Venerdì 7 agosto durante un’operazione di polizia per la cattura di un superlatitante albanese sono morti 4 poliziotti in servizio al Commissariato di Durazzo. Fatos Xhani, Altin Dizdari, Kastriot Feskaj e Saimir Duçkollari i 4 poliziotti rimasti uccisi, avevano tra i 30 e 40 anni ed erano tutti ufficiali della sezione catturandi.
Il latitante Dritan Dajti, era stato condannato a 20 anni di reclusione per omicidio e sospettato di tanti altri reati. Durante il processo a suo carico era riuscito, grazie a tante complicità, a fuggire sparando in aria dall’aula del Tribunale di Tirana. Correva l’anno 2003 e da allora Dajti è riuscito a diventare irreperibile, continuando la sua attività criminale che spaziava dalla rapine agli affari di droga. Intorno a se un gruppo di giovani parenti che li garantivano una fedeltà ferrea. Uno di loro, il cognato Ergest Xhaxhi, appena ventenne, è rimasto coinvolto nella carneficina. La dinamica dell’operazione, se si può chiamare tale, lascia spazio comunque a pesanti critiche da rivolgere ai dirigenti della Polizia di stato albanese. L’operazione ha avuto luogo nell’ora di pranzo in una delle zone più frequentate da turisti e villegiatori sulla costa della città di Durazzo. Nonostante la pericolosità dell’elemento criminale, nessuno degli ufficiali indossava giubbotti antiproiettile, che stando ai primi accertamenti, avrebbero salvato la vita a tutti e quattro. È mancato di fatto un coordinamento dell’operazione che calcolasse tutte le variabili della scena nella quale questi movimenti venivano fatti. “Solitamente le squadre del Commissariato si limitano ad osservare, tocca ai reparti speciali di RENEA intervenire per immobilizzare i delinquenti” – afferma un alto ex ufficiale della Polizia di stato albanese. Sta di fatto che 4 poliziotti in servizio hanno pagato queste disfunzioni con la propria vita e ancora una volta si è assistito al triste spettacolo di dislivello tra criminalità organizzata e polizia. Nella macchina di Dajti sono state trovate della radiotrasmittenti che potevano captare le frequenze riservate della polizia di Durazzo e di quella di Tirana. Oltre a queste, gli appartenenti al gruppo criminale possedevano tesserini della Polizia di Stato e un lampeggiante blu identico a quello in dotazione alla forze dell’ordine. A tutti questi elementi si aggiunge il fatto che Dajti, ricercato anche dall’INTERPOL, con tanto di foto segnaletica, girava e viveva indisturbato tra Durazzo e Tirana, senza aver mai lasciato il territorio albanese. Ad ogni operazione precedente per finalizzare la sua cattura, c’erano state fughe di notizie che avevano permesso a lui di fuggire sempre in anticipo. Tutti elementi che fanno pensare a importanti appoggi dentro le strutture delle forze dell’ordine. Immediatamente, dopo l’accaduto, il premier ha elevato a eroi della patria i caduti, con tanto di funerali di stato e parate di tutti i politici. Le parate, le lacrime, le bandiere a mezza asta e la giornata di lutto nazionale non bastano per diventare consapevoli di quello che è successo. In Albania la polizia di stato è uno degli organismi che negli ultimi anni si è politicizzato più di qualsiasi altro e spesso è servito a mettere nei ranghi della polizia, militanti di partiti di governo. Questo ha influito negativamente sulla qualità del lavoro svolto dal corpo della Polizia di Stato e ha permesso l’infiltrazione in essa di elementi di dubbia provenienza. Questo è forse uno dei motivi per cui tanti delinquenti si sentono di poter stare tranquilli a casa loro, senza temere l’azione dello stato. Speriamo che le vite di 4 poliziotti possano indurre a un’indignazione dell’opinione pubblica e ad una presa di coscienza sui pericoli che la criminalità possa portare ad una fragilissima democrazia come quella albanese.