Dopo quasi trecento anni, grazie al maestro Zhani Ciko, che ne ha commissionato il restauro, “Skanderbeg” è tornato a Tirana, al Teatro dell’Opera.
Non a caso la Prima è stata domenica 18 novembre, dieci giorni prima di festeggiare il centenario per l’Indipendenza dell’Albania.Un fertile rapporto con l’Accademia per l’Opera italiana di Verona nato due anni fa con la messa in scena dell’Opera di Francesco Venerucci “Kaspar Hauser”ha reso possibile questo esperimento complesso, rischioso, cui tutti hanno lavorato con passione e competenza professionale, realizzando un successo straordinario.
Hanno contribuito in molti a questo evento, tra i qualil’Istituto Italiano di Cultura a Tirana. Un’Opera che merita, dopo questa prima mondiale, non solo l’appuntamento con Cosenza, e, si spera, con il Teatro La Pergola di Firenze da cui per la prima volta partì, ma anche a Vienna, la città che fu assediata dai turchi, e in altri teatri europei. Fin dalle prove cui ho assistito, come sempre, mi ero resa conto dell’armonia musicale e drammaturgica che regnava fra musica, regia, scenografia, luci e balletto, orchestra, cantanti. Un’armonia che si percepiva piacevolmente anche tra le persone, insieme all’ovvia tensione prima della Prima.
Il maestro Zhani Ciko non ha solo un grande cultura e sensibilità musicale, ma anche, come direttore d’orchestra, un talento speciale nel chiedereil meglio agli artisti, con autorevolezza e delicatezza. Tuttavia, che ci sia armonia in teatro e quindi nel risultato artistico, non è mai scontato. Questa volta si percepiva netta.
Insieme italiani e albanesi hanno ridato vita, e che vita, a quest’Opera: alla fine della Generale uno dei cantanti ha espresso ad alta voce il pensiero di tutti noi: “Questa è una produzione grande.” Prima di descrivervi la bella serata della Prima vorrei dare voce ai protagonisti, per aiutare i lettori ad entrare nel senso profondo di questa operazione musicale, che resterà nella storia dell’Opera Lirica.
Il Maestro Francesco Venerucci, compositore:“Dello spartito di Antonio Vivaldi sono rimaste solo 4 arie “Fra catene ogn’or pregando”, “Nelle mie selve natie”, “Con palme ed allori”, “S’ a voi penso o luci belle”.La proposta del maestro Zhani Ciko di comporre un nuovo “Skanderbeg” a partire dalla musica sopravvissutami è parsa una sfida affascinante e complessa.
È stato necessario un processo di acquisizione di nuove conoscenze di carattere storico, biografico e soprattutto musicologico. Una volta recuperati e decifrati i manoscritti, mi sono reso conto che stavo riproducendo una musica commovente, incantevole, in attesa di essere riscoperta dopo 300 anni.Dato che le 4 arie durano in tutto pochi minuti, su due ore di spettacolo, ho ritenuto di integrare l’Opera con citazioni da altre pagine di Vivaldi, come l’Orlando Furioso, Le 4 Stagioni, la Sinfonia RV116 e La Follia.Il resto dell’Opera, cioè la maggior parte, è di mia composizione.Mi è stata fatta notare l’ispirazione balcanica presente nell’Opera, un colore modale e poliritmico che suona familiare al pubblico albanese.
Questo elemento subliminalmente folklorico approfondisce la già ricca rete di connessioni, idee, immagini che hanno motivato questa particolarissima produzione.La continua dialettica, a volte anche aspra, tra diversi linguaggi musicali, messa al servizio della drammaturgia teatrale, è alla base della coerenza e dell’unitarietà dell’intera Opera.
