Chi ci perde è sempre il popolo kosovaro. Pertanto, l’unico modo per capovolgere il contesto attuale è l’autodeterminazione.
Tra i vostriattivisti e candidati, c’è un numero considerevole di studenti. Pare evidente il fatto che state investendo molto su questa fascia della società. Come mai tanta ostinazione nell’avere i giovani dalla vostra parte e quali sono le vostre aspirazioni e i vostri impegni sull’istruzione pubblica?
La stragrande maggioranza della popolazione Kosovara è al di sotto dei 25 anni. Quest’energia e foga giovanile non trova la giusta canalizzazione in un Kosovo senza economia, dove l’Università non nulla di universale e non è uno spazio di libertà, ma una Facoltà dove si imparano solamente le procedure dell’adattabilità e le regole. Questa pesante situazione ha fatto sì che i giovani kosovari spendano le loro energie per trovare vie e modi per abbandonare il paese e utilizzare tutte le loro potenzialità all’estero.
Durante questi cinque anni, la nostra attività è fatta di lavoro e azione contro questa realtà. Noi vogliamo il distacco dell’Università dal uso sinistro che ne fa la politica, per farla tornare a se stessa a agli studenti. All’interno del Movimento Vetevendosje, gli studenti dispongono dell’importanza che meritano perché sono un punto cruciale nel nostro programma politico. Il nostro Centro “STUDIO CRITICA AZIONE” all’Università di Prishtina, si occupa quotidianamente delle problematiche degli studenti e organizza attività che incoraggiano l’autogest
ione e l’auto-insegnamento. Nel nostro programma sull’istruzione, ci impegniamo per l’istruzione pubblica gratuita per tutti e in tutti i livelli.
Qual è il motivo principale che ha determinato la vostra decisione di entrare nelle ultime elezioni parlamentari?
In seguito ad una vivace discussione che ha riguardato tutti i livelli del Movimento, il 12 Giugno 2010 (quinto anniversario di Vetevendosje) siamo arrivati alla conclusione che ai nostri mezzi d’azione, sempre in funzione degli stessi obbiettivi, andava aggiunto anche quello della partecipazione nelle elezioni parlamentari. Motivazione principale di tale decisione, sono stati i processi politici dannosi di fronte ai quali si trova il Kosovo e sono la ragione che ha portato alle elezioni anticipate e per cui hanno rubato i voti. Proporzionalmente al discredito quotidiano del corrotto governo Thaci, aumentava anche il sostegno al nostro Movimento. E mentre da un giorno all’altro si attendeva l’inizio dei negoziati con la Serbia e la privatizzazione delle Poste e Telecomunicazioni di Kosovo, il Governo Kosovaro non riusciva a fare fronte a questi processi. Pertanto sono state annunciate le elezioni anticipate per poterle rubare. Anzi, è più esatto dire che è stato scelto di rubare il potere per poterlo riaffermare e legittimare i negoziati con la Serbia.
Nel vostro settimanale avete denunciato che i vostri osservatori sono stati minacciati e a volte nemmeno fatti entrare ai seggi elettorali nelle elezioni del 12 dicembre scorso. Può dirci qualcosa di più riguardo a queste vicende?È tutto vero. Sono stati innumerevoli i casi di minaccia. Ad esempio, a Kopliq, alle 7:00 del mattino, orario di apertura dei seggi, i nostri osservatori si sono trovati di fronte alle urne già mezze piene di schede elettorali. In seguito alleloro obbiezioni, i nostri osservatori sono stati allontanati dai seggi. È importante ricordare che le denuncie del Movimento Vetevendosje, sono stato il motivo principale della ripetizione delle elezioni nei comuni di Drenas, Skënderaj, Deçan, Lipjan, Malishevë e Mitrovicë.È vero che ha venduto il suo appartamento a Prishtina per affrontare le spese della campagna elettorale del Movimento Vetevendosje?
Sì.
Come risponde a chi vede nel vostro Movimento una miscela di patriottismo sterile, patetismo e populismo solamente per avere il potere?
La nostra concreta operosità e i nostri ragionevoli concetti, sono la risposta migliore per chi ci accusa di sterilità e patetismo. credo che sia stato oramai messo in chiaro e dimostrato da parte nostra come lo concepiamo e consideriamo il potere che non può essere un fine a sé. Nel caso in cui anche attraverso il potere le cose non migliorano, lo combatteremo di nuovo, come abbiamo fatto sempre. Il potere politico può essere utile per raggiungere i traguardi ambiti. Dunque, il nostro cammino non finisce con il possesso del potere. I suoi meccanismi ci sono utili per la supervisione delle zone di confine 1 e 31. Il potere politico ci serve per fermare il saccheggio del popolo con il cosiddetto processo di privatizzazione. Sicuramente il potere politico è ambivalente e quindi un’opportunità che potrebbe essere impiegata per progredire, come anche per rubare.
