Articolo di Fejzian Petritaj
Si è conclusa nelle prime ore del pomeriggio di lunedì la lectio magistralis tenuta dallo scrittore italiano Roberto Saviano nella sala ovale del Palazzo dei Congressi di Tirana. Organizzata in occasione dell’evento Tirana Open 1 – Festival del libro e delle arti, l’incontro ha visto la partecipazione di un vasto pubblico composto da studenti, membri della società civile e giornalisti. In sala era presente anche Mirela Kumbaro, Ministro della Cultura albanese, sotto il cui patrocinio si è svolto l’evento. Durante la lectio, lo scrittore del bestseller “Gomorra” ha presentato il suo libro “Zero Zero Zero”, edito in lingua albanese da Dudaj publishing house.
Durante l’incontro con il folto pubblico albanese, lo scrittore e giornalista italiano ha illustrato il gigantesco giro d’affari che si nasconde dietro la cocaina e il narcotraffico mondiale. Un giro d’affari tra i più grandi al mondo, in grado di superare con facilità i confini nazionali. Un mondo, quello descritto dall’autore, estremamente complesso, ramificato e violento, che coinvolge terrorismo, droga e grandi flussi di denaro. Secondo lo scrittore anche l’Albania è coinvolta nel fenomeno del crimine organizzato e del narcotraffico internazionale. È significativa l’attenzione con cui il pubblico di Tirana accoglie le sue parole., così come altrettanto significativa è l’assenza di rappresentanti del mondo politico e del mondo della giustizia albanese. Al termine della presentazione del libro, Roberto Saviano risponde alle domande del pubblico, quasi tutte inerenti l’esistenza o meno della mafia e del concetto di associazione mafiosa in Albania.
Saviano ammette che è difficile parlare di mafia in Albania. Secondo l’autore di “Gomorra” ciò è dovuto ad un vuoto di informazione riguardo a questo fenomeno e ne attribuisce la causa all’assenza di inchieste giudiziarie sul crimine organizzato albanese. “È difficile per me – ha precisato il giornalista italiano – trovare un uomo o una donna albanesi che mi raccontino ciò che loro pensano su questo tema. Il primo passo che voi albanesi potete fare è aiutare a far capire che, se raccontiamo queste cose, non stiamo diffamando né l’Albania né la cultura albanese. Anzi, è esattamente l’opposto. Lo stesso mi capita con gli italiani cui dico la stessa cosa. Non è nascondendo le mafie che facciamo vedere che siamo migliori. Al contrario, denunciamo con orgoglio le ferite e le contraddizioni che abbiamo. Dobbiamo essere orgogliosi di parlare di queste cose. Invece io in Albania ho una resistenza immensa a parlarne. Anche la persona che sa che esistono è infastidita dall’idea che venga questo italiano a “rompere le scatole”, a peggiorare l’immagine dell’albanese nel mondo”.
Nel suo discorso lo scrittore italiano mette in evidenza un aspetto solo apparentemente marginale: quello del nome della mafia albanese. L’autore sottolinea come l’attività criminale albanese abbia una eco molto limitata, sia nella stampa estera che in quella locale.
Saviano considera la malavita organizzata come “un freno al grande potenziale che l’Albania può esprimere”, e nel suo discorso sottolinea la necessità di affrontare in modo compatto le organizzazioni malavitose che agiscono tra l’Albania e l’Italia.
Rispondendo alle numerose domande del pubblico sul perché la politica albanese non tratti il tema della mafia, Saviano afferma che parlare di mafia in Albania fa perdere voti. Aggiungendo che lo stesso avviene anche nel sud Italia. Per lo scrittore italiano, “la politica ha paura di affrontare questo tema anche quando non è collusa, perché timorosa di dare un’immagine di sé terribile, trasformando il dibattito sulla malavita organizzata in qualcosa di molto difficile. Questo atteggiamento l’autore lo riscontra anche fuori dall’ambito politico, ma rimane profondamente convinto che non si possa risolvere il problema evitando di affrontarlo”.
Tra i tanti temi trattati, Saviano si è espresso anche sulla questione della legalizzazione delle droghe leggere in Albania, dichiarando che tale obiettivo deve essere raggiunto gradualmente.
Le istituzioni dell’Albania sono un altro argomento affrontato da Saviano durante la lectio magistralis. Secondo lo scrittore uno dei problemi più gravi dell’Albania, riguarda il grado di corruzione del Paese. “La corruzione è qualcosa che non puoi combattere solo con la moralità, ma anche con la progettualità. Devi capire che, se ti fai corrompere, il tuo progetto di vita fallisce. Qui, come nel sud Italia, sembra che la progettualità della vita non fallisca quando si corrompe o si viene corrotti. È esattamente l’opposto. Il fallimento esiste se non si viene corrotti! Le persone cercano un posto pubblico per farsi corrompere e prendere soldi. Questo non è vero in tutti i casi, ma è un fenomeno di cui dobbiamo iniziare a parlare. Solo così si può combattere la corruzione, cominciando ad abbatterla come fenomeno culturale. Ovviamente parlare non è sufficiente per fermare il fenomeno della corruzione. Serve altro. Serve l’intervento del sistema giudiziario. Per avere una lotta alla corruzione efficace, è fondamentale che il sistema giudiziario albanese muti. Come mi diceva il Ministro albanese parlando della corruzione del sistema giudiziario, “in Albania non esistono cause difficili, solo cause costose”.