Giorgia Guerra, regista:La nostra riflessione sul personaggio Skanderbeg parte dalla leggenda che vuole l’eroe, in punto di morte, parlaread un bimbo che gli porge un mazzetto di rametti, spiegando come ad uno ad uno possano essere spezzati, ma uniti mai.Skanderbeg lascia nella memoria dei suoi seguaci questa direttiva, un valore che va oltre le tecniche di guerra che portarono lui e il suo esercito alla vittoria. Il consiglio nasconde un carattere umano più forte del semplice ordine.L’incontro con l’eroe albanese avvenne la scorsa estate.
L’importante possibilità che la Verona Opera Accademydecise di darmi mi permise di approcciarmi al personaggio: l’incontro avvenne in parallelo con il lavoro del compositore Venerucci, con cui cominciammo a collaborare. Importante il lavoro sul libretto del maestro Quirino Principe.La responsabilità dell’eredità del compositore barocco Antonio Vivaldi ha richiesto un lavoro molto delicato e rispettoso. Lo stesso rispetto dovuto all’eroe Skanderbeg e ai valori da lui tramandati, nel centenario dell’Indipendenza dell’Albania.È venuto spontaneo lavorare sui valori di unione e solidarietà, moventi delle sue imprese belliche e dei suoi rapporti interpersonali.
L’Opera racconta storie di persone e amori, valori che sono validi per ogni popolo.Chiave di lettura dell’Opera è proprio questa sua universalità.Mantenendo le caratteristiche barocche suggerite dalle pagine di spartito superstiti, vicende e sentimenti vengono resi attuali.La battaglia per Croia fa da sfondo all’azione, lo spettatore viene coinvolto negli stati d’animo appartenenti al Castriota ed ai personaggi che lo circondano.Ciò che emerge è la lealtà e l’onestà delle sue gesta, che lo portano alla vittoria, sia in campo militare che sentimentale.
Maestro Quirino Principe, autore del nuovo librettoe docente dell’ Accademia per l’Opera italiana di Verona (dal programma di sala)Una caratteristica del personaggio Skanderbeg è che la sua fama è rimasta intatta con assoluta continuità: da Marin Barleti nel 1508, al poeta Pierre de Ronsard nel ‘500, a sir William Temple nel ‘600, che lo celebrò come uno dei massimi capi militari della storia nella difesa dell’Europa dai barbari. Nel ‘700 Ludvig Holberg e Voltaire, Gibbon e nell’800 lord Byron e Longfellow, infine nel ‘900 Fan Noli con la sua Storia di Skanderbeg, ed Ismail Kadarè con I tamburi della pioggia.
Cui si aggiunge l’arberesh Carmine Abbate con La moto di Skanderbeg ed Il mosaico del tempo grande. Colpisce e un po’ stupisce che Antonio Vivaldi abbia utilizzato un testo decisamente brutto, imbarazzante ed a volte illeggibile, di Antonio Salvi. Mentre gran parte delle musica originale è andata perduta il libretto è sopravvissuto per intero.Ci sarebbe da dolersi che non sia avvenuto il contrario. Al compositore Venerucci è toccato il compito primario di revisione delle 4 arie superstiti e di un lavoro di restauroe reinvenzione della musica per l’amplissima parte rimanente.
A me è stato affidato un compito secondario, ma lungo e faticoso: quello di sostituireil bruttissimo e spesso incomprensibile testo di Antonio Salvi, lasciando immutati solo rari versi, con un mio testo poetico in settenari alternati agli endecasillabi, e in rime, secondo i modelli settecenteschi.Il compositore ed io ci siamo anche accordati per abbreviare il testo e quindi la durata dell’Opera, sacrificando il personaggio di Climene. Del nostro omicidio sia giudice la nostra coscienza: se chi assisterà allo spettacolo avrà gettato uno sguardo al libretto di Salvi, invochiamo come giudice anche il suo gusto linguistico ed estetico. Se poi, per giunta, interverrà con la debita clemenza il fantasma del povero Climene…
Maestro Zhani Ciko, direttore d’orchestra e direttore generale del Teatro dell’Opera di Tirana.(dal programma di sala)Un vero cavaliere sogna di poter rivisitare i luoghi dove è passato, dove si sono compiute le sue gesta più eccelse. Nell’arte musicale un personaggio storico deve trovare un autore che gli ridia forma per poter tornare a vivere.È la presenza di queste due figure – la persona realmente esistita e e il personaggio ricreato dall’autore – a dare vita all’opera d’arte.
