Moisi Habilaj, leader di un’organizzazione criminale con base a Valona – la cui inchiesta da parte delle autorità italiane aveva provocato disordini politici un anno e mezzo fa in Albania – è stato condannato a 15 anni di reclusione dal tribunale di Catania.
Il fratello di Moisi, Florian Habilaj, è invece ancora ricercato, mentre i tre direttori di polizia accusati dalla procura albanesi di traffico internazionale di droga continuano a rimanere a piede libero.
I due fratelli scossero l’intera atmosfera politica albanese nel 2017, quando la polizia italiana concluse un’operazione quadriennale con l’arresto di decine di persone accusate di trafficare marijuana dall’Albania verso l’Italia. Tra i documenti giudiziari, infatti, uno in particolare – reso pubblico dall’opposizione politica albanese – fece più clamore degli altri, in quanto documentava i dialoghi tra l’organizzazione e la politica albanese, tra cui anche l’ex ministro degli interni Saimir Tahiri.
L’inchiesta ha gravato tanto sul governo albanese, ripetutamente accusato di aver permesso e ‘coperto’ la coltivazione di cannabis nel 2015-2016 trasformando in questo modo l’Albania in un narco-stato. Tuttavia, il premier Rama ha sempre negato le accuse sostenendo che il suo governo abbia sempre lavorato per eliminare alla radice questo problema.
Saimir Tahiri rinviato a giudizio
L’ex ministro Tahiri è stato l’unico – tra gli imputati – a presentarsi nella mattina di oggi presso il tribunale di primo grado.
Tahiri è accusato di traffico di stupefacenti in cooperazione con la criminalità organizzata e di far parte dell’organizzazione stessa, così come i tre direttori di polizia di Valona che tuttavia oggi non si sono presentati in tribunale (presenti solo i loro legali).
Per questo motivo, il giudice ha ri-ordinato la procedura di notifica giudiziaria per tutti e tre gli imputati che non erano presenti e ha deciso di rinviare l’udienza al 3 luglio alle ore 09:00. Decisione che non è andata già all’ex ministro degli interni, che ha così reagito:
“Ho il diritto di chiedere un processo quanto più rapido possibile, perché sono passati due anni da quando la causa è in sospeso. E’ possibile che ci debba essere un’udienza ogni giorno?”
La causa penale contro Saimir Tahiri, infatti, è iniziata nell’ottobre del 2017 quando – a seguito delle intercettazioni telefoniche tra membri del gruppo criminale – fu menzionato il nome dell’ex ministro, con allusioni a regali che sarebbero arrivati dalla banda.