Al termine di tutti i ricorsi, il primo di agosto, la Commissione Elettorale Centrale ha comunicato i risultati definitivi delle elezioni parlamentari del 28 giugno scorso. La coalizione vincente è l’Alleanza del Cambiamento guidata dal Partito Democratico con 70 seggi, seguita dall’Unione per il Cambiamento del Partito Socialista con 66 seggi.
I restanti 4 mandati ottenuti dal Movimento Socialista per l’Integrazione, in base all’accordo post-elettorale tra Berisha e Meta, danno al paese il governo della prossima legislatura. La CEC ha valutato positivamente il processo elettorale, accettando però alcuni punti deboli. Tuttavia, le polemiche non si placano. Il PS non riconosce il risultato, anche se non boicotterà il nuovo parlamento. Il PD lo invita a fare un passo indietro e prendere atto che per la prima volta in 17 anni la CEC ha certificato i risultati definitivi all’unanimità. Invece il LSI, dimenticatosi dei brogli acclamati con scalpore i primi giorni dopo le elezioni, è concentrato alla negoziazione per la formazione del nuovo governo e i punti da includere nel programma governativo. La prima seduta del nuovo parlamento monocamerale albanese si dovrà tenere non prima del 4 settembre prossimo.
I risultati
Ci sono voluti 34 giorni! In un paese con prassi democratiche consolidate, elettori, militanti e membri di partito passerebbero al massimo una notte in bianco per conoscere il vincitore delle elezioni, ma in Albania questo non succede ancora. Alla terza notte hanno gettato la spugna anche commentatori e giornalisti impegnati a rotazione in maratone televisive per informare il paese sulla coalizione vincente. Terminata la procedura dei ricorsi prevista per legge, sabato 1 agosto, la Commissione Elettorale Centrale, l’organo competente per la certificazione delle elezioni, ha comunicato i risultati definitivi delle elezioni parlamentari del 28 giugno scorso. I risultati sono quasi identici a quelli preliminari del 5 luglio e i ricorsi hanno dato ai socialisti solo uno dei tre o quattro seggi reclamati da loro in 4 delle 12 circoscrizioni elettorali. La coalizione vincente è l’Alleanza del Cambiamento guidata dal Partito Democratico che ha ottenuto 70 seggi di cui 68 il PD, uno il Partito Repubblicano (PR) e uno il Partito per Giustizia e Integrazione (PDI). L’Unione per il Cambiamento capeggiata dal Partito Socialista è arrivata seconda con 66 seggi di cui 65 il PS e uno l’Unione per i Diritti Umani (PDBNJ). Delle altre due coalizioni minori, solo l’Alleanza Socialista per l’Integrazione del Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI) è riuscita ad ottenere 4 seggi, invece l’Alleanza del Polo della Libertà non è riuscita a superare la soglia minima di 5% prevista per le coalizioni in nessuna circoscrizione. Consolazione magra per il PS che si riconferma primo partito del paese con 620.586 voti ossia il 40,85%, poco più di 10,000 dai 610.463 voti ottenuti dal PD, seconda forza politica albanese con il 40.18%. Terzo partito, il LSI con il 4,85 % ossia 73.678 voti, seguito dal Partito Repubblicano con il 2,11% (31.990 voti) e il Partito Socialdemocratico con il 1,76% (26.700 voti). Il PBDNJ e il PDI che hanno ottenuto ciascuno un seggio sono arrivati sesto e settimo, rispettivamente con l’1,19% e il 0,95%. Calcolando i voti ottenuti dalle 4 coalizione concorrenti, due del centro-sinistra e due del centro-destra, senza considerare i contesti pre e post elettorali, il centro-sinistra ha ottenuto circa 25.000 voti in più rispetto al centro-destra. Tuttavia la coalizione del PD è prima su scala nazionale con il 46,92%, quella del PS seconda con il 45,34%, quella del LSI, terza con il 5,56% e il Polo della Libertà ultimo con il 1,82% dei voti.
