La politica della liberalizzazione dei visti: biglietti d’ingresso regalati oppure obiettivi comuni da raggiungere?
Il 8-9 novembre prossimo, il Consiglio europeo dei Ministri degli Interni darà il via libera alla liberalizzazione dei visti per l’Albania e la Bosnia-Erzegovina. Allo stato attuale, i 28 stati appartenenti all’Area Schengen comprendono complessivamente circa 400 milioni di abitanti. Il Kosovo rimane l’unico paese dei Balcani occidentali escluso, in quanto non è stato ancora riconosciuto da cinque paesi membri dell’Unione europea: Grecia, Spagna, Cipro, Romania e Slovacchia. I due paesi balcanici contano circa 7 milioni di persone, 3,2 milioni l’Albania e 3,8 milioni la Bosnia-Erzegovina, con una popolazione emigrata che va dai 27% ai 36% di quella complessiva, le cui rimesse coprono rispettivamente circa il 13% e 15% del PIL nazionale (dati Banca Mondiale 2010).Un Party mancato
Facciamo alcune ipotesi. Immaginiamo l’Europa come una grande Villa dove si svolge la Festa, (area Schengen). Fuori, ci sono ancora pochi paesi desiderosi di entrarci (Albania e Bosnia ed Erzegovina in prima fila). L’ingresso arriva come un premio di buona condotta, iniziato alla summit di Salonicco nel 2003, e messo in pratica dall’avvio dei dialoghi nel 2008. Infatti, in seno europeo il tavolo è stato preparato con tanto di condizioni di stabilità e democrazia, come anche di una serie di acquis di obblighi e diritti. Sembra tutto pronto per dare inizio alla danze, concedendo la libera circolazione per i soggiorni fino a 90 giorni nell’area Schengen, se non fosse per i titoli di DeMorgen (giornale belga di lingua fiamminga e stampo socialista) che esclama “l’invasione degli albanesi”. Inoltre, la Francia fin da subito aveva ammonito l’Europa per le decisioni affrettate. E nemmeno la Germania, i Paesi Bassi e la Svezia si sono mostrati in vena di festeggiamenti. E qui la festa si ferma. Infatti, il Belgio teme “un’ondata di albanesi in cerca d’asilo” dopo la notizia che circa 1,1 milioni di cittadini del paese delle aquile hanno richiesto un passaporto biometrico per potersi muovere liberamente all’interno dell’area Schengen. “Le autorità belghe sono in allarme, dato che il paese conta già un numero di richieste d’asilo quattro volte superiore alla media europea”, prosegue il DeMorgen. Una paura infondata in quanto buona parte delle richieste di nuovi passaporti è stata effettuata da cittadini albanesi regolarmente residenti all’estero, e al contrario dei casi serbi e macedoni, l’Albania non ha mai sofferto di tensioni etniche tra slavi e albanesi per poterlo usare come motivo valido per richiedere asilo politico. Alla Francia, già a settembre l’eventualità della libera circolazione per i cittadini dei due paesi balcanici, aveva tolto le voglie di festa, temendo un altro cavallo di Troia del tipo Romania e Bulgaria 2007. Al Parlamento francese, si è rasserenata l’opinione nazionale giustificando la decisione non come un regalo diplomatico arrivato giusto prima di Natale, ma di una “questione di sicurezza”. Ai due Stati verrano chiesti in cambio del biglietto d’ingresso garanzie di sicurezza nazionale e internazionale. Per capire, basta ricordare alcuni tra i sei obiettivi elencati alla creazione dell’Area Schengen nel 1985, quali: l’abolizione dei controlli sistematici sulle persone alle frontiere interne (punto 1); il rafforzamento della cooperazione tra la polizia e la possibilità di intervenire anche oltre i propri confini, per esempio durante inseguimenti transfrontalieri (punto 4); e la condivisione e l’integrazione delle banche dati delle forze di polizia creando il Sistema di informazione Schengen, detto anche SIS (punto 6). Per non parlare del fatto che rifiutare avrebbe significato mettere in dubbio la “credibilità della UE” di fronte ai suoi maggiori corteggiatori e avrebbe tradito le loro aspettative, come affermano gli stessi organizzatori della festa, l’eurodeputata slovena Tanja Fajon e quello slovacco Eduard Kukan. Quindi l’invito e l’apertura delle porte aiuta a contrastare un’altra ondata di nazionalismi regionali e difende da risentimenti anti-europei in mezzo alle popolazioni in questione, come asserisce l’euodeputata britannica Sarah Ludford. Bisogna in qualche modo riprendere la festa, dunque! Che ne pensano gli invitati?
La cattiva informazione ha fatto confondere l’effettivo diritto di viaggiare liberi nell’area Schengen e l’idealizzato e irreale diritto di lunga-permanenza o di lavoro. Giusto ora, i cittadini dei due paesi si rendono coscienti che la tanto attesa liberalizzazione si tradurrà in un ingresso libero senza diritto di consumazione. Infatti, i “viaggi liberi” saranno sostenibili solo da una parte della popolazione, l’altra parte più povera si dovrà rassegnare, probabilmente con un atteggiamento di chi è pronto a sbuffare. Si sostiene che sarà, invece, un passo importante per i partiti al governo, che intelligentemente useranno tale opportunità per compiere gli ultimi preparativi richiesti. E – banalmente – ci si aspetta uno stimolo continuo nelle attività dei governi, e a maggior ragione delle persone che ne beneficeranno, ma anche della stessa Europa che potrà vedere i suoi consigli trasformarsi in operazioni concrete. E, “last but not least”, l’impatto di una popolazione che si muove darà i suoi frutti non solo economicamente ma soprattutto nella standardizzazione dei modi di vivere e delle pretese nei confronti delle istituzioni, europeizzando il pensiero, che è l’esatto obiettivo delle decisione presa. Se uniamo insieme tutti questi elementi, si configura una specie di teoria dei giochi a somma zero, dove si presume che i guadagni siano bilanciati dalle due parti: gestendo le “invasioni” da una parte e educando le popolazioni dall’altra.