Ottenendo il 12.60 % dei voti, il Movimento Vetevendosje è diventato la terza forza politica in Kosovo. Ci sono o si prevedono dei cambiamenti nella vostra linea?
Il Movimento Vetevendosje continuerà con la stessa linea, arricchendo le sue attività politiche. Tutte le modalità d’azione che ci hanno contraddistinto fino ad ora, dalle azioni simboliche, ai raduni dei cittadini e alle proteste popolari, aumenteranno secondo l’evolversi del contesto politico. L’unica differenza con il nostro passato, è il fatto che ora abbiamo una nostra voce all’interno del Parlamento kosovaro.
In futuro, il Movimento Vetevendosje intende vincere le elezioni da solo oppure cercherà la via di una possibile coalizione facendo una politica più moderata?
Il Movimento Vetevendosje ha un suo programma politico e riteniamo che sia giusto e fondato su principi razionali. La nostra linea politica potrebbe essere considerata estremista o normale secondo la comparazione che viene fatta. Certo, paragonata con quella dei partiti politici attuali in Kosovo, la nostra politica risulterebbe estremista perché questi partiti non fanno politica ma sono inchiodati dal conflitto degli interessi personali e dal conformismo nei confronti del fattore internazionale. La nostra richiesta di autodeterminazione è normale e prevedibile per le condizioni attuali del Kosovo. Noi non chiediamo nient’altro che uno stato che nasce dalla volontà del popolo.
Gli scettici pensano che una possibile unione del Kosovo con l’Albania, sarebbe una catastrofe data la situazione politica ed economica nella quale si trovano i due paesi oggi. In quale prospettiva e con quale concetto viene presentata questa unione dal Movimento Vetevendosje?
Insomma sarebbero quelli che dicono che se unisce la povera Albania al povero Kosovo, raddoppierebbe la povertà. La questione dell’unione dei due paesi, oltre a rappresentare la nostra volontà e un nostro diritto, è anche un opportunità economica. I due paesi potrebbero essere complementari sull’ambito economico. Ne sono un esempio i sistemi energetici. Durante l’inverno, in Kosovo diventa difficile produrre energia dalle centrali termiche, mentre l’Albania ne ha in abbondanza. Al contrario, d’estate in Albania cala notevolmente la produzione di energia tramite le centrali idriche, mentre il Kosovo può produrre in abbondanza. L’unione del mercato, la collaborazione intensiva in tutti i campi della vita, a partire dalla cultura e dall’istruzione, comporterebbe la concorrenza dei valori. Uno stato composto da una popolazione maggiore, è anche un’opportunità per eliminare i legami nepotisti che esistono in Kosovo e in Albania. L’unione comporterebbe anche una democratizzazione vera del Paese e sarebbe anche nell’interesse della sicurezza: uno stato più stabile allontana l’appetito serbo per il nord del Kosovo e quello greco per il sud dell’Albania. In un intervista per la tv albanese Ora News, ha dichiarato che il processo dell’unificazione nazionale non finisce con l’unione dell’Albania col Kosovo. Cosa intende?
Gli albanesi, ovunque si trovino nel Balcani, vivono nelle loro terre. Loro sono autoctoni e divisi ingiustamente. Noi pensiamo che il punto di gravità deve essere Tirana. Lo Stato albanese dovrebbe essere il principale sostenitore degli albanesi che vivono attualmente in altri Stati. Per questo motivo serve l’unificazione con il Kosovo. Qualsiasi tentativo da parte degli albanesi non avrà mai successo se non incontra il consenso e il sostegno di un forte Stato albanese. Moltistranieri sono convinti che l’unificazione sarebbe solo un altro motivo di fuoco per i Balcani. Qual è la vostra risposta a questa visione?
In primis va raccontato loro che ci hanno separati tramite il fuoco e dunque non potremmo volere la guerra. Noi vogliamo semplicemente l’unione dei nostri Paesi e prima di prevedere gli ostacoli che potremmo incontrare nella nostra strada, vogliamo pensare al volere dei nostri popoli e loro desiderano l’unione.
I nostri Paesi sono divisi da un muro postcomunista e post-jugoslavo che influisce sulle relazioni tra le due popolazioni. Quando cadrà questo muro albanese?
La caduta del muro albanese dipende dall’intensità dei nostri sforzi. Ultimamente ho notato molti sviluppi positivi in questa direzione. La comunicazione mediatica e i contatti sempre più frequenti, hanno abbattuto molti pregiudizi che avevamo gli uni nei confronti degli altri. Ma per raggiungere al più presto questo traguardo, tutto ciò deve andare oltre alle relazioni umane. La
nostra collaborazione deve estendersi anche nell’economia, nell’istruzione, nella cultura e nello sport.