Da tutto il mondo per imparare l’albanese: succede da 29 anni a Prishtina, Kosovo, dove per due settimane studenti, studiosi e appassionati di albanologia affollano le aule della Facoltà di Filologia per un appuntamento che è ormai una tradizione.
Organizzato dall’Università di Prishtina, con la collaborazione dell’Università di Tirana e il sostegno dei Ministeri della Cultura e dell’Istruzione, il Seminari Ndërkombëtar Për Gjuhën, Letërsinë dhe Kulturën Shqiptare si tiene ogni anno nel mese di agosto. Alla prima edizione, nel 1974 (il Seminario è stato interrotto durante la guerra, e per qualche anno ospitato a Tirana), i partecipanti erano 28, provenienti per lo più da Germania, Francia, Russia.
Da allora, le richieste sono arrivate sempre più numerose da ogni Paese, dalla Cina a Israele, Siria, Giordania, Repubblica Ceca, un successo tale da costringere gli organizzatori a limitare le ammissioni entro un numero sostenibile. All’edizione 2010, che si è svolta dal 16 al 27 agosto, a fronte di 110 richieste sono stati ammessi 80 partecipanti, provenienti da Austria, Turchia, Germania, Slovenia, Polonia, Stati Uniti, Italia, Serbia.
Il gruppo più numeroso è rappresentato da studenti universitari già iscritti a corsi di Lingua Albanese nelle rispettive Facoltà dei Paesi d’origine, ma anche da cultori della materia che per i motivi più diversi vogliono approfondire le loro conoscenze. Motivi diversi, che tuttavia hanno in comune una forte impronta affettiva per l’Albania, la sua cultura, le tradizioni, e dunque la lingua che le esprime.
Ci sono le viennesi Margareta e Petrea, che nei Balcani si sentono a casa; Anna e Antonello, arbëreshë desiderosi di perfezionarsi nella lingua della “madrepatria”; c’è Diane, 59 anni, dalla Virginia, che ha cominciato a studiare da autodidatta dopo aver conosciuto Rushit, medico di Prishtina che negli Stati Uniti è impegnato in progetti di assistenza e recupero di persone disagiate. Il primo giorno di lezione, una full immersion svolta rigorosamente in madrelingua, chiediamo a due ragazzini dall’aria smarrita e l’inequivocabile “r” arrotondata, cosa li abbia portati qui.
La risposta arriva dal loro papà: emigrato a Parigi dal Kosovo una trentina d’anni fa, ha sempre parlato con loro in francese, col risultato che ora i suoi figli non riescono ad andare molto oltre “po, jo, faleminderit”. Sembra così avvilito che proviamo a incoraggiarlo: “Beh, può succedere, forse la mamma è francese…?”. A questo punto, il disagio dipinto sul suo volto si fa più acuto: “No, è di Peja.
E’ colpa mia, avremmo dovuto parlarli in albanese fin da quando erano bambini.” Ci vengono in mente i tanti piccoli viaggiatori incontrati nelle attese dei voli da e per Tirana, che con mamma e papà parlano solo italiano, perché, come ci spiegano i loro genitori, “così si inseriscono meglio a scuola e fra i compagni”. Piccole lingue tagliate crescono, verrebbe da dire; ma per fortuna questo papà pentito è qui per rimediare.
Oltre a frequentare lezioni e conferenze tenute da specialisti internazionali, i partecipanti al Seminario di Prishtina visitano città, musei e istituzioni di rilievo (Gjakova, Prizren, la Biblioteca Nazionale).
Il 25 agosto, i corsisti sono stati ricevuti dal Presidente della Repubblica del Kosovo, dr. Fatmir Sejdiu. Un incontro diventato un appuntamento annuale, a cui viene dato ancora maggiore risalto ora che la nazione vede la sua autonomia riconosciuta da un numero via via crescente di Paesi del mondo.
Nel Seminario 2010 sono stati presentati circa 150 temi linguistico – letterari peculiari della cultura albanese: accanto agli argomenti più tradizionali (il Kanun, la poesia epica, il mondo illirico fra mito e realtà), si è parlato dei problemi di traduzione dei testi, dei linguaggi specifici utilizzati in pubblicità e nel giornalismo, delle contaminazioni lessicali dovute all’eccessivo uso di termini presi in prestito da altre lingue.
Una giovanissima ricercatrice, Anna Kapidanova, ha presentato le variazioni espressive utilizzate nell’antico villaggio albanese di Mandricë, in Bulgaria. Nella sezione letteraria sono stati analizzati testi in versi e prosa: fra i poeti più studiati, Visar Zhiti, Lindita Arapi, Ali Podrimja, Frederik Rreshpja.