L’articolo di Genc Burimi, pubblicato sul quotidiano SHEKULLI, fornisce alcune chiavi di lettura sull’ultima iniziativa del governo albanese nei mercati finanziari internazionali: gli eurobond. Burimi ne ricostruisce tutte le fasi: l’origine di questa operazione finanziaria, la sua attuazione e le possibili conseguenze.
Per quanto l’avvenimento possa essere epocale, non vi è nessuna garanzia della sua buona riuscita. Per la prima volta anche l’Albania, come un qualsiasi Stato moderno, richiederà un prestito direttamente nei mercati finanziari internazionali, senza ricorrere all’aiuto della Banca Mondiale, del FMI o delle banche nazionali. Debiti “Made in Albania” per 300 milioni di euro abbondanti verranno venduti sotto forma di eurobond. Per il governo rappresenta un grande passo in avanti, invece per i cittadini albanesi il conto potrebbe essere particolarmente salato.
DALLA STRADA DI KALIMASH AGLI EUROBOND
Quanto accade oggi al governo albanese, in preda a un bisogno acuto di alcuni milioni di dollari dai mercati internazionali, pare fosse prevedibile dagli analisti internazionali ma non da quelli governativi. Alla fine del 2006, il Capo delegazione FMI a Tirana, Istavan Szekely, lanciava l’allarme. Era stato informato che il governo albanese aveva sottoscritto da poco un contratto con il gruppo americano-turco Bechtel-Enka per i lavori del tratto Rrëshen – Kalimash dell’autostrada Durazzo – Morina, lungo circa 50 km. Il prezzo della trattativa: 418 milioni di euro! Facendole i conti in tasca, l’Albania non potrebbe richiedere più di 50 milioni di euro di debiti al mercato finanziario.
Nonostante il FMI abbia reso chiaro questo limite, il governo albanese ha finto di non sentire e non ha fornito spiegazioni su come avrebbe finanziato il tratto Rrëshen – Kalimash, i cui costi entro pochi mesi hanno superato il miliardo di euro. La finanziaria annuale del governo albanese non supera i tre miliardi di euro, con i quali si finanzia l’istruzione, la sanità, le pensione e il welfare, l’apparato militare, la giustizia, le ambasciate, l’amministrazione pubblica, le associazioni non governative, i partiti politici, ecc. Un terzo della finanziaria è stato divorato dal catrame della nuova strada, che indubbiamente peserà sui conti pubblici albanesi senza poter essere controbilanciato dell’estinzione di spese in altri settori.
Anzi, normalmente, alla vigilia della campagna elettorale, i governi promettono anche maggiori risorse. Il debito dell’Albania prende piede nel silenzio generale calato nel dibattito pubblico, l’unica ad alzare la voce è stato il FMI che “ha tirato le orecchie” all’Albania. Tramite dati, grafici e tabelle, la vecchia istituzione internazionale ha tentato di far capire al governo albanese che finirà con le spalle al muro se non attiva uno dei meccanismi necessari in questi casi: aumentare le entrate fiscali in modo da poter affrontare le nuove spese, oppure diminuire le spese correnti.
Intrappolato nella promessa elettorale della riduzione delle tasse, vincolato dal contratto che richiede ulteriori spese per la nuova strada, ridotte le entrate dal rendimento tributario dell’IVA e dal regime dell’imposta minima per via della crisi, il governo opta per una terza via: ha congedato definitivamente il FMI dall’Albania, in modo da non doverle dar conto delle proprie intenzioni. Il piano del governo portava un nome così “chic” per l’opinione pubblica e così “choc” per gli esperti: Eurobond.
CHI COMPRERÀ IL DEBITO CHE L’ALBANIA VUOLE VENDERE?
