Entra al sedicesimo giorno lo sciopero della fame dei socialisti mentre le condizioni di salute degli scioperanti continuano ad aggravarsi. Voci di una proposta presentata dal fattore internazionale ai leader di maggioranza e opposizione sono state smentite da Berisha. La manifestazione del 14 maggio è terminata senza incidenti e Rama abbassa un po’ il tiro. Aprire le scatole contenti la documentazione elettorale, e porre il quesito sulla riapertura delle urne alla Commissione di Venezia. Ma Berisha non sembra d’accordo sul secondo punto.
“Non è il nostro sciopero della fame a portare l’aggravarsi della crisi ma è l’aggravarsi della crisi che ha portato il nostro sciopero della fame. Non sono le nostre proteste la causa dell’assenza della normalità democratica in questo paese ma è l’assenza della normalità democratica in questo paese la causa delle nostre proteste”. Edi Rama ribadisce per l’ennesima volta le ragioni dello sciopero alla manifestazione del 14 maggio scorso davanti al corteo dei cittadini che si estendeva lungo tutto il Boulevard “Deshmoret e Kombit”. Nei giorni scorsi i socialisti avevano annunciato l’ intensificarsi delle loro azioni e in alcuni media si era diffuso la preoccupazione che la manifestazione potesse sfociare in azioni violente. Non ha fatto eccezione l’Ambasciata statunitense che ha consigliato i propri cittadini di non transitare nel Boulevard e nella Piazza Scanderbeg il pomeriggio del 14 maggio perché “anche le manifestazioni considerate pacifiche possono diventare violente e impregiudicabili”. L’intensificazione c’è stata. Ma si è trattato di una azione dimostrativa. Rispetto alla manifestazione del 9 maggio, i manifestanti non si sono radunati alla Piazza Scanderbeg per proseguire verso il Boulevard ma sono partiti a piedi da tutte le aorte principali che collegano Tirana con le altre città. Via Elbasan, Via Durazzo, Via Kavaja, il Boulevard Zogu i Pare, il Boulevard Bajram Curri sono stati letteralmente invasi dai manifestanti e per più di 30 minuti il traffico è andato in tilt. Tentativi isolati di azioni contro la polizia sono stati bloccati dal servizio d’ordine dei socialisti. Lo stesso Rama, parlando della “resistenza pacifica come l’unica forza che può fermare il male per aprire la strada alla libertà”, ha ricordato ai manifestanti che vinceranno “la battaglia per la verità senza rompere un vetro o calpestare un fiore”. Tanti gli interventi durante la manifestazione. I leader dei vari partiti dell’opposizione si sono alternati sul podio all’entrata dell’accampamento di tende, invece gli scioperanti hanno parlato dall’interno. Nel suo discorso, il deputato Blendi Klosi ha voluto sottolineare che la loro battaglia è una missione che incarna le aspirazioni di tutti gli albanesi. “Berisha crede che noi ci spegneremo qui ma dimentica che da questo momento non ci sono più scioperanti ma missionari, da questo momento ci sono solo fiori di speranza e vittoria”, ha dichiarato Klosi. Oggi è stato ricoverato in ospedale. Con lui arriva a 44 il numero degli scioperanti che hanno dovuto interrompere lo sciopero, mentre le condizioni di salute degli altri continuano a peggiorare.