Quasi 300 anni sono passati da quando Vivaldi scrisse la sua opera.Le opere d’arte possono continuare ad esistere quando vengono custodite; in caso contrario si danneggiano e se ne possono perdere le tracce. La scomparsa dell’opera di Vivaldi, finita sulle bancarelle veneziane dell’usato coincide con l’improvvisa sparizione del “prete rosso”.Nel repertorio operistico di Vivaldi e in genere nel repertorio barocco, le figure messe in scena appartengono alla mitologia o ad un passato molto remoto.
Skanderbeg è un’eccezione preziosa.Sullo sfondo agiscono le vicende legate al genere galante-cavalleresco, molto gradito all’epoca, che sviluppa i sentimenti che legano o oppongono le coppie Scanderbeg-Doneca, Amurat-Doneca, Ormondo-Asteria. Il trattamento della storia mette in risalto la simpatia degli autori per il nostro protagonista, che rispecchia il riconoscimento che l’Europa attribuiva all’eroe albanese.Nel linguaggio personale Venerucci evita accuratamente di copiare Vivaldi.
Evita anche una successione simmetrica di brani barocchi con brani moderni che suonerebbe artificiale, per sviluppare un’asimmetria che appare casuale e che suggerisce coerenza nella totalità dell’opera tra le parti tonali e quelle atonali. Nelle parti scritte ex-novo il compositore mantiene una vicinanza con le formule ritmiche barocche, più delle armonie dove si allontana decisamente dalle cadenze tipiche vivaldiane. Giacomo, Principe di Durazzo, musicologo, librettista, direttore generale dei teatri viennesi, collezionista, un nobile genovese di origine albanese salvò gli spartiti dispersi nelle bancarelle: lui e i suoi discendenti furono artefici del fondo Vivaldi.Vivaldi aveva celebrato a suo tempo il Castriota.
In segno di provvidenziale riconoscenza e onorando, per così dire, il codice della riconoscenza a lungo praticato nelle terre albanesi, un nobile di origine albanese aveva, a sua volta, salvato il catalogo di Vivaldi dall’oblio.Scanderbeg torna nelle sue terre per celebrare assieme a noi il centenario del sogno che ha guidato la sua esistenza.
Una specie di cerchio magico di scomparse e ritrovamenti che si conclude con un finale commosso: con sottofondo di trombe glorificanti il coro diretto da Dritan Lumshi, potente e misurato, emozionante, canta: “Viva sempre, eterno vivad’Albania l’invitto re.”E davvero lo abbiamo sentito vivo, umano, e non solo eroe.
È un Cavaliere innamorato, come ben lo ha definito Quirino Principe, lo Skanderbeg che si presenta sul palcoscenico, inusuale per l’Albania, ma carattere familiare ai teatri del barocco italiano. Non sembri una diminutio, tutt’altro. Dietro le vicende di donne desiderate da guerrieri dei campi opposti (la moglie di Skanderbeg Doneca ambita da Murat, la cui figlia prigioniera nel campo albanese è a sua volta corteggiata da Ormondo) allude ai dolori che la guerra provoca.
Così deve averla interpretata la costumista, Claudia Jannina Fascio, conferendo ai barbari traci (turchi), costumi sanguinari rossi e neri con ricami in oro, e agli albanesi elegantissimi costumi di seta ricamata, con toni tenui, dal nocciola, al caffè, al bianco delle maniche a sbuffo. Colori nobili, coerenti con lo Skanderbeg che usa magnanimità con la figlia del nemico catturata da Ormond, al quale ingiungedi non uccidere il generale nemico sconfitto in duello (perché suo rivale in realtà nell’amore per la bella Asteria figlia di Amurat): “Un general senz’arme e pur nemico Skanderbeg non sopporta”. Una nobiltà d’animo e da cavaliere, non solo innamorato, ma fiero di rispettare regole d’onore in battaglia.
