Se lunedì il Consiglio europeo ha dato il via libero definitivo all’abolizione del regime di visti di breve periodo per l’Albania, ieri è stata la volta della Commissione europea che ha espresso il suo parere negativo sulla richiesta presentata da Tirana il 28 aprile del 2009 per lo status di paese candidato all’Ue. Stesso mittente, stesso destinatario.
Il parere tiene conto dei passi fatti dall’Albania verso l’UE in base ai criteri di Copenaghen, che sono quello politico, economico e dell’acquis communitario. Dal punto di vista politico si chiede la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia e lo stato del diritto e tutelano i diritti fondamentali dell’uomo e delle minoranze etniche. Il criterio economico riguarda l’esistenza di un’economia di mercato affidabile e la capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale all’interno dell’Unione. Invece quello dell’acquis communitario, che consiste nell’accettare gli obblighi derivanti dall’adesione e, segnatamente, gli obiettivi dell’unione politica, economica. Durante la conferenza stampa ufficiale di ieri, il commissario Fule, riferendosi al parere della Commissione ha detto che “i negoziati per l’adesione all’Unione europea devono essere aperti una volta che il paese ha raggiunto il necessario grado di conformità con i criteri di adesione, e in particolare i criteri politici di Copenaghen, che richiedono la stabilità delle istituzioni e quali garantiscono in particolare la democrazia e lo Stato di diritto. Raccomandiamo l’Albania di compiere ulteriori sforzi per sfruttare i progressi fatti fino ad oggi”. Una dichiarazione simile alla premessa dello stesso Commissario nel cosiddetto “key findings”, il documento sintetico dell’opinione e del report analitico della Commissione europea sulla richiesta dell’Albania a paese candidato dell’UE, in cui Fule si augura che la politica albanese “trovi la determinazione necessaria di superare gli ostacoli e costruire una società democratica vera con un’economia di mercato solida e un corpo legislativo allineato con quello comunitario”. Di fatto è proprio la politica albanese ad essere bocciata, non superando la prova del primo criterio di Copenhagen: quello politico che è anche il più importante. Nonostante i progressi compiuti negli anni sul miglioramento della legislazione secondo gli standard comunitari, la riforma giudiziaria e la lotta contro la corruzione, la Commissione esprime le sue perplessità: “l’efficacia e la stabilità delle istituzioni democratiche non sono soddisfate pienamente. Le istituzioni e le procedure parlamentari non funzionano come si deve. Il Parlamento non controlla effettivamente il lavoro del governo e il dialogo politico non è costruttivo ma scontroso e questo non solo a causa della crisi politica che dura delle elezioni del 2009. Di conseguenza, il suo ruolo rimane debole”.
Invece è l’economia albanese ad essere promossa. Nonostante lo sviluppo economico dell’Albania sia piuttosto fragile, l’economia dipenda in parte dalle rimesse degli emigranti e la bilancia commerciale dipenda dalle importazioni, il criterio economico ha preso la sufficienza per aver affrontato bene la crisi economica globale e la sua stabilità macro-economica. Tuttavia, la Commissione accentua la necessità di una maggiore attenzione per il crescente debito pubblico e l’alto tasso di disoccupazione.
Doccia fredda invece per l’amministrazione pubblica, parte del criterio politico. Secondo la Commissione: “l’amministrazione pubblica rimane debole e politicizzata, le nomine non sono trasparenti e i funzionari pubblici vengono sostituiti continuamente”. Inoltre, la Commissione si dice preoccupata sull’efficacia e l’indipendenza del sistema giudiziario, “accusando” il governo di non rispettare le sentenze della Corte Costituzionale e di usare politicamente le nomine dei giudici di Cassazione proposte dal Presidente della Repubblica.Uno dei problemi maggiori della società albanese è la corruzione, che per la Commissione rimane un problema molto serio, e chiede “la soluzione dei problemi che bloccano l’indagine verso ministri, deputati e giudici che godono immunità illimitate”. Invece sulla criminalità organizzata si sono verificati progressi nel quadro legislativo ma si devono ancora mettere in pratica.Un giorno la bella notizia, quello dopo la brutta. In altre parole, vi promuoviamo sulla liberalizzazione dei visti perché fondata su una valutazione piuttosto tecnica nell’adempimento dei criteri richiesti, ma vi bocciamo sulla richiesta di paese candidato perché fondata su una valutazione politica ed economica. E questo deve far riflettere tutti.