Per contrastare l’immigrazione clandestina, il governo Berisha, fecce approvare all’inizio della passata legislatura, un pacchetto di leggi tra cui anche quella che vietava ai cittadini albanesi il possedimento di imbarcazioni marittime. Ovviamente erano esclusi i pescherecci per la pesca ma sta di fatto che se un cittadino albanese qualunque avesse avuto la possibilità di potersi comprare una piccola barca, non avrebbe potuto farlo. Il provvedimento è stato prorogato fino al 2012 ma rimane una foglia di fico perché gli albanesi hanno intestato le loro barche a prestanome italiani.
In Italia, molte di queste misure, sono state salutate con raggiante ottimismo e l’Albania ormai viene citato come esempio di successo nella lotta all’immigrazione clandestina. Di fatto, la riduzione drastica di questo fenomeno è dovuta a una molteplicità di fattori e non si può ricondurre solamente alle misure “repressive”. Innanzitutto, il bacino di potenziali immigrati albanesi non regolari è andato sempre di più assottigliandosi. Moltissimi sono venuti in Italia con il ricongiungimento familiare, per molti altri i flussi sono stati un’ottima occasione, e il regime dei visti facilitati a livello comunitario per alcune categorie di cittadini albanesi, in vigore dal 2009, ha reso meno travagliata la loro circolazione verso l’Unione europea. A questi fattori di tipo strutturale, bisogna inevitabilmente aggiungere che per molti albanesi oggi, si è affievolito il mito del paradiso Italia e di conseguenza è diminuita anche la capacità attrattiva che esercitava su di essi fino a qualche anno fa. In parte, è dovuto al fatto che sono sempre più frequenti i rientri in patria, dovuti anche alla crisi attuale, e gli immigrati di ritorno non cercano più di ostentare benessere forzato, ma in qualche modo rispecchiano la realtà italiana con tutte le sue difficoltà. Un altro elemento importante è anche la sofisticazione del traffico illegale di persone. Tutti quelli che decidono di venire in Italia, tendenzialmente cercano di farlo in sicurezza per la propria vita. Ecco quindi che le frontiere si possono passare con documenti falsi, utilizzando altri valichi Schengen come la Grecia, con finti contratti di lavoro e marchingegni simili. Quindi l’immigrazione clandestina si è semplicemente evoluta e non del tutto sparita. A livello di propaganda serve sia alla politica albanese che cerca di mostrare “i muscoli” contro la criminalità organizzata, sia a quella italiana che usa l’esempio Albania come un successo del funzionamento del moto “aiutiamoli a combattere l’immigrazione clandestina direttamente a casa loro”. Inoltre, sono molti le cessioni che il governo albanese ha fatto ad aziende italiane (Eni, Moncada, ecc) su forte pressione del governo italiano. Tuttavia, queste vanno viste all’interno di una strategia più ampia della classe politica albanese che prende provvedimenti per tenersi buoni le potenze europee, i cosiddetti “internazionali” in gergo albanese, a volte troppo presenti nella politica interna del paese. Nell’aprile del 2009 il premier Berisha si è recato in Francia ed ha incassato l’appoggio pubblico di Sarkozy a favore dell’adesione dell’Albania in UE. Oltre a questa dichiarazione il premier ha anche posto le basi per favorire l’acquisto di alcuni elicotteri dalla controllato governativa franco tedesca Eurocopter, da parte del ministero della difesa albanese. Secondo l’agenzia francese AFP, a dicembre, il governo albanese ha comprato 5 elicotteri per un valore di 80 milioni di euro. Da questo appalto sono stati tenuti fuori sia gli italiani di Augusta che gli americani di Sikorski.
Tutte queste azioni di compiacimento politico ed economico però non hanno assolutamente prodotto nessun tipo di beneficio immediato per gli albanesi. È noto che a partire dal 19 dicembre scorso, per la Macedonia, la Serbia ed il Montenegro sono aboliti i visti per entrare nell’area Schengen. L’Albania, insieme alla Bosnia, rimangono gli ultimi due stati ormai isolati all’interno di un area che si muove liberamente. È tempo forse per la classe politica albanese, ma anche per le cancellerie europee, di cominciare ad affrontare i problemi veri e le riforme necessarie al paese, e non limitarsi ad inutili e costosissimi spot elettorali e propagandistici.