Sono certa che il ribaltamento dello stereotipo debba aver colpito il pubblico: eppure Skanderbeg non è stato solo un grande condottiero, ma anche uno stratega che si avvaleva di doti diplomatiche e capacità di relazioni non solo conflittuali, tanto da guadagnarsi stima e rispetto in tutta Europa. Parlando con il bravissimo e applaudito coreografo Lino Privitera, scopro che anche per lui ilpunto di partenzaè stata l’immagine di Skanderbeg morente che parla al fanciullo con in mano un mazzetto di ramoscelli, esaltando l’unità del popolo.
Popolo che il coreografo rappresenta con ballerini statuari, quasi nudi, completamente rivestiti di polvere bianca a simulare statue. Solo i due eccellenti protagonisti del pas des deux, che simboleggiano il travaglio dell’anima di Ormondo, innamorato della bella Asateria, la figlia di Amurat, che per amore tradisce Scanderbeg, sono ricoperti d’oro. I bravi solisti erano Erisa Gina e Sokol Zhugri.
Una coreografia che di fatto costituisce il tessuto connettivo di tutta l’opera, tutt’altro che riempitivo delle scene scarse di azione, ma narrazione essa stessa, di un popolo che man mano, sotto l’ala del suo condottiero, si unisce e vince. Nel finale potente, scacciando e vincendo Amurat, le braccia mimano le ali dell’aquila e il tutto risulta davvero commovente e non retorico. Fra ballerini e coreografo si è stabilito un creativorapporto che ha dato risultati così straordinari da essere applaudito dal pubblico con molto calore.
La scenografia multimediale di Andrea La Cagnina e Alessio Bianciardi, con l’ausilio prezioso di Florian Canga, ha creato la giusta atmosfera, con gabbie che ruotavano all’unisono con la musica, laddove le due donne erano prigioniere, con foreste cupe a sfondo dei guerrieri, con un finale infuocato. L’esperimento, nuovo per Tirana, è stato molto apprezzato.
I cantanti sono stati all’altezza dell’impegno musicalmente impervio:Scanderbeg – Armand LikajDoneca -Emiljana PalushajAroniz – Ogert IslamiOrmondo – Erlind ZeraliuAmurat II-Edvin KastratiAsteria -Irida Dragoti, Ivana HoxhaAcomat – Klodian Kacani, Ryad Ymeri (da Prishtina)Un capitano di Amurat- Andreas MazzaIl produttore Carlo Saletti non può che essere soddisfatto del risultato di tanta fatica.
Niente di tutto questo sarebbe possibile senza la professionalità, la passione e la dedizione sconosciute in altri teatri europei, di tutto lo staff del teatro, dalle truccatrici, alle pittrici, ai tecnici audio, al dirigente di scena, ai decoratori, alla preziosissimasegretaria Frida, ai datori di luci, alle a me care mascherine di sala.
Questo teatro che io considero la mia casa, merita molto, molto di più.
Se la riconoscenza è davvero un tratto del carattere albanese, e l’intelligenza pure, sarà bene che i responsabili governativi si rendano conto di avere per le mani, grazie alla squisitezza musicale del maestro Zhani Ciko e alla sua arte organizzativa incredibile, una vetrina unica con la quale presentare l’Albania in Europa ad alto livello. E con questa Opera, andata in scena in prima mondiale a Tirana, un’occasione unica di dimostrarlo sui palcoscenici più prestigiosi del mondo.
Così davvero, Skanderbeg sarà tornato a casa con l’onore e la riconoscenza che merita, perché la sua casa è l’Albania ma anche l’Europa tutta, che tanto lo ha ammirato.