La strada più semplice, per un’impresa o per uno Stato, che voglia un prestito senza dover presentare garanzie eccessive e subire verifiche approfondite, è il mercato finanziario internazionale. Un sistema estremamente usurante in cui, gli investitori privati o istituzionali, dagli USA fino alla Cina, passando dall’Europa, dalla Russia e dal Giappone, si danno al gioco d’azzardo. Bastano 1000 euro perché un francese, direttamente dal suo computer, compri azioni in giro per il mondo in base ai tassi d’interesse che preferisce. Quanto più il tasso è alto, tanto più il rischio aumenta. Se il francese in questione mira a un tasso d’interesse pari al 20%, è consapevole che i suoi mille euro potrebbe non rivederli mai più.
Per il governo albanese questo meccanismo di finanziamento è semplicemente “geniale”, poiché da la sicurezza che fino a un determinato ammontare ci sarà sicuramente qualche “pazzo”, dall’Europa fino all’Australia, che acquisterà il debito se gli interessi sono sufficientemente “appetibili”. Considerato che il debito ha scadenza quinquennale, quando probabilmente questo governo non sarà più al potere, “la patata bollente” è destinata a rimanere nelle mani del prossimo governo e delle generazioni future. Dall’altra parte, durante questo periodo, Bechtel-Enka sarà liquidata e sembra che questa sia la cosa più importante.È nel 2009 che il governo albanese decide di buttarsi in questa avventura finanziaria. Ha lanciato nel mercato internazionale un debito in euro (da cui anche il termine eurobond), sfregandosi le mani, per vedere quanti pesci avrebbero abboccato all’esca. La disillusione è stata grande quando si è accorti che il debito albanese non attraeva grandi attenzioni. Luogo sconosciuto e rischio elevato. Gli speculatori hanno preferito comprare il debito brasiliano, indiano, oppure polacco, ma non quello albanese. Preso dal panico, senza più l’appoggio del FMI che aveva allontanato, il governo albanese, è stato costretto a ritirarsi dall’operazione eurobond, e rimettersi alla clemenza delle banche nazionali. E questa volta sono quest’ultime a sfregarsi le mani, non il governo.
Oggi tutti mostrano compassione verso la Grecia, poiché nessuna banca o finanziatore accetta di concederle credito con interessi inferiori al 7%. E con questo tasse d’interesse, la Grecia può considerarsi fallita. Il governo albanese senza battere ciglio ha preso in prestito l’anno scorso 250 milioni di euro con un interesse superiore al 10%! Un’avventura finanziaria per uno stato “lillipuziano”. Consapevole della manovra costosa, il governo decide all’inizio del 2010 di fare un secondo tentativo, vendendo il debito tramite gli eurobond nel mercato internazionale, nonostante l’operazione del governo avesse fallito la prima volta. Il piano del governo: raccogliere con gli eurobond 300 miliardi di euro con interessi dal 6 al 7 % e con questo denaro ripagare il debito con il 10% di interessi che ha contratto un anno prima.
Per essere sicuri che questa volta i cinesi, gli europei e gli argentini, avrebbero ceduto al “malevolo” debito albanese, il governo decide di proporre il debito sul mercato tramite due banche internazionali note, la JP Morgan negli USA e la Deutche Bank. Ovviamente il governo paga a queste due banche le commissioni più gli interessi che pagherà a chi comprerà il debito.