I ritardi
I ritardi nella certificazione dei risultati definitivi si devono soprattutto alla prassi consolidata nei processi elettorali della transizione con lo scopo di determinarne il vincitore, e in misura minore ai meccanismi di scrutinio e ricorso previsti dal Codice Elettorale, figlia del contesto albanese. Prima e durante il giorno delle elezioni, la classe politica ha sempre cercato di influenzare il risultato in diversi modi. Alcuni sono scomparsi, altri persistono. Ad esempio, il voto di scambio, ossia piccole somme di denaro fino ai 100 euro, o condizionamenti e promesse per posti di lavoro, per un voto che vale una legislatura. Sicuramente la situazione è migliorata, ma il fenomeno viene testimoniato da elettori di zone rurali e periferiche e non ci sono ricerche per misurarne l’entità e l’estensione sul territorio. È ampiamente condiviso il fatto che le tornate elettorali albanesi sono state sempre caratterizzate da brogli e irregolarità, tuttavia in diminuzione o in via di perfezione. L’unica soluzione accettata dai partiti per garantire il processo è stata il controllo politico di tutte le strutture elettorali dai 7 membri della CEC a quelli dei gruppi di scrutinio, proposti e eletti dalle forze politiche. Le ricadute di una simile scelta si riflettono sull’andamento del processo, generando ritardi e ricorsi. Può succedere che un membro di commissione blocchi la votazione, oppure le procedure di chiusura del seggio. Lo scrutinio avviene nei centri dei 66 Commissioni Zonali per l’Amministrazione delle Elezioni (KZAZ) e inizia quando vi arrivano tutte le urne dei seggi elettorali della zona di competenza. Per questo motivo, in molti dei 66 centri è iniziato la mattina o il pomeriggio del 29 giugno anche se le votazioni si erano chiuse alle 19 del giorno precedente. Inoltre, la molle di lavoro che gli scrutinatori hanno dovuto sopportare ha rallentato il ritmo. Comunque la vera ragione dei ritardi in fase di scrutinio risale al comportamento dei partiti politici impegnati in una battaglia all’ultimo voto dal momento che non ci sarebbe stata una maggioranza larga per poter governare. In molte KZAZ, lo scrutinio è andato avanti fino a una settimana, molto oltre le attese ottimistiche del Codice Elettorale che prevede la delibera dei risultati da parte di ogni KZAZ entro le 17.00 del giorno successivo le votazioni. Ci è voluto l’intervento della CEC per riprendere lo spoglio nei casi in cui era stato bloccato oppure, quando non si trovava l’accordo, per trasportare le ultime urne verso la sede della CEC a Tirana e decidere cosa farne. La CEC certifica i risultati per ognuna delle 12 circoscrizioni elettorali, ma per poterlo fare ha bisogno delle delibere di tutte le KZAZ che compongono una circoscrizione, solo in questo modo si apre la strada agli eventuali ricorsi che potrebbero protrarsi per più di un mese, oppure in loro mancanza all’assegnazione dei mandati e alla certificazione dei risultati definitivi. I ricorsi
Il PS e la sua coalizione sotto di 6 seggi rispetto a quella del PD, ha riposto le speranze di poter ribaltare il risultato nei ricorsi contro le delibere della CEC. I socialisti reclamavano di poter ottenere quattro mandati, rispettivamente nelle circoscrizioni di Fier, Berat, Tirana e Scutari, minacciando di non voler riconoscere il risultato delle elezioni se la CEC non le avesse dato ragione. Il PD ha impugnato i risultati di Fier e Berat, invece il LSI di Meta che aveva gridato ai brogli elettorali non ha fatto nessun ricorso. Come previsto dal Codice Elettorale, i partiti politici possono ricorrere contro le delibere delle singole KZAZ oppure contro quelle della CEC, su due livelli: il primo alla CEC, e il secondo al Collegio Elettorale istituito presso la Corte d’Appello di Tirana. La sentenza di quest’ultimo è definitiva e permette alla CEC di modificare le sue delibere precedenti, assegnare i mandati per le circoscrizione rimaste in sospeso e certificare i risultati definitivi. La CEC ha accettato solo uno dei 4 ricorsi dei socialisti, decidendo di scrutinare 10 urne della Circoscrizione di Fier non incluse nei risultati deliberati in precedenza. Lo scrutinio ha dato al PS un altro mandato, che sostanzialmente non ha cambiato nulla. Certo, la coalizione del PD da 71 mandati, il minimo necessario per formare un governo, è passato a 70, ma l’accordo post-elettorale tra Meta e Berisha, aveva reso innocuo qualsiasi tentativo di ribalta del risultato. Dall’altra parte, la CEC non ha preso in consider
