L’intera attenzione dei media e dell’opinione pubblica albanese è concentrata sul processo dell’ex ministro degli interni, Saimir Tahiri.
Oggi, a partire dalle 16:00, la Corte d’assise albanese si è riunita per emanare il verdetto definitivo sul caso “Habilaj”. Durante l’udienza in tribunale, Tahiri ha affermato fortemente di essere innocente mostrando diverse prove tra cui una foto con il primo ministro Edi Rama in un bar sul monte Dajti.
L’ex ministro degli interni è stato accusato di tre reati gravi: “corruzione di alti funzionari”, “concorso in traffico di stupefacenti” e di “gruppo criminale strutturato” all’interno del fascicolo “Habilaj”.
L’accusa ha chiesto 12 anni di reclusione per l’ex ministro degli interni, Saimir Tahiri. Richiesta che scenderà a 8 anni per la richiesta di rito abbreviato del processo.
Il verdetto della Corte d’assise albanese
Dopo due anni di indagini, la Corte d’assise albanese ha pronunciato la tanta attesa decisione nei confronti di Saimir Tahiri, condannandolo solo per abuso d’ufficio.
Il tribunale ha condannato l’ex ministro degli interni con 5 anni di carcere, poi diventati 3,4 anni per la richiesta di rito abbreviato del processo. Tuttavia, il tribunale ha poi deciso di convertire la pena in tre anni di affidamento in prova ai servizi sociali oltre al fatto che per cinque anni Tahiri non potrà svolgere funzioni o incarichi pubblici.
Alla luce di tutte le prove presentate dall’accusa, la Corte ha deciso che non vi erano prove che coinvolgevano l’ex ministro nel concorso al traffico di stupefacenti con gli gruppo criminale “Habilaj”.
Allo stesso modo, in riferimento alle intercettazioni della procura italiana nelle quali gli Habilaj discutono di un regalo da dover dare all’allora ministro Tahiri, la Corte ha dichiarato che non vi sono prove sufficienti per ricollegare questi “regali” a Tahiri.
L’accusa di abuso d’ufficio
Secondo la procura per i reati gravi, nell’ambito della cattura del peschereccio “Fatima” – che trasportava sostanze stupefacenti – in Italia nel 2015, gli alti funzionari statali e la polizia albanese non hanno agito per prevenire il traffico di droga dall’Albania.
Stessa posizione della guardia di finanza italiana che allora dichiarava nei suoi rapporti che gli alti funzionari albanesi e il ministro degli interni dell’epoca – ovvero Saimir Tahiri – non erano intervenuti per impedire il traffico.