Il secondo passo fatto dal governo per essere certo che il debito sarebbe stato venduto, è stato il ricorso alla valutazione delle agenzie di rating. Quando un signore indiano compra con azioni una parte del debito di un’azienda lituana, oppure del governo albanese, due posti che probabilmente neanche nella cartina geografica sa ritrovarli, ha solo una possibilità per capire i rischi che si assume. Ovvero, leggere le valutazioni date dalle agenzie di rating a questi debiti. Le valutazioni possibili sono quattro, si va dalla valutazione più positiva rappresentata dalla lettera “A” a quella meno positiva, rappresentata dalla lettera “D” (che corrisponde alla valutazione data alle piramidi finanziarie). Senza una valutazione l’Albania non potrebbe vendere il debito. La valutazione che le è stata conferita è all’incirca B (con alcuni commenti al seguito) che nel linguaggio finanziario indica un debito per gli investitori desiderosi di speculare. I risultati sono attesi fra qualche giorno, quando i primi eurobond nella storia della finanza albanese saranno presenti nei computer degli speculatori. Dobbiamo gioirne o arrabbiarci?LE CONSEGUENZE PER GLI ALBANESI E L’ECONOMIA LOCALE
Gli scenari possibili sono due
. Il primo è il fallimento degli eurobond, che lascerebbe il governo privo di soldi per terminare il proprio mandato. Il secondo è la vendita del debito, con conseguenze pesantissime per gli albanesi. Sicuramente, il male minore è la seconda opzione. Solo che quest’opzione è come quella della terra bruciata, con un costo alto per il prossimo governo e le tasche degli albanesi, soprattutto per i più giovani, sulle spalle dei quali i debiti peseranno maggiormente.Vediamo qualche dato. Il governo albanese ha trasformato la costruzione dell’autostrada Durazzo- Morina in una questione di orgoglio nazionale, non ascoltando il consiglio del FMI di non contrarre debiti così onerosi per l’infrastruttura stradale. Nel 2007 l’Albania aveva una crescita economica del 6% e, l’anno successivo dell’8%. Insomma, cifre da capogiro. Solo la Cina ci superava. Con una crescita economica simile, non una ma due strade Durazzo – Morina potevano essere finanziate senza eccessive preoccupazioni. Quando si ha un prodotto interno lordo di circa 10 miliardi di euro all’anno (all’incirca il caso dell’Albania) e una crescita economica dell’8%, vuol dire che ogni anno la ricchezza economica aumenta di 800 milioni di euro. Entro dieci anni il Paese diventa due volte più ricco e nella stessa misura crescono i redditi pro-capite. È quanto dovrebbe accadere in teoria. La realtà si sta rivelando coerente alle paure del FMI con 50 anni di esperienza e non ai nostri ministri della finanza per i quali la crescita economica non si contrae.
Nel 2009, la crescita economica è crollata dall’8% dell’anno prima al 2,8%. Una vera catastrofe per la finanza albanese, poiché il piano della spesa pubblica, avendo assorbito anche la famosa strada, era stato calcolato sulla base di una crescita economica maggiore. Quando il governo si da alla propaganda, dicendo che siamo uno dei pochi paesi al mondo in cui vi è crescita economica, questo è vero in rapporto al mondo esterno, ma una vera e propria miopia in rapporto all’Albania stessa. Rispetto all’anno precedente, abbiamo una crescita economica inferiore di due volte e mezzo. Per fare un esempio: è come se una famiglia che nel 2008 aveva uno stipendio mensile di 500 euro, nel 2009 riuscisse a portare a casa solo 200 euro. Non vi è dubbio che questa famiglia ha ancora uno stipendio, ma quest’ultimo non è sufficiente a far fronte alle spese dell’anno precedente quando lo stipendio era di 500 euro. In altre parole, sarà obbligata a indebitarsi, se non vuole di colpo adattare le sue spese a ciò che guadagna. È quanto successo anche con il governo albanese. Quando la crescita economica si contrae, automaticamente crollano le entrate fiscali e il deficit pubblico aumenta.
A fine Novembre 2008, il deficit pubblico era a quota 23,5 miliardi di lek, ovvero superava i 160 milioni di euro. Un anno più tardi, a fine Novembre 2009, il deficit vola, si triplica, arrivando a 63,5 miliardi di lek, ovvero più di 450 milioni di euro. Minore crescita economica a causa della crisi mondiale, minori entrate fiscali e maggiori spese a causa della strada da costruire, fanno sì che l’Albania nel 2009 raggiunga il deficit più alto degli ultimi anni pari al 7% del PIL. Il Governo si giustifica dicendo che ovunque in Europa il deficit pubblico è esploso a causa della crisi. Tuttavia, in Grecia e Europa, tutto ciò è giustificabile con la contrazione della crescita economica.
