Si è tenuta a Sarajevo, capitale della Bosnia Erzegovina, il 2 giugno scorso, la conferenza internazionale tra l’UE e paesi dei Balcani occidentali.
Due gli obiettivi della conferenza dedicata interamente ai Balcani occidentali: dimostrare che i 27 membri dell’UE non intendono affatto calcare la mano sulla “fatica di allargamento” e ribadire che la prospettiva di inclusione dei Balcani occidentali nell’Ue è essenziale per la stabilità e lo sviluppo della regione.
L’Ue riconosce ai Balcani occidentali di aver compiuto grandi passi avanti, sia per quanto riguarda le riforme politiche che quelle economiche. Al contempo non manca di sottolineare l’approccio rigoroso con cui si valuterà il rispetto delle condizionalità dettate dal Processo di stabilizzazione e associazione, alla quali i paesi dovranno scrupolosamente attenersi. L’Unione sottolinea inoltre che molte sono ancora le sfide che questi paesi devono affrontare, soprattutto nell’ambito dello stato di diritto, della lotta alla corruzione e alla criminalità, della libertà di espressione e del ritorno dei rifugiati.È evidente che l’Ue in questo momento non ha molto più da offrire ai vicini balcanici, se non la riconferma ufficiale della prospettiva di integrazione. Sulla tempistica e sulle modalità però resta tutto in sospeso. Nel documento redatto dalla presidenza spagnola, al termine della conferenza, si ribadisce che “i Balcani occidentali, ora che sono fermamente ancorati al processo di allargamento dell’Ue, dovranno intensificare i loro sforzi per adempiere ai criteri stabiliti e creare le condizioni necessarie al loro cammino verso l’adesione all’Ue”. È stata inoltre ribadita esplicitamente in termini favorevoli la proposta della Commissione europea di abolizione del regime dei visti per Bosnia Erzegovina e Albania, senza però che si facesse menzione ad una data certa.
Per l’Albania, lo stato delle relazioni con l’UE diventa sempre più complicato. Colpa della crisi politica che travolge il paese da un anno, nonostante i continui richiami dei partner internazionali ai politici albanesi di ritrovare la via del dialogo istituzionale. Infatti, il 20 maggio scorso, a Strasburgo è parso che le parti avessero finalmente trovato modo per risolvere la crisi. Dopo pochi giorni sembra esserci di nuovo al punto di partenza. Il governo e l’opposizione si ritrovano nelle posizioni pre-Strasburgo, senza tener conto che sono loro responsabili della lunga transizione albanese che così facendo durerebbe ancora a lungo. Anche l’incontro di Sarajevo è stato interpretato diversamente dalle parti, il governo si prende i meriti dei progressi fatti dall’Albania verso l’Ue e l’opposizione accusa la maggioranza per le mancate riforme, quelle che hanno rallentato il processo della liberalizzazione dei visti dopo la comunicazione della Commissione Europea sui 3 criteri che il paese deve ancora adempiere per poter ottenere la libera circolazione entro quest’anno.
L’unico a vederci chiaro e a ripetere lo stesso messaggio da mesi è stato il commissario europeo per l’allargamento Stefan Fule: trovare il dialogo istituzionale e lavorare sulle riforme che servono al paese. Il primo giugno scorso anche la Commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo ha deciso di rinviare la votazione sulla risoluzione per lo stato dell’integrazione europea dell’Albania, mentre non ha esitato a votare a favore quella sulla Bosnia. Insomma anche i segnali da questa istituzione che nei mesi prossimi dovrà votare l’abolizione del regime dei visti, sono chiari: risolvere la crisi politica.