azione le richieste per il riconteggio dei voti avanzate dai due membri della CEC proposti dai socialisti per Berat, Scutari e Tirana, perché il riconteggio non poteva riguardare l’intera circoscrizione e non si sarebbero riportate nelle delibere delle KZAZ di queste circoscrizioni contestazioni su irregolarità del processo. Secondo l’articolo 138, comma 3, la CEC è obbligata a fare il riconteggio “di determinati voti” quando viene richiesto da due dei suoi membri. I socialisti sono andati avanti con i ricorsi, facendo affidamento al Collegio Elettorale. Ironia della sorte, il Collegio Elettorale ha dato ragione al PS sempre su Fier, escludendo i voti di un seggio dal risultato finale di questa circoscrizione, fatto che non ha aumentato i mandati del centro-sinistra. Invece su Berat, Tirana e Scutari, nulla da fare. Il Collegio ha respinto i ricorsi della sede rosa, mandando su tutte le furie parte dell’establishment socialista che sperava di ottenere almeno un altro mandato a Berat. Le reazioni
Alla comunicazione dei risultati definitivi da parte del Presidente della CEC, Arben Ristani, il primo di agosto, la reazione del PS è stata immediata. Con un comunicato stampa riferito ai giornalisti dal rappresentante legale del PS, Genc Gjonçaj, i socialisti hanno confermato la loro posizione di non “voler riconoscere nessun risultato elettorale deformato”. Per la sede rosa, la CEC non ha fatto altro che certificare “un processo caratterizzato da standard di una democrazia mancata in cui il potere decide il vincitore a prescindere dalla volontà e il voto dei cittadini”. I socialisti non risparmiano le critiche verso la CEC definendola “un reparto d’assalto contro la trasparenza del processo elettorale e il diritto costituzionale dell’uguaglianza del voto, dello scrutinio e del suo riconteggio”. La CEC, assoggettata alla volontà della maggioranza al governo, avrebbe utilizzati standard doppi, “prendendo decisioni diverse sulle stesse questioni”. Tuttavia, il PS si dice convinto di voler continuare la sua battaglia legale e politica anche all’estero per dimostrare i brogli e le irregolarità che hanno caratterizzato queste elezioni. Di fatto, mercoledì scorso, i socialisti hanno consegnato presso le missioni internazionali e le ambasciate di alcuni paesi presenti in Albania, un fascicolo con le irregolarità riscontrate durante il processo elettorale. Secca la risposta della sede blu che ha difeso l’operato della CEC e ha lodato le elezioni come le migliori della transizione albanese. La portavoce dei democratici, Erla Mëhilli, ha voluto ricordare che la CEC “per la prima volta negli ultimi 17 anni, con una votazione 7 a 0 ha deliberato il risultato delle elezioni del 28 giugno”. Per il PD, la decisione all’unanimità dai sette membri della CEC, proposti ed eletti da tutte le forze politiche è un grande traguardo, un nuovo standard e una testimonianza forte della maturità democratica raggiunta dalle istituzioni responsabili per l’amministrazione delle elezioni. E proprio questa decisione sarebbe “un motivo reale perché tutte le forze politiche accettino il risultato delle elezioni”. Tuttavia, va ricordato che molte delle decisioni della CEC durante il processo elettorale sono state prese con maggioranza semplice di 4 a 3.
Mercoledì e giovedì scorso non è mancato neanche un battibecco tra il Presidente delle CEC, Ristani, designato dai democratici, e la sua vice, Dëshira Subashi, designata dai socialisti. Per la Vice presidente della CEC, il Collegio elettorale della Corte d’Appello non ha rispettato la legge nel deliberare le sue decisioni, riferendosi al diritto dei due membri della CEC di richiedere il riconteggio dei voti. Invece il Presidente Ristani, si è schierato alla difesa del Collegio elettorale, definendo la posizione di Subashi politica, e la richiesta di riconteggio in mancanza di irregolarità riportate nei verbali e prove, inaccettabile.
I risultati definitivi delle elezioni aprono nuovi scenari nella politica albanese. Intanto c’è l’incognita della nuova alleanza PD – LSI che il tempo e i compromessi tra le parti dimostreranno quanto durerà. I socialisti per l’integrazione cercheranno di far pesare i loro quattro mandati per portare avanti la loro richiesta per un nuovo Codice Elettorale e inserire tra le priorità del programma governativo l’agricoltura, l’ambiente e l’occupazione. Invece nel campo socialista si attendono dibattiti accesi nel Congresso straordinario convocato per la fine di agosto, in cui molti temono la ricandidatura di Rama alla guida dei socialisti che per statuto dovrebbe dimettersi perché non ha vinto le elezioni.
Molte le attese anche per il rapporto finale della missione ODIHR dell’OSCE sul processo elettorale. Tutta la classe politica attende il voto del fattore internazionale che molto probabilmente arriverà in concomitanza con la prima seduta del nuovo parlamento che si dovrà tenere non prima del 4 settembre prossimo. Fin ad allora sarà tempo di vacanze, negoziazioni e nuove configurazioni politiche in seno al centro-sinistra.