Quindi perdi se non paghi! Questo ovviamente non è sempre vero ma è molto frequente in Albania. Tutto ciò deve cambiare perché non può esserci una lotta efficace alla corruzione e alla criminalità organizzata se il sistema giudiziario è a sua volta corrotto”.
Lo scrittore italiano sottolinea come molti dei problemi che la società albanese affronta oggi siano gli stessi che ha affrontato l’Italia nella sua storia recente. “L’Albania e il sud Italia -continua- conoscono bene questi fenomeni, e non bisogna avere paura di ammettere tutto questo. Bisogna avere il coraggio di chiamare le cose con il proprio nome. In Albania questo non avviene ancora. Da quando sono qui ho parlato con politici, con sindaci e quando chiedevo loro della criminalità organizzata mi dicevano che in Albania questo fenomeno non esiste. Che non esiste la mafia in Albania. Ecco, io queste cose le sentivo vent’anni fa nella mia terra. E sentivo la stessa cosa solo pochi anni fa a Roma, dove poi è scoppiato il caso di Mafia-Capitale”.
Durante l’incontro con il pubblico Roberto Saviano insiste più volte sul tema del coraggio. Il coraggio di parlare e di dare un nome al male. Lo scrittore italiano sceglie di parlare, e lo fa attraverso i suoi libri. Nel suo discorso l’autore spiega la scelta di condividere le sue storie come un bisogno per allontanare questo male da sé. “Quando guardi a lungo nell’abisso, l’abisso ti guarda dentro”: questo verso di Nietzsche che ho voluto citare nel mio libro è molto significativo perché studiare questi fenomeni trasforma il tuo sguardo sulla realtà. Io sono riuscito a sfuggire a questo abisso attraverso la condivisione di queste storie. È un modo per liberarsene. È questa una delle magie della potenza letteraria”.
Verso la fine dell’incontro viene chiesto a Saviano se farebbe di nuovo la scelta di raccontare la verità a costo della sua personale libertà. “È vero che si perde la propria libertà – risponde lo scrittore – ma io in questa situazione ci sono finito. Non l’ho cercata e non l’avrei mai immaginato. In tanti avevano scritto sul mondo della criminalità organizzata. È andata così… Posso dire che tornando indietro lo rifarei forse in modo diverso”.
Dopo più di due ore l’incontro giunge al termine. Roberto Saviano saluta il suo nuovo pubblico, che gli risponde con un lungo e toccante applauso. Grande è stata la partecipazione e l’attenzione dedicata alle sue parole. Importante è stata anche l’attenzione che la stampa albanese ha dedicato all’evento. L’opinione pubblica albanese è molto scettica sull’esistenza della mafia in Albania. Se questa incertezza sia figlia della mancanza di informazioni sull’argomento o della effettiva assenza di un sistema criminale mafioso, non è ancora possibile saperlo.
“Dovete dare un nome a questo male. Non dovete avere paura di chiamare le cose con il proprio nome”: è stato questo il leitmotiv della lezione di Saviano. È questo il suo lascito.
Attribuire quindi una forma a ciò che è ancora informe. “That other shape, if shape it might be called that shape has none”, così descriveva John Milton la morte. Allora le domanda da porsi potrebbero essere le seguenti. Cosa può mortificare la società albanese? Qual è il suo nemico? Trovando la risposta a queste domande si può forse trovare la risposta al quesito se in Albania esista o meno la mafia. Per affrontare e sconfiggere un nemico bisogna prima individuarlo, attribuirgli una forma, un nome. Il concetto stesso di invincibilità è legato all’assenza di un nome. Solo Dio non ha nome. Non si tratta di una sterile questione nominalista. Un nome porta ordine, individua un problema, individua un nemico. Quali sono i nemici della società albanese? È forse questo nemico l’alto tasso di corruzione? il sistema giudiziario che, citando Saviano, “favorisce chi paga di più”? la povertà? la disoccupazione? l’abuso edilizio? Oppure si tratta di qualcosa di ancora più terribile? Qualunque sia la risposta a questo problema, Roberto Saviano ha avuto il grande merito di aver richiamato l’attenzione della stampa albanese sul mondo del crimine organizzato e delle ripercussioni delle attività illecite nella società albanese.