Paradossalmente, in Albania, la crescita economica superiore al 2%, duplica il deficit! Il deficit che si accumula da anni deve essere pagato. Quanto più grande è il deficit, tanto più il debito si gonfia come somma del deficit accumulato. Ma anche il debito da parte sua crea deficit tramite gli interessi annuali che bisogna pagare. Si entra così in una spirale fatta di deficit/debito.
Per far fronte al deficit del 2008, Tirana ha preso in prestito 230 milioni di euro dall’Alpha Banca e dalla Banca Nazionale Greca. Anno 2009, nuovamente in situazione di deficit e di debito, altri 250 milioni di euro vengono presi in prestito dalla Deutche Bank e dall’Alpha Bank, imponendo ai cittadini albanesi interessi usuranti dell’11% (euribor + 9,65%). Nel 2010 nuovamente in situazione di indebitamento, Tirana decide di strafare, lanciando gli eurobond nei mercati mondiali come le bottiglie con i messaggi lanciati dai naufraghi senza speranza. Quindi nel corso del 2010, avremo altri 364 milioni di euro debito, dei quali 300 milioni, il governo albanese spera di recuperarli direttamente nei mercati finanziari con l’operazione eurobond. Quello che è il governo cerca di palesare come un grande successo, non è altro che un osato coraggio nella comunicazione. In quale parte del mondo un governo può propagandare con orgoglio ai suoi cittadini che sta contraendo debiti, dall’ammontare e dal tasso di interesse da capogiro? La Germania e alcuni paesi nordici vietano per legge il deficit pubblico, invece in Albania, il governo trasforma l’anomalia del deficit in motivo d’orgoglio nazionale.
Se il deficit viene colmato tramite il debito, il debito che ha scadenza a lungo termine come verrà saldato? I milioni di deficit si accumulano e negli anni formano quello che per uno Stato viene detto “debito pubblico” o “debito sovrano”, volendo usare il gergo del mercato finanziario. Nel 2007, il debito pubblico dell’Albania accumulato dall’inizio della democrazia è pari al 53% del PIL. Circa 5 miliardi di euro debiti. Per il 2010 il debito pubblico previsto è del 63% del Pil. In tre anni il debito pubblico è aumentato del 10% ovvero oltre un miliardo di euro in più. Dove ci condurrà questo ritmo?Di fronte a questa delicata situazione finanziaria, l’esperto del FMI per l’Albania, Jiri Jonas, ha pubblicato uno studio approfondito relativo al debito albanese, prendendo il nostro paese come esempio di una nazione che ha deciso di progredire senza l’aiuto del FMI. Lo studioso dice chiaramente che in rapporto alle altre nazioni paragonabili all’Albania, quest’ultima si caratterizza per le basse entrate fiscali che non le consentirebbero di avere un debito pubblico elevato. Jonas fissa il limite massimo per il nostro debito pubblico al 41% del Pil. L’Albania lo supera abbondantemente, essendo arrivata al 63% del Pil. Sembra che al governo interessi maggiormente sapere quanto debito può contrarre, piuttosto quanto ne ha già accumulato. Sembra che la scoperta dell’autofinanziamento nei mercati finanziari entusiasmi il Governo come un bambino ritrovatosi in un pozzo pieno di caramelle, incosciente del pericolo che corre. Bisogna salire di nuova sopra, uscire dal pozzo, ma ormai il corpo è avvelenato dal troppo zucchero.
