Non è del tutto strano che quando si chiede ad una donna albanese cosa vuole farne del suo futuro, si ottengono due tipi di risposte. La prima è quella più semplice e chiara dove si capisce immediatamente che si hanno serie difficolta a percepire il futuro, e ci si lascia al Fato.
La seconda è una risposta frettolosa, piena di fiducia e con una voce piena e che suona nell’aria. La frase che inganna, cercando di sembrare reale, ma chi alla fine donna lo è riesce a capire che di reale in ciò rimane solo una piccola parte.
A. è sposata, 23-enne, con una bambina di 3 anni. Si è fidanzata all’età di 16 anni e da quel momento è andata a scuola ma ha smesso di studiare. All’eta di 18 si sposa e insieme a suo marito, emigrante gia da prima, andranno a vivere in Italia. Un’affare fatto, in povere parole.
D. si è sposata a 14 anni. Suo padre non le ha permesso di continuare a studiare e l’ha letteralmente costretta a sposarsi in tenera età. All’età di 17 anni ha già due figli. Vive in una piccolissima campagna dell’Albania del Centro. Suo marito è emigrante in Grecia.
F. si è sposata il giorno seguente della sua laurea in Economia Bancaria, media 30. Non le è permesso di lavorare, perché il marito che hanno scelto per lei non ha neanche le superiori.
A. non è sposata. Non vuole esserlo. Soffre la solitudine. Non fa compromessi. Lei vuole una vera vita.
I. è femminista. Pensa che le donne abbiano diritto ai rapporti sessuali nella stessa uguale massa degli uomini. A volte si sente “usa e getta” ma non le interessa più.
E. Sposata, 2 bambine, e un marito. Famiglia economicamente stabile. E’ contenta, ma non mette i jeans e non può guidare la macchina, perché secondo suo marito, solo le puttane lo fanno.
M. 40 enne, sposata, imprenditrice. Felicemente sposata finché non arrivò il giorno del dover mantere la famiglia. E’ uomo e donna in casa sua, con un marito vivo.
Diciamolo, non tutto è bianco e nero. Ma diciamolo anche, c’è una maggioranza spiazzante delle donne albanesi che accettano il doloroso compromesso di perdere la propria identità, in cambio di quel “poco o niente” che gli è stato insegnato di ricevere, che gli è stato insegnato di meritare. E mentre si parla di coinvolgere le donne nella vita Politica, Culturale e Sociale del nostro paese, si dovrebbe anche spiegare ” A quali donne?”.
Queste donne che offre il “nero” quadro precedente, sono donne che mancano di un’identità. Donne che sprecano le loro energie in guerre quotidiane per la sopravvivenza. Donne che sprecano le loro energie in dover lottare la depressione, l’ansia, la solitudine. Donne che sprecano le loro energie a conservare una dignità, rimossa nel momento quando non sono state interpellate nella scelta del loro destino.
Ma è facile nascondere il futuro di centinaia di donne dietro a quelle 5 che c’è l’hanno fatta (non volendo togliere niente a loro), e richiamiamo sempre quando vogliamo giustificare e diminuire un fenomeno che io chiamerei Urgenza Sociale.
In un paese dove Tirana raggiante offre le infinite scelte alla vita più moderna, di una vera metropoli, a 5 km più in la, un adulto prende in sposa una minorenne di 13,14,15,16,17 (sono tutte minorenni) e farà di lei ciò che gli verrà più comodo. (es. ritornerà in emigrazione, lasciando la sposa sua a casa dei genitori di lui, cosi loro hanno qualcuno che potrà curarli e fare lavori domestici.).
E questo non appartiene al secolo scorso. E’ di oggi che si parla. Di un paese che aspira a grandi Eventi. Di un paese che ha grandi ambizioni. Di un paese nel cuore dell’Europa.
Oggi queste donne diminuite sono le madri della futura generazione, lo specchio di un popolo intero, perché non aveva nessun torto chi una volta disse, e disse bene, “Educa una donna, e hai educato una nazione”.
[author title=”Ardita M. Gjeçi” image=””][/author]