“Un giorno dal mio paese io son partito, emigrante in terra straniera io sono andato, la mia mamma piangendo e la moglie ho lasciato ed un figlio più bello del sole appena nato”.
7 Agosto 1991, Durazzo – Albania
Una lacrima solitaria scende a bagnare le mie guance tumefatte e segnate da cicatrici profonde.
Una fiamma di sofferenza brucia il mio cuore.
Un vento di speranza soffia verso “Vlora”.
Intorno a me una folla dalle mille voci, piena di sogni, aspetta di salire a bordo e conquistare un altro pezzo di mondo con lo sguardo, acciuffa con gli occhi il primo posto, vogliono tutti entrare per primi, salpare e navigare, restare sul podio umido di salsedine e fermare momenti d’acqua e terra troppo profondi, ancora lontani.
Amara terra mia.
Terra mia, adorata, gravemente malata dal regime comunista.
Amara terra mia.
Quarantasei anni di dittatura t’hanno annichilito l’animo.
Amara terra mia.
Addio Albania, ti lascio con la promessa di un dolce ritorno in patria!
La nave è un animale di ferro, lamiere ed eliche collaborano per rimanere a galla, si stringono a corte e ruggiscono annoiate in quello scalo che è roba da poco, perché il mare è la vera vittoria. L’ora è arrivata, saliamo, ondeggiamo un po’, poi ci abituiamo, ci accomodiamo sulla prua e sulle corde.
L’aria attorno non esiste ancora, il caldo infernale ha già invaso ogni piccolo spazio destinato al vento, siamo fermi e dentro un barcone carico di gente che oggi non morirà in mare. Non ci sono cimiteri marini per noi, nessuno ci rimanderà indietro. Nessuno. Il fumo delle sigarette lavora insieme a quello che sbuffa dai condotti della nave, si agita, ma senza successo rimane interrato nell’atmosfera lanosa.
Un fischio stonato interrompe i pensieri, arriva il segnale, possiamo cadere nel mare. Le stesse funi che equilibravano il bilico ora vengono risucchiate come spaghetti nella bocca, non c’è nessuno legame con la terra, ora ci lascia andare, non vuole più parlare. L’animale ferroso prende velocità, sembra che si muova il cielo, un quadro mobile sta fermo dall’altra parte del mondo e si restringe, si assottiglia, ma non scolora. La città è uno sputo di toni, Dio da questa distanza sembra abbia colorato col cuore.
Sapore di mare
In pieno mare non sei nessuno, sei al sicuro dentro l’animale, ma per il mare rimani uno scoglio duro sul quale sbattere i propri panni salati e le storie degli uomini che non ce l’hanno fatta. Proprio al centro sei un punto senza nessuna parola, sei la pausa del fondo, il posto più alto del mondo e del tempo.
Il mare anche se lo attraversi non lo conquisti.
Il mare ha ricordi antichi, ma neppure una ruga.
L’Albania è ormai sparita e con lei anche i sorrisi delle madri che cercano di consolare i loro bambini innocenti, promettendo che presto tutto finirà, raccontano una favola che neppure loro credono più. Andiamo in Italia dicono che laggiù si stia bene, in democrazia.
L’Italia è solo un punto nero all’orizzonte. Sollevo le braccia al cielo e, senza temere la furia dei raggi, spalanco la bocca. Soffio con i miei miseri polmoni e chiedo, a Dio, una tregua, una leggera danza di vento. Ma il sole mi entra nella gola e succhia ogni goccia d’acqua fino a seccarmi le labbra.
Fermi.
Sospesi davanti ad un tappetto azzurro, mare e cielo. Nessuna forma di vita si agita in questo deserto di acqua. La terra di salvezza è ancora lontana e la vecchia patria è sparita ormai da un pezzo.
Sono stanco.
Ho paura.
[..]
Al Porto di Brindisi
Siamo al porto di Brindisi. Non possiamo sbarcare. Il viceprefetto Pezzuto ha convinto il comandante a dirigersi verso Bari.
Ancora 7 ore, noi e il mare. Il sole picchia troppo forte. Nel silenzio che la mia mente riesce a creare, vedo davanti a me, nitido, il volto spento di mia madre. Vedo i suoi occhi che si riempono di lacrime finché non ne cade una che lentamente scende sul suo profilo morbido, tracciando un solco che lascia intravedere la sua anima.
Continua a fissarmi con i suoi occhi neri, neri come i suoi pensieri, neri come le sue urla strazianti il giorni in cui mio padre fu accusato di tradimento nei confronti del regime. Ne fece una brutta fine mio padre. Ad un certo punto la voce di mia madre, che tanto assomiglia a quelle delle madri che sono accanto a me, mi esorta a resistere, sussurrandomi che la mia vita inizierà soltanto dopo aver toccato col piede straniero la terraferma.
Coraggio
Senza nemmeno rendermene conto il tempo è trascorso. La nave entra al porto di Bari. Mi getto dalla nave ancora in navigazione e nuoto fino alla banchina cercando di scappare ai controlli.
Un’indescrivibile sensazione di libertà mi ha annebbiato il cervello.
Ma come sai non è per sempre.
Non più.
Non fino a quando gli uomini impareranno a vivere come fratelli e sorelle.