CONCLUSIONI
L’Albania non è nelle stesse condizioni della Grecia. Tuttavia questo non è un buono motivo perché questa nazione si incammini nella stessa direzione, indebitandosi eccessivamente. Infatti, non bisogna dimenticare che la Grecia ha molti “amici” in giro per il mondo. Dopo essersi liberata del FMI per indebitarsi senza che qualcuno la tiri per l’orecchio, l’Albania può considerarsi sola. Date queste premesse, soltanto i contropoteri interni possono giocare un ruolo per controbilanciare la rincorsa all’indebitamento. L’opposizione dovrebbe prende in mano la situazione oggi e non domani quando potrebbe essere troppo tardi. Quanto può valere oggi il trattamento da delinquente che Papandreu riserva al governo precedente di Karamanlis?I creditori che il nostro governo sta coinvolgendo nella sua danza del debito non sono filantropi. Servirebbe una pedagogia illuminante che informi gli albanesi dei vantaggi e delle conseguenze dell’indebitamento nel mercato internazionale. Per amore di trasparenza, dobbiamo ammettere che le finanze dell’Albania non sono agonizzanti, ma il più piccolo inceppamento potrebbe far crollare l’intero castello. Basterebbe un anno di entrate fiscali magre combinato con il rifiuto dei mercati di finanziarci a tass
i ragionevoli e l’Albania rischia di diventare la Grecia bis.
Date queste premesse, la cosa più intelligente da fare sarebbe avere meno debiti possibili quando si sta bene, in modo da lasciare al Paese ampio spazio di manovra quando i tempi saranno bui. Invece nei tempi non bui, ci stiamo giocando i jolly l’uno dopo l’altro. Spediamo 3 miliardi di euro all’anno quando le entrate sono del 2,5 miliardi di euro. I soldi non sono manna che cade dal cielo, qualcuno dovrà finanziare il deficit. Per quanto tempo si andrà avanti? Resisteremo a lungo ad un crollo simile a quello che improvvisamente ha colto il 2009? Dobbiamo propagandare il nostro successo e indebitarci nei mercati internazionali con tassi altissimi, oppure, con molta umiltà, ricorrere al credito soft del Fmi con le sue dure ma giuste regole?Queste questioni economiche sono inevitabilmente legate a quelle di carattere filosofico politico e di giustizia sociale. Gli albanesi sono a favore di maggiori spese e quindi di maggiori tasse? Oppure preferiscono pagare meno tasse e avere meno dipendenti nella pubblica amministrazione? Non sarebbe preferibile un’alternativa che permette meno tasse, meno debiti, meno strade con i fondi locali e dove una parte cospicua di denaro potrebbe essere fornita dalla Comunità europea se i politici affrettassero le riforme per l’integrazione? La Spagna, il Portogallo, l’Irlanda, la Grecia, la Bulgaria e la Romania hanno aperto i cantieri costosi per la costruzione della rete stradale solo quando si sono assicurati l’appoggio finanziario della CE, e di sicuro le loro economie non rischiavano il collasso senza le autostrade.
Infine, bisogna ricorrere alla leva finanziaria dobbiamo forzare le entrate aumentando i prezzi dei servizi pubblici per tutti nello stesso modo? I più poveri dovrebbero pagare di più per la fornitura di energia, l’istruzione, la sanità? Oppure bisogna chiedere un contributo maggiore ai più ricchi, che in fin dei conti con le loro macchine di lusso potranno percorrere le strade che hanno indebitato l’Albania intera?Le risposte potranno arrivare solo dalla classe politica. Governare vuol dire prevedere, far conoscere i piani politici il prima possibile e ampiamente discuterli con l’opinione pubblica. Altrimenti non resta che attendere una risposta dai mercati finanziari. E a quest’ultimi, in caso di problemi, non saranno le nostre preferenze elettorali a interessare ma le casse dello Stato, ovvero le tasche degli albanesi.
Chiediamoglielo ai greci, loro ne sanno qualcosa…Articolo di Genc Burimi. Pubblicato sul quotidiano Shekulli del 28 aprile 2010. Titolo originale “Shqipëria në aventurën e tregjeve financiare”.
Tradotto per AlbaniaNews da Migena Proi.