Il Tribunale di Tirana ha deciso oggi pomeriggio di confermare il fermo in carcere per 11 manifestanti arrestati lo scorso fine settimana dopo la violenta protesta contro l’introduzione del pedaggio sulla tratta albanese dell’autostrada che collega il paese con il Kosovo.
La Corte ha considerato valide le richieste dell’accusa dopo ben cinque ore di dibattito. Altri due manifestanti saranno ai domiciliari mentre per 10 manifestanti la Corte ha deciso – soprattutto per l’età e i problemi di salute di questa decina di manifestanti – l’obbligo di presentarsi al commissariato di polizia di Kukës.
I 23 arrestati vengono accusati di “distruzione di proprietà” e “resistenza a pubblico ufficiale“. Durante la protesta dello scorso fine settimana, i manifestanti hanno lanciato sassi contro le forze dell’ordine, per poi dare alle fiamme i caselli del pedaggio.
La sentenza della Corte è stata preceduta da forti tensioni. Centinaia di agenti delle forze di polizia hanno circondato la sede del tribunale dalle prime ore del mattino bloccando una vasta area intorno al tribunale e chiedendo ai cittadini dove si stessero dirigendo.
Per questo motivo, molti cittadini ‘innocenti’ non hanno digerito la situazione creatasi e hanno discusso con la polizia riguardo il loro diritto di potersi muovere liberamente e senza dover rendere conto a nessuno del loro spostamento.
La situazione si è aggravata quando un gruppo dei deputati dell’opposizione composta dal Partito democratico – uno di loro ha anche gridato dalla folla “fermate i ladri al potere, non i cittadini” -principale formazione del centro destra guidata da Lulzim Basha, e dal Movimento socialista per l’integrazione (LSI) partito del centro sinistra, hanno chiesto con forza di entrare nell’aula dove doveva svolgersi la seduta, ma sono stati bloccati dalle forze dell’ordine.
L’accusa dei manifestanti era di falsificazione di documenti da parte dei pubblici ministeri relativa agli arresti: i documenti dell’accusa, infatti, riportano che i manifestanti violenti di sabato siano stati arrestati alle 10 del mattino di Domenica, mentre gli arresti si sono verificati nel cuore della notte tra sabato e domenica.
Dopo vari tentativi di sfondare la porta della sala, il capogruppo parlamentare del Pd, Edmond Spaho ha accusato la polizia di “aver esercitato violenza nei nostri confronti. Stiamo vivendo la dittatura di Rama, ma non ce la farà. Avrà di fronte sia noi che i cittadini”, ha dichiarato Spaho.
L’opposizione ha invitato i cittadini albanesi a mostrare solidarietà ai detenuti, invitandoli a partecipare ad un’altra protesta che si svolgerà sabato alle 12:00.
La protesta parallela a Ballsh
La protesta contro gli arresti dei manifestanti di Kukës non è l’unica di questa settimana. Mercoledì, infatti, a Ballsh dozzine di lavoratori della raffineria di petrolio hanno preso il controllo della raffineria della città stessa scontrandosi contro guardie di sicurezza. La causa è stata la mancanza da mesi del pagamento degli stipendi.
La raffineria costruita durante l’era comunista è stata privatizzata nel 2008. Da allora è andata in bancarotta diverse volte lasciando centinaia di milioni di euro di tasse e spese non pagate.
Il caso più recente è stato il fallimento – nel dicembre scorso – di una società off-shore chiamata IRTC, che ha decine di milioni di euro di tasse non pagate, dopo aver iniziato a la propria attività lavorativa un anno fa con la ‘benedizione’ di due ministri del governo.
Discussione su questo articolo