Tutto inizia grazie a una contestazione legale da parte del BIRN – the Balkan Investigative Reporting Network –che l’agenzia di intelligence attuale del paese voleva limitare.
Dopo quasi tre anni di sforzi legali da parte di BIRN Albania, il tribunale ha respinto le argomentazioni degli attuali servizi segreti del paese secondo cui tali informazioni dovrebbero essere tenute segrete per sempre.
La sentenza, che non può essere impugnata, ha confermato una decisione giudiziaria di primo grado dal 2016.
BIRN fece per la prima volta una richiesta legale per la declassificazione dei file dell’era comunista a marzo 2016, richiedendo rapporti annuali dei Sigurimi per il periodo dal 1980 al 1989, oltre a informazioni statistiche sul numero di albanesi sotto sorveglianza attiva dei Sigurimi durante quel periodo. L’attuale servizio di informazione di Stato, SHISH, che ha controllato gran parte dell’archivio Sigurimi dalla caduta del comunismo, ha prima rifiutato la richiesta, sostenendo che non aveva l’autorità per gestirlo.
Il Commissario per la libertà di informazione dell’Albania ha ordinato a SHISH di aprire i file e rivalutare il loro status come documenti segreti, sulla base di una legge del 2014 sulla libertà di informazione. Tuttavia, nel settembre 2016 SHISH ha insistito sul fatto che le informazioni richieste da BIRN dovrebbero rimanere segreto di Stato. Durante l’udienza, SHISH ha sottolineato che nel suo parere, i file e le statistiche dovrebbero rimanere “segreti in perpetuo” e ha affermato che ha “un diritto esclusivo” di decidere se declassificarli o meno.
In termini di importanza, la decisione è chiaramente un passo coraggioso da parte dei tribunali albanesi per portare il loro approccio su questa delicata questione in linea con gli standard di legge internazionali e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani. Nonostante ciò, merita essere sottolineato che questa apertura arriva in ritardo rispetto agli altri paesi del ex blocco comunista. A partire dal 2015 i file della Stasi, la famigerata polizia segreta della Germania dell’Est comunista, sono stati resi disponibili per la prima volta su un sito web del governo tedesco. La Stasi, ampiamente considerata come una delle più efficaci organizzazioni di intelligence della Guerra Fredda, mantenne una stretta ferrea su ogni aspetto della vita all’interno della Germania dell’Est, spiando i propri cittadini e conservando file estesi su milioni di loro. Gli ufficiali della Stasi hanno cercato di distruggere i loro file quando il muro di Berlino è caduto nel 1989, ma sono stati salvati da comuni cittadini della Germania Est che hanno preso d’assalto gli uffici della Stasi nella città di Erfurt per proteggere i documenti.
Chi faceva la spia in Albania
Le spie erano divise in tre categorie: persone pagate dallo Stato, queste spie lo hanno definito un dovere nazionale per preservare lo Stato; un’altra categoria sono persone che non hanno accettato di spiare, ma con diverse forme di manipolazione e pressione hanno spiato; l’altra categoria è quella categoria che ha spiato il servilismo nei confronti dello Stato ed è riuscito a calunniare gli altri. Di solito una persona veniva spiata da più di una spia, dopo di che, le informazioni venivano trascritti nei file segreti. Gli agenti di sicurezza venivano a volte chiamati “microfoni vivi” perché ascoltavano tutto e sempre.
Come si categorizzavano i file
C’erano i file ordinari per conoscersi le attività quotidiane, chi ha rubato oppure chi ha parlato male del partito o del suo capo; un’altra categoria di file sono quelli che riguardano lo spionaggio interstatale, cioè chi ha servito UDB, CIA, ecc. L’altra categoria di file si riferisce ai file classificati per la persona che ha avuto a che fare con problemi di privacy.
Basato su questo eccellente sistema di spionaggio, lo scrittore albanese, Ismail Kadare, scrisse nel 1981 il libro: [amazon link=”8850222815″ /], subito censurato. L’idea del libro è semplice: controllare i sogni dei sudditi per prevedere le sorti dell’Impero Ottomano. Un controllo usato come strumento e garanzia della preservazione del potere, affidato non a una minacciosa e concreta polizia segreta che pattuglia le strade col manganello, ma a un esercito invisibile di anonimi burocrati, al lavoro su tavoloni fiocamente illuminati, che viviseziona i nostri sogni con carta, penna e simbolismi.
Nemmeno Orwell aveva avuto un’intuizione così inquietante: il suo Ministero della Verità si era spinto solo a dire che “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”, senza pensare che chi riuscisse a controllare i sogni si porterebbe a casa tutti e tre i premi.
La psicopolizia del Grande Fratello sorvegliava espressioni e gesti, deducendo pensieri e intenzioni da attitudini involontarie; i funzionari di Kadare si spingono oltre, portando il monitoraggio politico nel regno dell’inconscio. Con un’allegoria centrata, Ismail Kadare condanna la polizia segreta di tutti i sistemi comunisti e dittatoriali in generale, paragonandolo al controllare l’impossibile e i sogni del popolo. Molte situazioni e nomi di istituzioni infatti nel romanzo sono opera di fantasia per paragonarli a quelle del sistema di Enver Hoxha, come il Sultano con il leader del Comitato Centrale, i leader religiosi con l’Istituto di Propaganda, e il Palazzo dei Sogni, chiamato anche Tabir Saraj, con la Sigurimi albanese.