L’accordo
Nel cercare una soluzione alla crisi anche il fattore internazionale ha lasciato ormai i panni dell’osservatore per mettersi quelli del tutore della democrazia albanese. La mattina del 14 maggio, Robert Bosch, Capo Missione dell’OSCE in Albania, con una dichiarazione dal sapore di ultimatum, ha portato all’attenzione di tutti i negoziati segreti che da almeno 10 giorni si portano avanti con la mediazione del fattore internazionale. “Da ieri c’è un compromesso molto serio sul tavolo e al nome della maggioranza della presenza internazionale in Albania, incoraggerei i leader politici di accettarlo. Che dimostrino di essere uomini di stato e non cerchino di farsi da parte utilizzando aspetti tecnici” ha dichiarato Bosch, sottolineando che le parti conoscono bene il compromesso sostenuto dall’Unione Europea, gli Stati Uniti e l’OSCE. Invece Helmut Lohan, Capo Delegazione della Commissione europea in Albania, non si è sbilanciato sull’esistenza di una bozza di accordo. “È una domanda che dovete rivolgere all’Ambasciatore Bosch. L’Unione Europea accoglierebbe ogni accordo tra i leader politici albanesi che rispetta i principi fondamentali democratici quali la Costituzione e la trasparenza”, ha detto Lohan in una dichiarazione per la stampa, rammentando che martedì scorso l’UE ha ripetuto l’importanza della collaborazione tra le parti per ripristinare l’attività parlamentare, ma ancora “non si è visto nessun progresso nè in Parlamento e nè in strada”. Anche per il Presidente della Repubblica Topi non esiste nessuna bozza di accordo ufficiale. “Ho sentito molte voci. Per quanto ne so non esiste una bozza e non è stata inviata alle sedi di maggioranza e opposizione”, ha dichiarato Topi la sera del 14 maggio scorso al programma televisivo “Zona e lire”. È Berisha a negare in modo categorico l’esistenza di una bozza d’accordo nella conferenza stampa di ieri. Per Berisha gli unici documenti sulla sua scrivania sono le raccomandazioni del Bureau dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e della Commissione Europea e le allusioni per l’esistenza di altri documenti sono “menzogne fondate sull’inganno”.Tuttavia, i media albanesi hanno reso noto venerdì scorso una presunta proposta di compromesso da parte del fattore internazionale per la soluzione della crisi. Su uno dei punti della proposta, le parti si trovano d’accordo da qualche mese. Si tratta della Commissione parlamentare d’inchiesta: la maggioranza e la presidenza della Commissione spetti ai socialisti. L’altro punto è la riapertura delle scatole contenenti la documentazione elettorale. Proprio sulla disponibilità del governo di poter accettare questo punto si sono avviati i negoziati da parte del fattore internazionale 10 giorni fa. Sembra che l’unica questione in cui le parti non si trovano d’accordo è cosa fare delle urne se dalla verifica della documentazione elettorale si rilevano irregolarità. In questo caso, i socialisti propongono di chiedere il parere della Commissione di Venezia, invece i democratici vorrebbero che le schede elettorali non diventino in nessun modo oggetto dell’inchiesta ma vengano bruciati come previsto dal Codice Elettorale.
Da parte loro, i socialisti non negano l’esistenza di una proposta concreta. La sera del 14 maggio, il deputato Ditmir Bushati ha dichiarato per la tv News24 che esiste “una proposta sul tavolo ma non possono essere forniti più dettagli in merito”. Invece Rama in un incontro con i giornalisti ieri pomeriggio ha menzionato proprio quello che sembra essere il punto cruciale per raggiungere l’accordo. “Siamo pronti per soluzioni trasparenti attraverso un’indagine che inizia con l’apertura delle scatole contenti la documentazione elettorale, invece la riapertura delle urne lasciamolo al parere di una terza parte come la Commissione di Venezia”, ha detto Rama ai giornalisti.
Ma qualche ora prima, nella sua conferenza stampa, Berisha aveva escluso la possibilità di coinvolgere la Commissione di Venezia nell’inchiesta sulle elezioni. La proposta era già stato avanzato dal Consiglio d’Europa ma secondo Berisha, era stata respinta prima dal Presidente Topi e dopo dallo stesso Berisha, proprio perché i socialisti potevano rivolgersi alla Corte Costituzionale. Sembra che Berisha non voglia cedere ma il compromesso socialista non trova contrari gli organismi internazionali che da mesi chiedono al Partito Socialista di svolgere la sua battaglia all’interno delle istituzioni.